Dossier Odifreddi così La Repubblica ha censurato le lettere dei portavoce delle comunità ebraiche di Roma e Milano
Testata: Il Foglio Data: 25 ottobre 2007 Pagina: 4 Autore: Riccardo Pacifici - Yasha Reibman - Giorgio Israel - Paolo Diodati - Piergiorgio Odifreddi Titolo: «Nuove vivaci polemiche incrociate intorno ai testi di Piergiorgio Odifreddi.»
Di seguito, le lettere di protestainviate a La REPUBBLICA dai portavoce delle comunità ebraiche di Roma e Milano, in merito all'articolo di Piergiorgio Odifreddi che tacciava Giorgio Israel di "collaborazionismo" e Informazione Corretta di "parafascismo" (per seguire le precedenti fasi del dibattito, ecco il link ).
La REPUBBLICA non ha pubblicato le lettere, che appaiono invece sul FOGLIO del 25 ottobre 2007:
Al direttore di Repubblica - In merito all’articolo del sig. Piergiorgio Odifreddi del 16.10.07, dal titolo “La matematica e il Duce”, mi permetto d’intervenire, non tanto sulle analisi esposte, circa le quali preferirei lasciare la parola alle persone competenti in materia, ma sulle conclusioni dell’articolo che offendono la dignità di uno dei più noti esponenti e intellettuali della nostra Comunità, il prof. Giorgio Israel, a cui esprimiamo la nostra piena solidarietà per le offese ricevute. Parlare di “contrappasso” ma soprattutto di “collaborazionismo”, termine che evoca un losco tramare dietro le quinte, e definire il meritorio sito di Informazione Corretta come “parafascista”, testimonia l’atteggiamento violento del sig. Odifreddi, che tenta di mettere all’indice e alla pubblica gogna persone che brillantemente e con passione e orgoglio cercano di denunciare ogni giorno i tentativi di demonizzazione dello stato d’Israele. Tanto più è grave questo atteggiamento in quanto proviene da una persona che dovrebbe occuparsi di scienza ed educazione. Il sig. Odifreddi, testimonia ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che la dialettica e il confronto troppo spesso nel nostro paese vengono confuse con l’oltraggio. Sono certo che lei vorrà rassicurare che questo squallido episodio rappresenta un fortuito incidente nell’attività del suo giornale. Riccardo Pacifici, vicepresidente e portavoce della Comunità ebraica di Roma
Al direttore di Repubblica - Ho letto con attenzione l’articolo di Piergiorgio Odifreddi pubblicato nei giorni scorsi su Repubblica su matematica e fascismo, in particolare sulla connivenza dei professori universitari con il regime. E’ bene che nel nostro paese senza memoria ancora se ne scriva. Mi stupisce tuttavia che questo serva per attaccare oggi un professore, di nome Giorgio e di cognome Israel. Se si trattasse di una normale bagatella tra colleghi ne sarei dispiaciuto, ma mi toccherebbe poco. Ma il linguaggio impiegato e le argomentazioni mi sembrano inquietanti. A cominciare dal tentativo di appiccicare l’etichetta “fascista” a Informazione Corretta, un sito Internet del quale Israel è collaboratore – anzi “collaborazionista”! – e che alla luce del sole giudica gli articoli su medio oriente e dintorni pubblicati dai quotidiani italiani. Certo, Informazione Corretta è apertamente schierato con la democrazia israeliana, ma davvero può bastare oggi questo per essere considerati equiparabili ai “fascisti” delle Leggi Razziali del 1938? Ai miei occhi dovrebbe essere unanime lo sdegno verso chi nel 2007 prova a trasformare le vittime in carnefici. Tale tentativo, nel far leva sull’ignoranza di ciò che è stato allora e di ciò che avviene oggi, può purtroppo contribuire a dare nuova linfa a un odio antico. Su questo, nonostante le recenti parole in questo senso del presidente della Repubblica, evidentemente c’è ancora da riflettere. Yasha Reibman, vicepresidente e portavoce della Comunità ebraica di Milano
Di seguito, una lettera di Giorgio Israel, sempre dal FOGLIO del 25 :
