Dossier islam in Europa le mire fondamentaliste sull' Andalusia, una scuola inglese che trasforma per un giorno gli alunni in musulmani, un fumetto contro l'estremismo in Germania
Testata: Il Giornale Data: 01 novembre 2007 Pagina: 0 Autore: Simona Verrazzo - Marcello Foa - Salvo Mazzolini Titolo: «Andalusia sogno proibito del jihad - Bambine inglesi obbligate a portare il chador in classe - Germania, la lotta ai fanatici si fa coi fumetti»
Dal GIORNALE del 1 novembre 2007, un articolo di Simone Verrazzo sulle ambizioni islamiste di "riconquista" dell'Andalusia:
Se c’è un Paese europeo su cui i fondamentalisti islamici vorrebbero mettere mano prima degli altri, quello è senz’altro la Spagna. L’Andalusia - l’araba Al Andalus dei mori - è quel pezzo di Vecchio continente che i jihadisti sembrano non arrendersi di aver perso. È la terra della «riconquista». Madrid è stato il primo bersaglio del fanatismo spettacolare già sperimentato a New York l’11 settembre, ma è il sud la vera grande impresa. Il sogno di riunificare sotto il dominio di Allah quell’impero tolto da Fernando e Isabella di Castiglia nel XV secolo non è stato mai abbandonato. Nei libri di storia il 1492 viene ricordato come l’anno della scoperta dell’America, ma per la umma - la comunità dei fedeli musulmani - è l’inizio della fine: un’epoca di ricchezza che si chiude con l’umiliazione della cacciata dalla loro patria. I sovrani spagnoli, cattolici, riuscirono a portare a termine la “reconquista” che permise all’Europa di tornare interamente sotto il cristianesimo. Nessun vero seguace di Maometto dovrebbe dimenticare un affronto del genere: la terra di Averroè caduta nelle mani degli infedeli. Siviglia, Granada, Cordoba, Malaga invase da chiese che prendono il posto delle moschee, con campanili che sostituiscono i minareti. Per il vero jihadista l’Andalusia - assieme a Gerusalemme - è la prima terra da conquistare, anzi da riconquistare. In entrambe i casi è l’ossessione della restaurazione del Califfato e la rinascita del mitico impero arabo che andava dall’oceano Atlantico a quello Indiano. Si spiega così l’allarme che periodicamente torna nelle cronache: i terroristi islamici vanno alla conquista del mondo. E non è uno di quei casi in cui i quotidiani montano la notizia. È realmente così. L’ultimo monito è arrivato ad aprile. Anche questa volta, come accade ormai sempre con l’Islam fondamentalista, la propaganda politico-religiosa avviene tramite messaggi, per assicurarsi un forte impatto mediatico. Sulla riconquista della Spagna ha “parlato” Abu Musab al Wadud, leader di al Qaida nel Maghreb islamico, ex Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento e braccio nordafricano della rete terroristica di Bin Laden. È lui a incitare i martiri di Allah nell’ambizioso obiettivo di «lottare fino a quando i nostri piedi cammineranno sulla nostra Andalusia rubata e su Gerusalemme profanata». In questa frase c’è tutta la visione del fondamentalismo di chi vuole realizzare il jihad in Spagna. L’espressione «nostra Andalusia rubata» fa capire come questa regione sia vista e vissuta come qualcosa che di diritto è Dar al Islam, Terra dell’Islam. È un territorio che oggi non appartiene al legittimo proprietario, a cui va tolto e che bisogna riportare sotto la sharia, la corretta via. Prima di lui ci pensò al Zarqawi, l’ex leader di al Qaida in Irak, che sentenziò: «Allah vi conceda il diritto di possedere nuovamente il suolo di Al Andalus usurpato». In Andalusia c’è Cordoba, con la sua moschea della discordia, la Mezquita, capolavoro dell’arte moresca. Trasformata da San Ferdinando nel 1236 in una cattedrale cattolica, i musulmani spagnoli non sono mai riusciti ad accettare che lì si celebri la Santa Messa. Più volte la comunità islamica andalusa ha chiesto di poter svolgere la preghiera al suo interno. La richiesta, che ha destato molte polemiche, è sempre stata respinta. Il motivo è il precedente che si creerebbe se si acconsentisse. Poi, storicamente parlando, prima della Mazquita c’era una basilica dedicata al martire San Vincenzo. Dal passato al presente, da una città all’altra ma sempre in Andalusia si resta. È il caso della moschea di Siviglia. A giugno il progetto per la sua costruzione è stato abbandonato. Momentaneamente secondo le autorità municipali, anche se tutto fa pensare che si tratti di uno stop definitivo. Troppe sono state le polemiche sulla sua costruzione. «Questa moschea - dichiarò Emilio González Ferrín, docente di Scienze islamiche all’università di Siviglia - potrebbe diventare un centro di propaganda».
