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Zugzwang, mossa obbligata Ronan Bennett
Traduzione di Silvia Piraccini
Ponte alle Grazie Euro 15,00
In “Attraverso lo specchio” di Lewis Carroll Alice, subito dopo esser passata dall’altra parte del sottile diaframma tra realtà e fantasia, diviene una sorta di pedina in una scacchiera surreale ed entra in contatto con un Re Rosso e un Re bianco, due antagonisti eternamente destinati a sopraffarsi. Carroll, ovviamente, nel suo uso della metafora degli scacchi prescinde dalla storia e dalle sue reazioni cruente. Non certo Tolstoj, il quale, ben cogliendo in questo gioco – in seguito definito da Kasparov “il più violento che esista” - lo schema inquietante della partita che ognuno ingaggia con la morte, ci ricorda in Guerra e pace il terrore di perdere che attanaglia ogni giocatore aggiungendo anche che gli scacchi sono come “una guerra che si svolge in certe determinate circostanze di tempo e nella quale non c’è una volontà singola che diriga gli strumenti inanimati, ma tutto sgorga da un infinito interferire di diversi voleri”.
Di ambientazione russa è anche Zugzwang, l’ultimo romanzo di Ronan Bennett, irlandese nativo di Belfast, che prende il titolo da un termine scacchistico tedesco riferibile a una “mossa obbligata”, una mossa che, più o meno come nello “scacco matto”, prevede l’impotenza dell’avversario, sicchè qualunque pedina sposti non fa che avviarsi alla definitiva sconfitta. Zugzwang è un libro mozzafiato, ambientato a San Pietroburgo nell’aprile del Al centro della narrazione di Zugzwang abbiamo uno psicanalista freudiano, il dottor Otto Spethmann, ebreo emerso da una storia familiare di emarginazione e approdato all’alta società di San Pietroburgo grazie alla sua professione pionieristica, capace di attrarre esponenti dell’establishment zarista ma, anche, rivoluzionari di rango come Gregorij Vasilevic Petrov, dirigente della sezione bolscevica dei socialdemocratici o il leninista Bedrek Medem (il Re Rosso).
Il suo ambulatorio, infatti, custodito dalla solerte (e compromessa) Minna, diviene il punto di ritrovo di esponenti di diverse fazioni, tutti coinvolti in una lotta cruenta e “risolutiva” per il destino della Russia: a cominciare dal campione di scacchi Avrom Chilowicz Rozental, un polacco assai psicolabile, trasformato a sua volta in una pedina dal generale Gan, zarista traditore, che spera di indurlo ad attentare alla vita di Nicola II approfittando della sua vicinanza fisica durante la premiazione ufficiale in un famoso torneo internazionale di scacchi (realmente tenutosi a San Pietroburgo nel 1914).
La trama del romanzo – che richiama sul piano storico “I cospiratori” di Michel André Bernstein (ambientato nel Ma la sua costruzione, densa di dialoghi serrati e di riferimenti riconoscibili, ruota sempre intorno alla metafora degli scacchi, utilizzata su due livelli: quello reale (riferito a una partita che, con tanto di grafici e illustrazioni, si sta giocando tra Spethmann e il violinista R.M. Koplezon, amico di Rozental) e quello storico, laddove, per citare la frase iniziale di Tolstoj, tutto si muove sotto il peso di un’imminenza catastrofica senza più una “volontà singola” che sappia governarla.
Renzo S. Crivelli
Il Sole 24 Ore.
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