Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
L'incubo pakistano dell'America le atomiche nelle mani dei terroristi islamici
Testata: Corriere della Sera Data: 12 settembre 2007 Pagina: 15 Autore: Paolo Valentino Titolo: «Atomiche in mani estremiste: l'incubo Usa»
Dal CORRIERE della SERA del12 novembre 2007
WASHINGTON — «La protezione del nostro arsenale nucleare è la migliore del mondo», aveva detto due anni fa il generale Musharraf, in risposta a una domanda su quanto siano al sicuro dagli estremisti islamici le oltre 50 bombe atomiche del Pakistan. Affermazione non del tutto priva di fondamento, ma non tale da sfatare dubbi e preoccupazioni dell'Amministrazione americana, soprattutto ora che la crisi politica e lo stato di emergenza stanno precipitando il Paese in un vortice d'instabilità. I torbidi di Islamabad ripropongono infatti il nodo irrisolto, da sempre legato al Pakistan nucleare, che non è tanto il possibile uso dell'arma atomica in un'eventuale guerra con l'India, quanto lo scenario terribile che per incuria o loschi baratti, pezzi di questo finiscano nelle mani dei fondamentalisti musulmani. Che poi, tolta Al Qaeda, è proprio quello che avvenne alla fine degli Anni Ottanta, quando il network gestito dal padre della bomba atomica pakistana, lo scienziato Abdul Quadeer Kahn, fornì segreti e tecnologia nucleare a Iran, Nord Corea e Libia. Il resto è già storia e cronaca. Se è vero che i livelli sicurezza del dispositivo nucleare pakistano sono considerati vicini agli standard occidentali, il problema è che poco o nulla gli stessi servizi Usa sanno sulle locations e sulle condizioni di custodia: «Non possiamo dire con assoluta certezza di sapere dove sono tutti gli ordigni atomici », ha ammesso al Washington Post un ex funzionario del governo americano, che aveva seguito da vicino tutto il miglioramento della sicurezza, finanziato dagli americani dopo il 2001. Secondo il quotidiano la Cia avrebbe comunque pronto un piano per evitare che le bombe cadano nelle mani degli estremisti. Subito dopo gli attentati di settembre, appreso che nell'estate alcuni scienziati pakistani avevano discusso di segreti nucleari direttamente con Osama Bin Laden, gli Stati Uniti avevano fornito a Islamabad attrezzature di sicurezza, per decine di milioni di dollari. Ma le autorità di Islamabad hanno continuato a negare agli americani l'accesso ai siti. Il risultato è che se gli Usa, in una situazione estrema, dovessero tentare di prendere il controllo di quelle armi, per prevenirne la perdita, «sarebbe molto complicato», come ha confermato il funzionario. Tutta l'attenzione americana è concentrata sulla stabilità dell'esercito, fin qui intatta: «Ma se il livello dei disordini e della violenza aumentano, allora i dubbi sulla sicurezza delle armi nucleari cresceranno», ha spiegato l'ex numero due della Cia, John McLaughlin. Soprattutto perché l'esercito non è più il blocco monolitico di qualche anno fa, ma riflette sempre più le divisioni etniche e religiose del Paese. Stabilità dei militari e stabilità di Musharraf sono probabilmente due facce della stessa medaglia. Per questo, al momento, l'Amministrazione americana non ha altra scelta che difendere, sia pur con qualche cautela, il suo alleato più importante. «Il presidente Musharraf — ha detto sabato sera George Bush dopo il vertice texano di Crawford con Angela Merkel — prese una decisione chiara dopo l'11 settembre, quella di stare al fianco degli Usa contro i nemici estremisti di casa sua. Aveva un'opzione, essere con noi o contro di noi, ha scelto ed ha agito di conseguenza». Bush ha ricordato che se molti capi di Al Qaeda sono stati assicurati alla giustizia, «ciò non sarebbe stato possibile se Musharraf non avesse mantenuto la parola». La mano tesa di Washington a Musharraf è in verità corale. Anche il segretario di Stato, Condoleezza Rice, ha lodato le ultime mosse del generale: «È uno col quale si può parlare e ragionare », ha detto in un'intervista al Dallas Morning News. Per Rice, l'importante è che «dopo alcuni giorni, sono venuti allo scoperto e hanno promesso senza equivoci che le elezioni si faranno, non fra un anno ma fra pochi mesi». Ein un briefing con i giornalisti della Casa Bianca, il consigliere per la Sicurezza nazionale, Stephen Hadley, ha definito Musharraf, «sensibile agli appelli che sono venuti dalla sua stessa popolazione».
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