Al direttore - Non starò certo a rispondere punto per punto alla lunga e querula lettera del professor Odifreddi, e alla miriade di contestazioni con cui deforma o aggira quanto da me scritto. Discutere direttamente con lui è come arrancare nella palude dell’illogicità e quindi mi riprometto d’ora in poi di evitare questo supplizio dantesco. Non potrò invece evitare di mettere in luce le castronerie di cui inonda la cultura e la divulgazione scientifica. Dalle critiche egli si difende con l’arma dell’occultamento. Se invece di definire “fisico un po’ tonto” (senza farne il nome) il professor Paolo Diodati, lasciasse pubblicare la lettera con cui ha demolito un suo articolo su Le Scienze, e provasse a confrontarsi con lui nel merito, darebbe prova di etica scientifica. Sottolineo soltanto un punto che la dice lunga sulla persona che abbiamo di fronte. Egli definisce un “can can” quello nato attorno alle due righe finali del suo celebre articolo sulla Repubblica (solo due, dice il nostro Candide, perché lui non sa cosa si può fare con una sola parola) e le ripete virgolettate: che sarei “passato, in un tragico contrappasso, al collaborazionismo col sito parafascista Informazione Corretta”. Povera vittima, ingiustamente accusata di diffamazione… Come spiega ai lettori del Foglio, non è stato “per niente aggressivo”. E’ da supporre che quando lo è, picchi col bastone. Osservate bene: questa è la razionalità dell’astro della cultura scientifica italiana. Giorgio Israel P. S. Le invio di seguito le lettere spedite in merito a Repubblica dai portavoce delle comunità ebraiche di Roma e Milano e mai pubblicate. Nonché la lettera del “fisico un po’ tonto”, finita anch’essa nel cestino.
Una lettera sulla vicenda di Paolo Diodati dell' Università di Perugia:
Al direttore di Repubblica - Come lei certamente sa e come tutti quelli che citano la legge del contrappasso dovrebbero sapere, il termine contrappasso deriva dalle due parole latine “contra” e “patior” che, messe insieme, significano soffrire il contrario. Si parla di “legge del contrappasso”, citata da Seneca e molto da Dante, quando una persona, rea di qualche colpa, viene a soffrire del contrario della colpa commessa o per analogia ad essa. Ad esempio, se la colpa è un abuso sessuale, il contrappasso sta nella condanna ad un eccesso mortale di sesso o a una sua totale proibizione, nel tormento della tentazione e del desiderio. Ammesso e non concesso che Odifreddi scriva il vero su Israel, nell’articolo “La matematica e il duce” (Repubblica, 16 ottobre), il suo voler vedere tale legge applicata ad Israel, è l’ennesima dimostrazione della superficialità del suo scrivere e della sua cultura raffazzonata. Quale sarebbe la colpa di Israel su cui poggiare il contrappasso? Che da difensore dei perseguitati (questa la colpa?) si sarebbe trasformato in “collaborazionista” dei discendenti dei persecutori? Qui ci vuole Totò: “Odifre’, ma ci faccia il piacere!” E qui faccio notare la signorilità con cui il principe de Curtis esprimeva lo stesso invito di Grillo. Decadenza della cultura, decadenza della signorilità. Se darete la possibilità di esprimersi a chi è stato pluricensurato da Odifreddi & C., volendo da fisico e per il bene della correttezza dell’informazione, far rettificare alcuni strafalcioni matematico-fisico-musicali fatti pubblicare da Odifreddi su Le Scienze, renderò più chiaro, a Odifreddi, quale sarebbe la legge del contrappasso a cui lui dovrebbe essere condannato. Constatata la sua potente attività censoria, dovrebbe essere condannato a vedersi censurati, in nome della decenza, tutti i suoi articoli, sempre più monotonamente uguali, aggressivi nei confronti dei suoi “nemici” vivi o morti e pieni di errori. Oppure condannato a scrivere, pubblicando su tutta la stampa mondiale, sempre più freneticamente, giorno e notte e con errori sempre più numerosi e grossolani. Insomma condannato a essere sempre più Odifreddi. Che poi uno che si definisce razionalista, oltre a fissarsi sulle meraviglie ammuffite della numerologia, in particolare del numero sette, citi e pure a sproposito, una legge simile, così scientificamente accertata, la dice lunga sulla sua razionalità e sulla sua modernità. Paolo Diodati, Università di Perugia
