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Può darsi che Saleh Igbaria abbia ragione . Ma almeno a Trieste un cimitero islamico esiste già: è il piccolo cimitero turco, che risale a itempi dell'Impero Austro-Ungarico di v.m. Però, a parer mio, la questione dei cimiteri, è una faccenda che gli islamici devono risolverla prima di tutto all'interno delle comunità. Perché non si può pensare e progettare moschee sproporzionate ai musulmani residenti, senza pensare anche al cimitero. Né si può pensare di pretendere tutto dai Comuni. D'altro canto le zone cimiteriali sono ben circoscritte in ogni città, almeno lo presumo.Egli ancora ha parlato, da quanto ho letto, della discriminazione che i musulmani patiscono in Europa. Bisogna considerare qui che la situazione soggettiva di Igbaria, tuttavia, è diversa da quella dei musulmani arrivati in Europa, legalmente o illegalmente. E' da presumere che egli sia originario della Terra d'Israele, come lo sono i suoi correligionari (circa un milione), che là vivono. Essi sono rispettati e rispettano gli altri, perché sanno di vivere in un paese civile, dal quale nessuno li caccia o li ha cacciati. I musulmani che sono andati via da Israele sono stati istigati da altri caporioni a farlo. Igbaria dunque in Israele viveva senza altri problemi, tranne quelli di ogni giorno, che sono inerenti ad ogni persona umana, indipendentemente da dove vive.Detto questo, è chiaro che il problema degli immigrati in Italia è del tutto diverso. Innanzi tutto non è ben chiaro con quale Islam si ha che fare. Tanto per fare un esempio, qui in Italia molte donne si sentono oppresse, perché è stato detto loro che si deve così obbedire al Corano. Invece in Marocco, se non ho letto male sui giornali, ci sono undici ministri donne nel governo. Quindi donne colte e istruite e ben preparate. Ancora non bisogna dimenticare che, per gli immigrati, questa non è la loro terra e inizialmente è difficile integrarsi. Però bisogna anche vedere se tutti hanno voglia di farlo. C' è, ad esempio, la questione della lingua italiana, che sembra non siano ben disposti ad impararla, con l'appoggio del ministro Amato. Su questo ho già scritto, però desidero tornarci sopra un'altra volta.La lingua nazionale, per noi è l'italiano, al di là di disposizioni legislative, è il modo per comunicare con gli altri e per capire in quale paese si vive. Se si vuole capire l'Italia e se si vuole essere capiti dagli italiani, gli immigrati devono per necessità imparare la lingua nazionale. Non è questione di imposizioni o cose similari, è invece una questione di comportamento naturale. Uno che non sa esprimersi, non può capire gli altri e non può essere capito. Quindi non può neppure essere aiutato. Infine bisogna essere leali nel dire se tutti gli immigrati desiderano o vogliono integrarsi nella società italiana o se vogliono formare una comunità a sé. Se vogliono rispettare le leggi italiane o se vogliono imporre le proprie.In Italia, nel corso dei secoli, sono arrivati diversi popoli, si sono insediati e si sono integrati con la popolazione locale, tanto che oggi non è sempre facile stabilire se certe caratteristiche locali o cittadine o regionali, siano originali del luogo o importate. Questi problemi, che ho esposto per cenni, sono questioni che gli immigrati devono risolvere prima di tutto fra di loro. Perché sicuramente qui in Italia hanno trovato, trovano e troveranno sempre accoglienza. Però bisogna avere il senso della misura. Saluti Dario Bazec |
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