Un articolo sull'iniziativa "islamicamente corretta" di una scuola inglese: obbligare gli allievi a "comportarsi da musulmani":
Hanno provato a vivere una giornata da musulmani. I maschi da una parte, le femmine dall’altra, con indosso un bel chador. Ma non sono adulti, bensì bambini, costretti all’esperimento dalla loro preside. Naturalmente in nome del multiculturalismo. È accaduto in Inghilterra, per l’esattezza a Lye, nel West Midlands, come rivela il quotidiano Daily Mail. Sally Bloomer, direttrice della scuola elementare Rufford qualche settimana ha deciso di celebrare la festa islamica dell’Eid, che segna la fine del Ramadan. Perché la maggior parte degli allievi è musulmana? Macché, i 257 scolari sono quasi tutti cristiani, come d’altronde 39 dei 41 insegnanti. Ma per la Bloomer tutto questo era ininfluente. Dentro di sé era persuasa che in un Paese ormai multietnico, fosse normale lanciare un messaggio all’islam, nel nome del dialogo e soprattutto dell’integrazione. Così l’altro giorno, suonata la campanella delle otto, ha riunito tutti nel cortile annunciando la lieta novella: quel giorno la scuola sarebbe diventata islamica. Le maestre sono state invitate a coprirsi la scollatura e soprattutto il capo, mentre alle bambine sono stati consegnati tanti bei foulard islamici. Poi i maschietti sono stati separati dalle femminucce: in classe, alla mensa, in cortile. Persino alla festa organizzata alla fine del pomeriggio. Un bellissimo party esteso ai genitori. Pardon, solo alle mogli; perché imariti musulmani non gradiscono che le loro consorti si mischino in pubblico con degli uomini. E la preside di una scuola della civilissima Gran Bretagna anziché condannare una consuetudine che, secondo gli standard occidentali, non è sbagliato considerare medievale, l’ha legittimata, incoraggiandola. Così se quelle fanciulle da grandi sposeranno un musulmano sapranno come comportarsi. «Nessuno si è lamentato con me - ha dichiarato Sally Bloomer al quotidiano popolare -. Tutto questo fa parte di un progetto per promuovere il multiculturalismo nel rispetto della diversità». Insomma, un’opera a fin di bene. Davvero nessuno ha recriminato? «Non tutti i genitori erano felici», ha ammesso un insegnante; ma la vicenda è finita lì; senza proteste formali. E, a ben vedere, senza nemmeno scandalizzare l’opinione pubblica. Solo il Sun ha ripreso lo scoop e su internet non sono stati avviati forum per commentare la notizia. L’articolo del Daily Mail, consultabile sul sito del giornale, risultava addirittura senza commenti. Evidentemente nel 2007 gli inglesi considerano normale che la direttrice di una scuola imponga agli allievi di dimenticare per un giorno la propria identità, per vivere da musulmani. Sono gli effetti del «politicamente corretto» applicato oltre il buon senso.
Un fumetto contro il fondamentalismo islamico distribuito agli scolari tra gli 8 e i 10 anni in Germania:
Ci sono tanti modi per combattere il fanatismo islamico che serpeggia tra gli immigrati. Le autorità di un grande land tedesco, quello della Westafalia-Renania del nord, ne hanno escogitato uno originale: raccontare sotto forma di fumetto come sia facile cadere nella trappola di chi predica intolleranza e violenza in nome della religione. E così da qualche giorno nelle scuole inferiori del land, soprattutto in quelle dove più alta è la percentuale di allievi musulmani, circola un fumetto che racconta la storia di due ragazzini, uno tedesco e uno turco, che rischiano di essere plagiati da un ragazzo più grande le cui idee non sono molto diverse da quelle di Bin Laden. Ma poiché in un fumetto educativo l’happy end è d’obbligo, alla fine i due ragazzini capiscono che il più grande racconta solo frottole e lo mandano a quel paese. L’idea è del ministero dell’Interno, allarmato da un’indagine secondo la quale i germi del fanatismo islamico incominciano a circolare già nelle scuole. Protagonisti della storia sono Andy, il bambino tedesco, e Murat, il suo compagno di classe turco. I due sono amici per la pelle e Andy ha anche un debole per Ayshe, la sorellina di Murat. Tutto bene fino a quandoMurat non cade in depressione perché non riceve mai risposta alle sue letterine per uno stage in un’impresa tedesca. Un compagno più grande, Harun, anche lui turco emusulmano, spiega a Murat: «Vieni discriminato». Murat finisce per ubbidire a tutto ciò che gli ordina Harun: di non vedere più Andy perché è un infedele, di proibire alla sorellina di andare al cinemae di frequentare i corsi di uno sceicco che insegna che le discriminazioni si superano solo opponendo violenza a violenza. Il povero Murat sta per diventare un fanatico quando una sera trova tante letterine: più di un’impresa è pronta a prenderlo appena avrà l’età giusta. Così capisce che Harun ha cercato solo di plagiarlo. Certo la storiella è un po’ ingenua ma è diretta ai bimbi tra gli 8 e i 10 anni. L’importante - dicono gli autori - è che il messaggio contro intolleranza e violenza raggiunga non solo gli adulti ma anche i bambini
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