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Luciano Tas
Le storie raccontate
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Del fascismo, della scuola e della stampa (accadde 80 anni fa) 26/10/2007
Nel 1928 per l’editore, "Libreria del Littorio" di Roma appare un libro, autore Acuzio Sacconi, dal promettente titolo "Fascismo e Scuola".

E’ dalle pagine di questo libro che abbiamo immaginato un’intervista all’autore, le cui parole sono qui fedelmente riportate, esattamente come appaiono nel libro, e "trasformate" in risposte alle nostre "posteriori" domande.

Fascismo e Scuola. Intanto, cosa s’intende per scuola fascista, se, come immagino, è a questo che lei vuole arrivare, visto che la sua premessa è che "la scuola deve essere fascista"?

Cosa intendiamo per scuola fascista? Nello svolgimento del nostro pensiero e della nostra azione a noi sembra ritrovarsi la migliore definizione e la più chiara formulazione del nostro programma.

E in concreto?

Noi amiamo i fatti e non le parole; e non ci serviamo che di parole di suono molto breve e di significazione molto precisa.

Ma quali sono o saranno i fatti?

D’ora in poi non sarà permesso, in qualsivoglia insegnamento, dimenticare l’Italia o porla, entità geografica astratta, allo stesso livello e nella stessa considerazione delle altre Nazioni.

Se ho ben capito, mi sembra che sia come dire che l’Italia è sopra il livello di tutte le altre nazioni. E come deve regolarsi l’Italia?

L’Italia storica e tradizionale, l’Italia artistica, scientifica e filosofica, l’Italia religiosa deve essere l’interna anima di ogni educazione e non vano ritornello ma affermazione continua e insistente di un valore che trascende il presente e si eterna nei secoli.

Per quanto concerne l’insegnamento?

L’insegnamento ne guadagnerà in concretezza e immediatezza di espressione.

E’ una bella responsabilità…

La responsabilità tremenda e ineffabile di cui parlò il Duce all’Augusteo non deve essere tradita.

Così la scuola fascista…

Scuola fascista, dite voi. Scuola fascista dunque: l’associazione è l’esercito dei credenti di questa fede, dei confessori di questa religione.

Di quale associazione si tratta, o è solo un simbolo?

Associazione Fascista degli Insegnanti.

Ma gli insegnanti sono tutti fascisti?

Sembrerebbe di sì, volgendo gli occhi tutt’intorno e riguardando, con non celabile meraviglia, il nereggiare delle camicie.

Quindi secondo lei il fascismo è vincente.

Nella scuola oggi il fascismo vince non solo come particolare espressione politica, ma come visione nuova della vita e della storia, come missione e volontà nuova del popolo italiano.

E in questo le "camicie nere" cosa rappresentano, come si collocano?

Le camicie nere e i fasci littori della fase odierna del fascismo sono il segno distintivo di questo volontariato nuovo, non più di partito ma di regime e non hanno più un valore interno e contingente, ma europeo e storico, che è quanto dire universale.

Ma come sarà possibile controllare coloro le cui intenzioni non sembrerebbero essere buone, almeno dal vostro punto di vista?

Appunto perché siamo antidemocratici, cioè non credenti nel numero e non adoratori della massa, noi non siamo preoccupati affatto…

E nella scuola?

Abbiamo sempre auspicata la formazione di una aristocrazia politica…

Per chi?

Tra gli insegnanti. Questa aristocrazia – classe del comando nell’Associazione e classe dirigente nella scuola – è quella naturalmente forgiata dallo squadrismo.

E tornando a quelli delle cattive intenzioni?

Un primo grande passo sarà compiuto quando non vi sarà più nessun ex-dirigente delle vecchie organizzazioni classiste fra di noi. I segretari provinciali seguano attraverso l’occhio dei fiduciari il lavoro scolastico e traggano da queste osservazioni le norme sulla stima che di ciascuno deve farsi e soprattutto misurino esattamente il contributo che ciascuno dà al fascismo nella scuola.

Quindi cura vigilante?

E spirito alacre. Questi sono i criteri politici, morali, scolastici che, se opportunamente usati, varranno all’aspra bisogna. Ricordino tutti che la scuola fascista non è fatta, ma si fa giorno per giorno, ora per ora, e non tanto attraverso le prescrizioni ministeriali, quanto con la fiamma viva della fede e l’opera diuturna di ciascuno educatore.

"Ordine della perfetta obbedienza". Che cosa vuol dire?

La definizione è del Duce e non vuole esprimere solo il momento formale ed esecutivo dell’attività del partito. Attratti e risucchiati entro l’orbita del genio, ogni moto dell’anima, ogni istante di vita, ogni atto comune della nostra operante umanità ne è sollevato e trasfigurato. Il risalto del Capo dà a tutto le dimensioni e il colore delle gradi cose. La perfetta Obbedienza domanda a ciascuno il sacrificio del piccolo individuo. Il fedele non si umilia e non si annienta nell’Ordine, il Capo è invero l’interprete e l’ispiratore del genio del popolo e ha su di sé l’immane responsabilità del comando.

