Fermati i tagli all'elettricità e al carburante per Gaza il commento di Stefano Magni
Testata: L'Opinione Data: 01 novembre 2007 Pagina: 0 Autore: Stefano Magni Titolo: «Israele deve alimentare il suo nemico»
Dall'OPINIONE del 31 ottobre 2007:
Proviamo a immaginare una situazione fantapolitica in Italia: un gruppo indipendentista alto-atesino particolarmente agguerrito dichiara illegittimo l’attuale statuto speciale, prende il potere nell’Alto Adige, proclama uno Stato indipendente e nemico dell’Italia. Il governo italiano continua a erogare luce e gas ai cittadini del nuovo Stato, come se fossero ancora cittadini e contribuenti italiani. Dal nuovo Stato partono autobombe e razzi contro Trento, Verona e Vicenza, tanto per sottolineare che il nuovo gruppo estremista arrivato al potere è nemico, non si accontenta dell’autonomia, ma vuole danneggiare il più possibile l’Italia. Il governo italiano, dopo aver evacuato i cittadini di nazionalità italiana dal territorio del nuovo Stato, decide di rallentare il flusso di rifornimenti agli altoatesini, fermo restando che i loro ospedali continueranno a ricevere l’energia necessaria per curare e operare i cittadini. Gli estremisti al potere protestano e chiedono di rispettare il diritto internazionale: l’Italia ha occupato quel territorio militarmente nel 1918 dopo la I Guerra Mondiale e dunque deve soddisfare le necessità umanitarie del popolo occupato.
L’Onu, l’Unione Europea e tutte le associazioni umanitarie italiane, da Emergency all’Opera Sant’Egidio, danno ragione agli estremisti al potere (benché il loro governo non sia riconosciuto da alcuno Stato), protestano e inducono il governo a tornare sui suoi passi. Questo scenario di fantapolitica verrebbe bocciato: troppo irrealistico. Invece sta accadendo realmente qualcosa di molto simile in Israele. Il lancio di razzi Qassam da Gaza contro i cittadini israeliani prosegue quotidianamente. Quando si parla di Qassam, spesso si spiega che sono razzi artigianali, quasi fossero fuochi d’artificio. Ma non stiamo affatto parlando di petardi, bensì di razzi con una testata di guerra di 10-20 kg nelle versioni più moderne, in grado di passare i muri di un edificio e fare una strage al suo interno. Quando i miliziani di Hamas, della Jihad Islamica o delle Brigate Martiri di Al Aqsa ne lanciano uno, i cittadini di Sderot o dei Kibbutz più vicini a Gaza hanno circa 10 secondi di tempo per mettersi al riparo. Chi ha vissuto direttamente quell’esperienza racconta che per 10 secondi la vita si interrompe.
Quanti, all’infuori di Ashkelon e di Sderot, sentono parlare di questi bombardamenti? Praticamente nessuno: i razzi palestinesi non fanno notizia. Così come non fanno notizia le vanterie dei comandanti palestinesi che li lanciano: il 25 ottobre, Abu Walid, leader a Gaza delle Brigate Martiri di Al Aqsa (braccio armato dei “moderati” di Al Fatah, non di Hamas) ha dichiarato al quotidiano britannico The Guardian di usare Google Earth per scegliere i bersagli ad uso e consumo delle batterie di razzi Qassam. Si è discusso sulla “pericolosità” di Google Earth, ma è forse sfuggito il particolare che un esponente del partito palestinese che andrà ad Annapolis a trattare la pace nel Medio Oriente si vanta di azioni militari contro civili israeliani. Mentre fanno notizia le risposte che Israele cerca di dare a questa continua pioggia di esplosivi. Il dibattito sulla riduzione dell’erogazione di energia elettrica e carburante a Gaza è incominciato il 19 settembre scorso, quando il governo Olmert ha dichiarato la città controllata da Hamas “entità nemica”. Il provvedimento è stato discusso a partire dal 24 ottobre, dopo l’ultimo lancio massiccio di razzi contro Sderot. Si era deciso di praticare un taglio selettivo, per non impedire agli ospedali palestinesi di continuare a lavorare.
Ma il 29 ottobre il procuratore generale israeliano Menachem Mazuz ha fermato il tutto. Il procuratore generale ritiene che il tema vada approfondito prima di poter autorizzare questa misura, alla luce della promessa del primo ministro Ehud Olmert di “non causare una crisi umanitaria”. Mazuz si è pronunciato dopo che ieri l’Alta corte d’Israele aveva ingiunto allo Stato di rispondere entro cinque giorni ad una richiesta presentata da decine di gruppi per i diritti umani per metter fine alle misure punitive contro la Striscia di Gaza. E non solo le associazioni umanitarie si erano mosse, ma anche l’Onu e l’Unione Europea. Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha dichiarato che: “Le misure punitive prese da Israele che avranno conseguenze sul benessere dell’intera popolazione della Striscia di Gaza, sono inaccettabili”. Poi ha anche invitato i Palestinesi a interrompere il lancio dei razzi Qassam, ma senza promettere alcuna ritorsione nel caso questo invito non venga accolto (come è più che prevedibile). Dal canto suo, la commissaria europea Benita Ferrero-Waldner, il 29 ottobre, aveva criticato Israele per la riduzione delle forniture di carburanti alla Striscia di Gaza, avvertendo che l’Ue si oppone a “punizioni collettive” che colpiscono un milione e mezzo di palestinesi che vivono nella Striscia.
Sami Abu Zuhri, portavoce di Hamas, l’uomo che nel 2005 festeggiò il ritiro degli israeliani da Gaza come una vittoria della resistenza armata (e non come una decisione unilaterale presa da Ariel Sharon per ottenere un accordo) dichiara che Israele deve continuare a elargire elettricità e benzina ai suoi compatrioti, perché “la forza occupante deve provvedere alle necessità umanitarie dei cittadini della terra occupata”. Le istituzioni internazionali (e da ieri anche Israele) gli hanno dato ragione, nonostante a Gaza l’occupazione israeliana sia finita nel 2005. E il contribuente israeliano dovrà continuare a pagare la benzina e l’elettricità destinate ai cittadini di Gaza, per continuare a ricevere altri razzi Qassam tutti i giorni.
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