Esercitazione militare di Hezbollah sotto gli occhi dell'Unifil
Testata: Il Giornale Data: 06 novembre 2007 Pagina: 13 Autore: Gian Micalessin - Marcello Foa Titolo: «Prova di forza di Hezbollah nel sud del Libano - Ma allora noi che stiamo a fare laggiù»
Dal GIORNALE del 6 novembre 2007, una rticolo di Gian Micalessin:
Suona come una pubblica beffa. Hezbollah non solo nuota come un pesce nell’acqua tra i 13.500 caschi blu dell’Onu (2500 dei quali italiani) e 15mila soldati libanesi, ma se ne vanta pure. Da ieri il resoconto di tre giorni d’esercitazioni definite «le più imponenti della nostra storia» e condotte nel Sud del Libano da migliaia di combattenti del Partito di Dio è assolutamente pubblico, raccontato con dovizia di particolari dal quotidiano libanese Al Akhbar. Non è un grande scoop, visto che il quotidiano è assai vicino alla formazione sciita. Sembra, piuttosto, un’imbarazzante verità buttata in faccia all’Unifil, agli israeliani, al governo del premier libanese Fouad Siniora e a quanti s’illudono di contenere lo strapotere politico-militare di Hezbollah. Le esercitazioni - non confermate da alcuna fonte dell’Unifil - si sono svolte la scorsa settimana ed hanno coinvolto migliaia di miliziani trasformando i territori tra il fiume Litani e il confine israeliano in un complesso scacchiere operativo. Sulle sue caselle si sono mosse, seppure senza armi e divise, le diverse unità della milizia, da quelle incaricate di organizzare i lanci di missili su Israele a quelle responsabili degli avamposti a ridosso della frontiera. Tre giorni d’attività seguita dallo stesso segretario generale di Hezbollah, Hasan Nasrallah, e definita una risposta alle manovre israeliane conclusesi solo qualche giorno prima. Nell’esaltazione di quelle «esercitazioni condotte in estrema segretezza e senza esibizione di armi» c’è però una contraddizione. Se l’obiettivo era la discrezione, perché far divulgare tutto ad Al Akhbar? Una prima risposta la offre lo stesso quotidiano, raccontando che le manovre sono state seguite dall’aviazione e dall’esercito israeliano e dai responsabili dei servizi di sicurezza dell’Unifil. Il giochino, insomma, non era più segreto e tanto valeva raccontarlo. L’interpretazione fila, ma fa a pugni con le abitudini di Hezbollah, inflessibile, in passato, nel mantenere il più assoluto riserbo sulle attività della sua ala militare. Secondo molti analisti l’ammissione è un chiaro tentativo di mettere in imbarazzo i caschi blu. Altri l’interpretano come il tentativo di dimostrarne l’assoluto fallimento, accelerarne il ritiro e aver mano libera in tutto il Paese. A confermare questi timori contribuisce la preoccupata e non richiesta smentita del premier libanese Fouad Siniora, che convoca a palazzo le televisioni per smentire le rivelazioni di Al Akhbar e ridimensionare a «semplice simulazione» le manovre di Hezbollah. Secondo il premier, il dispiegamento era solo virtuale e si limitava alle simulazioni organizzate nelle centrali di comando dell’organizzazione. Le precauzioni di Siniora - deciso a non avvalorare la tesi di una beffa ai caschi blu - sono collegate ai complessi giochi messi in campo da Hezbollah e dai suoi alleati per impedire l’elezione di un nuovo presidente svincolato dal controllo di Damasco. Ben conoscendo le tattiche propagandistiche dei suoi nemici, il premier teme che il Partito di Dio sfrutti a proprio vantaggio gli avvertimenti rivolti ai leader libanesi dal comandante delle truppe Unifil, generale Claudio Graziano, nel corso di un incontro tenutosi una settimana fa. Secondo il quotidiano As Safir, il comandante italiano avrebbe segnalato le preoccupazioni europee per l’instabilità libanese, sottolineando il rischio di un ritiro entro quattro mesi. Una beffa all’Unifil renderebbe ancor più concreto quel rischio e lascerebbe ancor più solo e indifeso il governo del premier Siniora.
Il commento di Marcello Foa:
Vera o falsa? Forse non lo sapremo mai, ma la notizia delle esercitazioni che gli Hezbollah avrebbero svolto nel Sud del Libano è comunque significativa; perché quella zona è sotto il controllo delle truppe Unifil guidate dal generale italiano Claudio Graziano e perché non lascia presagire nulla di buono. A pubblicarla è stato infatti il giornale Al Akhbar, vicino al movimento sciita, e nel pomeriggio un portavoce del Partito di Dio l’ha confermata. Dunque gli Hezbollah vogliono far sapere di essere in grado di infiltrarsi nell’area a sud del fiume Litani, fino al confine con Israele. Con quali intenzioni? Difficile saperlo, ma è chiaro che l’annuncio rappresenta un avvertimento alle truppe sotto bandiera Onu. Quasi un avviso di sfratto. Come dire: non ci servite più. D’altronde che cosa ci stiamo a fare nel Sud del Libano? Nell’agosto del 2006 ci dissero che quella era una missione di pace in un’area martoriata dalla guerra tra Israele e gli Hezbollah. Tecnicamente il mandato del Consiglio di sicurezza è stato rispettato: da allora non ci sono più stati scontri diretti e i soldati italiani, come sempre, sono stati esemplari nell’aiutare la popolazione civile. Ma è stato mancato l’obiettivo più alto: quello della pace, appunto. E per i motivi che gli analisti più lungimiranti, come il generale Fabio Mini, avevano previsto. Il piano dell’Onu non era abbastanza ambizioso, da un lato perché non era stato concepito nell’ambito di un progetto più ampio per stabilizzare il Libano e, in prospettiva, la regione, dall’altro perché privava i soldati dell’incarico più importante: il disarmo delle milizie, che fu affidato al governo di Beirut, notoriamente impotente. E infatti gli Hezbollah ne hanno approfittato per riarmarsi e ricostituire la rete di supporto distrutta dai raid militari israeliani. Il tutto sotto il naso di 13mila caschi blu (di cui 2500 italiani) che, avendo un incarico limitatissimo, di fatto controllano solo alcune zone del territorio. I veri padroni sono, come prima, i guerriglieri di Nasrallah. Quando il Partito di Dio afferma di «aver imparato dagli errori commessi nel 2006 e di aver provato nuove tecniche di guerriglia», lancia un messaggio inequivocabile. Dice a Israele di essere pronto a colpire. Quando? La tregua potrebbe reggere altre settimane, forse qualche mese; ma non bisogna illudersi: non appena Hezbollah riterrà opportuno attaccherà. E i primi a essere presi di mira potrebbero essere proprio i soldati dell’Onu. Una bomba e via. Da queste parti si usa così, come ricordano gli americani e i francesi. L’Italia e le Nazioni Unite presto dovranno decidere: partire entro breve facendo finta di aver vinto o restare senza costrutto, rischiando un’altra Nassirya. http://blog.ilgiornale.it/foa
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