Così il "Capo" sarebbe…

Il Capo è il primo apostolo e il primo confessore della sua fede, la figura più alta e più tragica di ogni epoca storica perché procede nella tenebra e non ha altro lume che la sua volontà. Ordine della perfetta Obbedienza. Mancava a noi la disciplina: disciplina degli individui e disciplina di popolo, disciplina di Nazione e disciplina di Stato.

E senza questa "perfetta Obbedienza" cosa sarebbe successo?

Il nostro essere morale e spirituale si sfaceva senza un centro intorno a cui organizzare e unificare la vita.

Qual è il compito del partito in questa nuova situazione?

Il Duce lo ha limpidamente espresso: costruire l’aristocrazia educativa e formativa nel popolo italiano.

E in questo quadro quando si pensa che il partito porti a termine il suo compito?

Il compito del partito non è concluso. Esso accoglie, elabora e traduce in sostanza di vita la volontà del Duce, ma offre anche materia sempre pronta, docile e plastica al genio dell’’Artefice insonne. Esegue e insieme comprende, interpreta e accompagna il pensiero del Capo, prolungandone il vigor costruttivo.

Non è quindi difficile immaginare che cosa dovrà diventare la scuola.

La scuola deve essere oggi fascista. La scuola apolitica, cioè la scuola impotente a dare agli spiriti una direzione etica e politica, la scuola "serena", che è quanto dire indifferente ai cntrasti e alle passioni, non merita veramente il nome di scuola in un grande Paese che rinasce e volge i suoi occhi ardenti verso l’avvenire.

Verso quale tipo di pedagogia si orienta oggi la scuola?

Vi è oggi in Italia una sola pedagogia, degna di essere insegnata e praticata, ed è la pedagogia fascista. L’unico pedagogista vivente oggi in Italia e il più grande degli ultimi tempi è Benito Mussolini.

Quindi gli insegnanti dovranno ricevere una particolare educazione politica.

Per l’educazione politica degli insegnanti italiani, come ci comanda il segretario del partito, noi non abbiamo che da illustrare i concetti che sono alla base della dottrina e dell’azione fascista. E’ questa la nostra opera, modesta se inquadrata nel vasto campo aperto alle fortune d’Italia dal genio sovrano del Duce.

Sembra di capire che a parte il grande pedagogista cui lei faceva cenno, l’Associazione degli Insegnanti Fascisti abbia delle perplessità sulla funzione della pedagogia.

Tanto è vero che ha domandato che nei prossimi esami per l’abilitazione alla direzione didattica sia soppressa la prova scritta e orale di pedagogia, sostituendola con altre prove.

E’ quindi una sentenza di condanna della pedagogia?

Non vogliamo rifare il processo alla pedagogia. Lo stato mentale e direi morale della massa insegnante denuncia la gravità innegabile della stortura pedagogistica operata nelle scuole. Anche oggi l’unica produzione intellettuale degli insegnanti riguarda i problemi della pedagogia, riecheggiati con stucchevole monotoni sugli stessi motivi e conclusi, o meglio non conclusi, sempre allo stesso modo.

La pedagogia sarà sostituita con il binomio fascista "Libro e Moschetto"?

"Libro e Moschetto". Siamo dunque finalmente usciti fuori dai cancelli della chiusa e umbratile cultura, nutrimento solitario e gravoso dello spirito. Il moschetto ristabilisce l’esatta equazione tra l’interesse individuale e l’interesse nazionale, tra la vita del singolo e la vita della collettività. Il tipo moderno italiano e fascista dell’uomo d’armi è il milite che serve l’ideale e dentro la stessa ferrea legge di vita e di morte dello Stato che lo piega inesorabilmente al suo dominio, ritrova la poesia del volontario e la fiamma sublime dell’olocausto.

Ma non sarà che il moschetto abbia una parte maggiore del libro nell’educazione degli italiani?

Durante il più tormentato periodo del fascismo, Benito Mussolini riprendeva e proponeva a tutti gli italiani un motto significativo: "Vivere pericolosamente".

E’ bene non dimenticare mai questo motto che può ancora e sempre servire come antidoto potente alla vecchia natura degli italiani, che il fascismo vuole seppellire per sempre.

Naturalmente il riferimento è sempre al discorso di Mussolini, detto "dell’Ascensione".

Il discorso non è semplicemente politico, o almeno non è politico nel vecchio e povero senso dell’Italia di ieri. La sua lettura è fortificante come l’ardua e pur gioiosa scalata di un monte che infonde nel cuore il tonico dello sforzo e della ammirazione.

Insomma, quasi una gioiosa macchina da scalata.

In questo significato Benito Mussolini è un uomo antico di nostra gente, un classico che, pur trattando una materia vivissima e attuale, par che si rivolga e parli con commossi accenti alla posterità.

Ci saranno presto altri discorsi del Duce?

