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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
28.10.2007 Giacimento di gas nel mare di Gaza: Hamas contro Abu Mazen
ma la notizia non appare sulla maggiornaza dei quotidiani italiani

Testata: Corriere della Sera
Data: 28 ottobre 2007
Pagina: 1
Autore: Davide Frattini
Titolo: «Hamas vuole il tesoro di Gaza»

C'è una domanda che crediamo sia doveroso porci. Accade sovente che quando ci sono notizie che rivelano contrasti e lotte interpalestinesi, scompaiono gli Stabile da REPUBBLICA, Paci dalla STAMPA e così sulla maggior parte dei quotidiani attentissimi a segnalere ogni comunicato di fonte palestinese. Succede anche oggi, con il contrasto Abu Mazen-Hamas in merito ai giacimenti di gas a Gaza. Ne scrive sul CORRIERE della SERA Davide Frattini a pag.1-12 nel pezzo intitolato " Hamas vuole il tesoro di Gaza" , che di seguito riportiamo.

GAZA — A 30 chilometri e 850 metri di profondità nel mare di Gaza, il gruppo britannico Bg ha trovato un giacimento di gas naturale del valore di quattro miliardi di dollari. Le trattative vanno avanti da quasi due anni, adesso il governo di Ehud Olmert vuole un accordo con Abu Mazen, ma Hamas si oppone.
Il premier israeliano e i britannici starebbero cercando una soluzione per scavalcare gli integralisti islamici: i guadagni palestinesi verrebbero depositati in un primo momento in un conto bancario internazionale.
A Ziad Zaza non piace restare al buio, come le scale che portano al suo ufficio, quattro piani da fare a piedi perché l'elettricità a Gaza va e viene. «Al buio», così dice di essere stato lasciato da Abu Mazen e i suoi consiglieri. «Anche quando stavamo al governo insieme». Zaza è il ministro dell'Economia (deposto) di Hamas. Fa i conti e sa che a trenta chilometri da questo palazzone nel centro della città c'è un tesoro. Trenta chilometri e ottocentocinquanta metri di profondità. Sotto il livello del mare, il gruppo britannico Bg ha trovato un giacimento di gas naturale, valore quattro miliardi di dollari. «È una risorsa nazionale palestinese e il presidente non può decidere da solo come sfruttarla».
È una risorsa palestinese, da quando gli accordi di Oslo — e poi Ehud Barak, nel 1999 — l'hanno garantita a Yasser Arafat e all'Autorità di Ramallah. Era stato il raìs, superato il mal di mare e il vento che gli spostava la keffiah, ad accendere la fiaccola con il primo combustibile portato in superficie dai test. «È un dono di Allah al nostro popolo. Fornirà le fondamenta per la nascita di uno Stato». Da allora il gruppo Bg, che ha ottenuto la concessione dai palestinesi, sta cercando un compratore per il gas. Il mercato di Gaza è considerato troppo piccolo, Israele è diventato il cliente più interessante (e interessato). Le trattative vanno avanti da quasi due anni. Prima, Ariel Sharon aveva posto il veto a qualunque negoziato: la gita in barca di Arafat avviene poche settimane prima dello scoppio della seconda intifada, nel settembre 2000, e il premier israeliano temeva che i guadagni andassero a «finanziare i terroristi ».
Adesso il governo di Ehud Olmert vuole un accordo, il gas palestinese verrebbe pompato in una raffineria ad Ashkelon e coprirebbe il 10 per cento del fabbisogno nazionale per i prossimi dieci-quindici anni. «Il nodo fondamentale è il prezzo», commenta Mohammed Mustafa, consigliere economico di Abu Mazen e direttore del Palestinian Investment Fund, partner nel progetto. «Gli israeliani vogliono pagare meno del valore di mercato, perché garantirebbero la sicurezza delle piattaforme e del gasdotto». Se l'intesa viene raggiunta, nelle casse dell'Autorità entrerebbe un miliardo di dollari e parte del combustibile andrebbe alla centrale elettrica di Gaza. Olmert e i britannici starebbero cercando una soluzione per scavalcare Hamas: i guadagni palestinesi verrebbero depositati per ora in un conto bancario internazionale.
I fondamentalisti sanno che la partita per il controllo di Gaza si gioca anche al largo della Striscia. «L'accordo sarebbe un furto — attacca Zaza — una moderna dichiarazione di Balfour, che svende il nostro gas all'occupante ». Il ministro di Hamas spiega di aver tentato una trattativa con gli egiziani. «Vogliamo gestire le nostre risorse e scegliere di venderle a nazioni arabe o straniere». Suleiman Waari — guida il comitato per gli Affari interni dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina — è convinto che Abu Mazen non potrà far partire il piano senza coinvolgere Hamas. Fa notare che l'operazione militare degli integralisti, all'inizio dell'estate, è coincisa con le voci di una firma imminente tra il governo di Olmert e la compagnia Bg. «Pochi giorni prima del golpe, l'Iran aveva minacciato di fermare le esportazioni di petrolio, se attaccato dagli americani e dagli israeliani. È negli interessi di Hamas e Teheran controllare questo tesoro nascosto e imporre le loro condizioni a Israele. Entrare nella partita sul gas significherebbe per Hamas rompere l'embargo economico. Altrimenti minacciano attacchi e ritorsioni che renderebbero difficile sfruttare i giacimenti».
È la paura di Moshe Yaalon, capo di Stato maggiore israeliano durante la seconda intifada. Che accusa Olmert di aver rinviato un'invasione militare di Gaza per non far saltare le trattative con il gruppo britannico. «Eppure da quando Hamas ha conquistato la Striscia — scrive in un lungo saggio per il Jerusalem Center for Public Affairs, diretto dall'ex ambasciatore Dore Gold — contro Israele sono stati lanciati oltre mille tra razzi Qassam e colpi di mortaio». Yaalon prevede che Hamas cercherà di bersagliare le raffinerie e gli impianti di Ashkelon, man mano che i negoziati procedono. E avverte: «Le piattaforme e il gasdotto diventeranno un obiettivo, una calamita che attirerà gli attacchi di tutta la jihad internazionale ». L'ex capo di Stato maggiore spiega che il governo di Londra ha costruito la sua strategia per il conflitto israeliano-palestinese attorno al progetto. Da primo ministro, Tony Blair avrebbe fatto pressioni su Olmert perché aprisse i colloqui con il gruppo Bg bloccati da Sharon. «Da inviato del Quartetto, è convinto che i guadagni prodotti dal gas di Gaza rilanceranno l'economia palestinese e il processo di pace». Altri analisti definiscono il giacimento «l'asso nella manica» dell'ex premier britannico. La road map di Blair passa a ottocentocinquanta metri sotto il mare.
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