Di seguito, l'articolo di Odifreddi al quale ,nella sua lettera, Israel risponde. Pubblicato dal FOGLIO del 24 ottobre:
Da qualche mese il suo giornale mi onora regolarmente di attacchi ad personam: oltre all’“Odifreddi non ce l’ha solo con i cristiani, il suo digrignar di denti dilaga” di sabato scorso, anche (in ordine temporale inverso) “Un’opera musicale come ultima prova dell’esistenza di Odifreddi” (27 settembre), “Odifreddi, lo scienziato illuminato prêt à porter che vuol zittire tutti i din don dan” (21 settembre), “Una domanda a W: che ci fa il matematico impertinente capolista per lei in Piemonte?” (21 settembre), “Big Bang: per Odifreddi è una teoria che ‘puzza’ di Genesi, cioè di creazione. E’ vero” (31 agosto), “Perché non possiamo non dirci cretini leggendo Odifreddi” (28 marzo), e “Per Odifreddi il compito della scienza è sfottere cristiani ed ebrei” (13 marzo). Spero che mi permetterà, per una volta, di rispondere personalmente e in blocco a tutti questi attacchi, anche per correggere gli errori (colposi o dolosi) in essi contenuti. Incominciamo dal più recente, la lettera di Giorgio Israel: un “collega” (tra virgolette, perché lui è uno storico e io un matematico, e dunque facciamo mestieri diversi) che sembra essere vittima di una vera e propria ossessione nei miei confronti, visto il numero e il tono degli interventi che mi dedica non solo sulla carta stampata, ma anche in rete. Non sto a indagare i suoi motivi, che sono più di pertinenza di uno psicologo che di un matematico, ma temo di doverlo deludere per quanto riguarda un mio simmetrico interesse nei suoi confronti. La supposta recensione a un suo libro su von Neumann, da lui citata, era infatti in realtà un indipendente saggio su quell’ottimo matematico e pessimo uomo, che La Rivista dei Libri decise di pubblicare (nel gennaio 1996!) con un riferimento editoriale al suo libro, che io non avevo letto allora, né ho letto in seguito. E il mio articolo su Repubblica (16 ottobre) che l’ha fatto infuriare non era affatto, come ha scritto sul suo blog, scritto “essenzialmente allo scopo di sparare una serie di insulti diffamatori” su di lui: come mostrava chiaramente il richiamo editoriale, era invece un inquadramento storico dell’argomento dello spettacolo di Lucia Poli al prossimo Festival della Scienza di Genova. Le notizie le ho tratte (non “saccheggiate”, visto che ho doverosamente citato la fonte) da un libro di Israel e Nastasi, e tutto il can can si riferisce a due (!) righe finali, che riporto integralmente: “uno degli autori (Israel), oggi [è] purtroppo passato, in un tragico contrappasso, al collaborazionismo col sito parafascista Informazione Corretta”. Non contento di aver pubblicato la sua lettera non solo su Repubblica (finalmente!), ma anche sul Foglio, Israel rincara la dose sul suo blog, dicendo che io avrei “fatto il finto tonto, rispondendo sul giornale al seguente incredibile modo”: “E’ singolare che Israel mi accusi di pura e semplice aggressione al nemico per un articolo basato su un libro (non solo suo, anche di Pietro Nastasi) di qualche anno fa, sul quale sono completamente d’accordo”. In realtà, la mia risposta continuava con la seguente frase, che Repubblica ha ritenuto per motivi suoi di dover tagliare: “E’ sulle sue idee di oggi che ho espresso un ‘purtroppo’ nella riga finale, per niente aggressivo: invito comunque i lettori a visitare il sito Informazione Corretta nel quale egli manifesta tali idee, e giudicare da soli chi è responsabile di ‘contrapposizioni faziose e violente’, oltre che a valutare i nostri rispettivi stili”. Passo ora alle varie critiche che Israel mi rivolge in altri due degli articoli citati agli inizi. La prima è che “picchio duro soltanto su due religioni: ebraismo e cristianesimo”, il che dimostrerebbe che “non sono un cuor di leone, ma l’espressione del più comune conformismo”. Ora, in un libro intitolato “Perché non possiamo essere Cristiani (e meno che