Dopo questo formidabile discorso il Duce ha già annunciato che tacerà per molto tempo. Occorre forse che egli parli ancora? Sì, per il nostro desiderio e per la nostra ansia di adoratori. Ma le grandi opere d’arte, i capolavori dello spirito sono disgraziatamente rari nella storia dell’umanità e conviene che si lasci il genio alla sua libera, divina ispirazione.

Che cosa è esattamente per Mussolini il Partito Nazionale Fascista?

La definizione che il Duce ha data testé del partito è ordine religioso.

Parliamo un po’ di stampa e fascismo.

C’è chi si ostina a riproporre tutta la propria fiducia nell’azione dei giornali. Io credo che comunque redatto, sia pure reso austeramente alieno da ogni immorale pubblicità – ed ognuno vede come nonostante il severo controllo dei poteri dello Stato siamo ben lungi dall’aver attinta questa meta – il giornale mal si presta a una propaganda, a un’azione e a una disciplina educativa.

Sarebbe come dire che i giornali non riflettono bene lo spirito del fascismo?

Lo spirito del Fascismo è unico: l’affermazione netta e inconfutabile non ha bisogno di commenti. Unico, perché unico e univoco è lo slancio che ha fatto sorgere in piedi questa nostra antica gente all’appello del suo Duce.

Passiamo alla politica estera del fascismo. Come si pone l’Italia di Mussolini nel quadro internazionale?

Vi è oggi nelle relazioni internazionale dell’Italia uno stile riconoscibile e, comunque giudicato all’’estero, discriminante e risolutore di tutte l più imbrogliate situazioni. Là dove giunge l’occhio e la mano di Mussolini si mostra subito una improvvisa chiarità.

Come si orienta questa politica internazionale?

La politica estera italiana è oggi orientata secondo una precisa direttiva ed ha una linea che ne regge le fila, ne segue il corso e ne domina lo sviluppo.

Molto lavoro per la diplomazia dunque?

Il fascismo e Mussolini hanno collocato al primo posto della Nazione la politica estera, sottraendola al vuoto tecnicismo dei diplomatici, finora avulso dal contesto dell’opera governativa, e restituendole cuore, nerbo e sostanza viva di pensiero e di azione.

Restiamo ancora un momento al giornalismo. Che si può dire dell’ultimo "Foglio d’Ordini"?

Noi giudichiamolo molto importante e istruttivo il Foglio d’’Ordini del partito: già altra volta lo abbiamo definito il tipo del giornalismo fascista. Il Foglio d’Ordini ha fatto già molto bene all’opinione pubblica e all’opinione giornalistica. Ma il Foglio d’Ordini piace soprattutto nella polemica. Allora è veramente grande, allora spiega tutta la sua contenuta potenza, chiarificatrice di problemi, aggressiva e anzi sterminatrici dei falsi idoli che governano le folle e le idee di questa vecchia e incorreggibile Europa. Si vede bene che Mussolini ha fatta buona scuola.

Mi pare di capire che ci siano ancora problemi con la stampa, o no?

Nessun regime come il fascista ha visto, per esempio, con tanta chiarezza il problema della stampa. I giornali sono stati man mano permeati di fascismo, cioè arricchiti di un beninteso senso di disciplina e di responsabilità. L’opinione pubblica è saviamente guidata secondo le direttive e i propositi dello Stato, che sono poi quelli che hanno veramente il diritto di valere e di vigoreggiare nell’anima sensibile ed emotiva delle moltitudini.

 Ancora sulla scuola. E’ stato detto che i professori vivono una vita troppo appartata dalla realtà politica e sociale.

Ed è giusto. Ma noi non dobbiamo perciò volere che l’insegnante esca dalla sua modesta e raccolta vita di studioso?

E per quanto riguarda la scuola elementare?

La scuola elementare può dirsi ormai conquistata al fascismo. Il giorno in cui il partito riuscirà anche a ispirare e indirizzare la scuola media il problema scolastico ed educativo italiano potrà dirsi interamente risolto.

La scuola italiana è dunque soltanto alla metà del guado?

Nel campo della scuola e della cultura il fascismo non ha naturalmente fatto ancora quanto il destino rivoluzionario che porta nel grembo viene ogni dì maturando. La riforma è stata ed è ancora per noi un punto di partenza e non di arrivo. Una cosa sola il fascismo non potrà mai consentire: che si vada a ritroso, o meglio che ritornino a dominare idee, sistemi e anche uomini vecchi, che insomma si ceda, per manco di fede e per un improvviso oscurarsi della nostra coscienza rivoluzionaria a una qualunque lusinga di compromesso con l’irrevocabile passato.

Alla vecchia scuola mancava una direzione etica. I giovani oggi vestono la camicia nera perché sentono un prepotente bisogno di certezza, la necessità direi fisica di credere e di affidarsi ad una verità indiscutibile, a un Capo che li guidi con mano potente nel tumulto della vita verso le sperate mete dell’avvenire
a cura di Luciano Tas


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