mai Cattolici)” di cos’altro avrei dovuto parlare, secondo lui, senza andare fuori tema? Il fatto è che Israel teme che la mia avversione per quelle due religioni non si estenda a un’altra delle sue ossessioni: l’islam. Mi dispiace deluderlo di nuovo, ma se oltre a criticarmi avesse anche letto ciò che scrivo, si sarebbe accorto che già nel mio primo libro, “Il Vangelo secondo la Scienza” (Einaudi, 1999), avevo trattato della religione in generale, e dell’islam in particolare, nello stesso modo in cui ho trattato ora dell’ebraismo e del cristianesimo: a differenza di Israel e altri, io sono contro tutte le religioni, e non solo contro quelle diverse dalla mia. Dubito comunque che, in Italia, essere laici e anticlericali sia espressione di conformismo! Non sarà che il nostro storico, per quanto esimio, non abbia mai sentito parlare di Patti Lateranensi, articolo 7 della Costituzione, ora di religione, otto per mille, finanziamenti alle scuole cattoliche, esenzioni dall’Ici, culti a san Gennaro e Padre Pio, serial televisivi su papi e santi, e via dicendo? Il sospetto è legittimo, visto che nel suo sito egli confessa di “non saper nemmeno cosa voglia dire contrappasso”, rivelando di non aver mai sentito parlare nemmeno della Divina Commedia. Quanto al “cuor di leone”, non so quali meriti abbia Israel per poterne assegnare o rifiutare patenti, ma mi limito a fargli notare che, durante una mia permanenza di studio in Unione Sovietica negli anni Ottanta (per evitare illazioni o fraintendimenti, dico tra parentesi che ho passato molti più anni negli Stati Uniti), sono incappato nel famigerato Articolo 4 contro la “attività antisovietica” e mi sono guadagnato una condanna a 14 anni: in quello stesso periodo lui, come molti altri che oggi fanno mostra del loro anticomunismo (da Bondi a lei, signor direttore) erano invece ancora comunisti o, peggio ancora, socialisti. E qualcosa tutto ciò vorrà pur dire. Un’altra delle critiche di Israel, così come di altri degli articoli citati all’inizio, ha a che fare con la mia attività di divulgatore scientifico. Ora, è naturalmente sempre facile criticare e affermare che si potrebbe fare qualcosa di diverso o di meglio: soprattutto quando non si fa niente al proposito, com’è il caso di tutti questi critici, anonimi e non. Ma è patetico prendersela con una manifestazione come il Festival della Matematica che si è tenuto all’Auditorium di Roma a marzo, chiamandolo “una sagra della porchetta” o “uno spettacolo circense”, solo perché vi hanno partecipato umanisti come Dario Fo o Nicola Piovani. Naturalmente, non sono cosí ingenuo da non capire che ciò che dà fastidio in quei nomi è la loro appartenenza politica. Se comunque Israel o altri collaboratori del Foglio hanno da proporre premi Nobel o premi Oscar italiani di destra che mi sono sfuggiti, me li segnalino: il prossimo anno inviteremo anche loro. Ma non dimentichino nel frattempo che al Festival c’erano altri Ma se il Comitato di bioetica non si occupa di ovociti, che ci sta a fare? (le cosiddette chimere). Ma questa è una ricerca che in Italia non esiste e non può esistere. Perché occuparsene? Fra le mozioni approvate negli anni precedenti, inoltre, ce n’è una che riguarda la condanna della clonazione riproduttiva: forse non bisognava proporla, visto che neppure questo avviene in Italia? E che dire di quella che condannava la compravendita di organi a fini di trapianto? E’ bene spiegare che la seduta di aprile, in cui è stata discussa la prima versione del testo, si è conclusa con la condivisione della finalità etica della mozione, cioè “la stigmatizzazione di ogni cessione di ovociti che venga realizzata a scopo di profitto” e con la richiesta alle tre proponenti di riscriverla tenendo conto delle osservazioni emerse in discussione. Tutti i presenti – compreso Gilberto Corbellini – ad esclusione di Cinzia Caporale, erano d’accordo. Si è dovuto invece arrivare alla plenaria di luglio per riuscire a mettere in votazione il testo modificato. A maggio, per esempio, dopo una lunga discussione, una parte dei membri del Comitato ha lasciato la seduta a votazione appena iniziata, facendo mancare il numero legale. Ma il Comitato nazionale di bioetica è un organo di consulenza scientifico, non un Parlamento in cui in una votazione si possa puntare a far mancare il numero legale. Chi si opponeva alla mozione ne voleva semplicemente il ritiro, e non ha mai proposto nessun testo scritto alternativo (come chiedevano le proponenti). Vorrei sottolineare che il fenomeno della compra-vendita degli ovociti è stato oggetto di una risoluzione del Parlamento europeo, nel 2005, votata anche dall’onorevole Giovanni Berlinguer, uno dei presidenti onorari del Cnb. Le procedure di fecondazione eterologa e la ricerca sugli embrioni umani necessitano di ovociti, difficili da reperire: è un problema mondiale, e il commercio di ovociti ne è la conseguenza. La stessa ricerca sugli embrioni interspecie, che anche Corbellini ha presentato ai parlamentari, nasce dalla mancanza di disponibilità di ovociti umani, che andrebbero sostituiti con quelli animali. La seconda mozione approvata, presentata da Luca Marini, riguarda “la raccolta, la conservazione e l’utilizzo di cellule staminali derivate da cordone ombelicale”, uno dei cavalli di battaglia della Luca Coscioni e dei parlamentari radicali, in questi ultimi mesi. Più volte nel corso delle plenarie Luca Marini ne ha illustrato il nesso con l’imminente recepimento della direttiva europea 2003/63/CE, di cui si è occupato anche il ministro Livia Turco. Quali sarebbero quindi le idee premoderne che zavorrano il Comitato nazionale di bioetica? Debbo francamente aggiungere che i toni delle polemiche di queste ultime settimane sono stati troppo spesso sopra le righe: se è ovvio che in un organo come il Comitato nazionale di bioetica vi sia una forte dialettica interna, è altrettanto evidente che certi attacchi mirano a delegittimare il Comitato, o almeno la sua presidenza. Assuntina Morresi membro del Comitato nazionale di bioetica due premi Nobel scientifici, uno dei quali il famoso John Nash del film “A beautiful mind”, due medaglie Fields e altri matematici del calibro di Andrew Wiles: cioè, il meglio che si può trovare sulla piazza. E infatti, a parte Israel e compari, l’hanno capito tutti: dalle 53.000 persone che hanno affollato l’Auditorium in quei giorni, ai giornali che hanno pubblicato non solo servizi di ogni genere, ma persino le lezioni magistrali di matematici come Alain Connes, Michael Atiyah e Douglas Hofstadter, con un’attenzione per la matematica mai vista prima. A proposito di divulgazione, due degli articoli citati sbandierano una frase (la stessa, in entrambi i casi) tratta da una mia rubrica su Le Scienze dello scorso marzo, come supposto esempio della mia incompetenza matematica o letteraria (o entrambe), chiamando i lettori a testimoni della sua incomprensibilità. Ma se anche tutti dicessero che “non ci hanno capito nulla”, come l’articolista afferma essere stato il caso di un fisico sperimentale un po’ tonto e di qualche suo collega, evidentemente della stessa risma, che cosa dimostrebbe l’esperimento? La frase è tratta da una rubrica specialistica (di matematica) che tengo su una rivista specialistica (di scienze): la maggior parte delle citazioni della rubrica e della rivista farebbero lo stesso effetto su un pubblico non specialistico come quello di un quotidiano, e l’unica conclusione che si può trarre è la prevenuta malafede di certi attacchi, che non potendosi appigliare a niente, si appigliano appunto al nulla. Non sto a commentare un ultimo problema che sembra assillare i suoi collaboratori, e cioè come sia mai possibile che il sindaco Veltroni mi abbia affidato l’incarico di organizzare il Festival di Matematica, e mi abbia voluto come candidato nelle liste del nuovo Partito democratico: mi limito a ringraziarlo della fiducia accordatami, e ad assicurare a lui, che probabilmente non se ne preoccupa, ma anche a lei e ai suoi collaboratori, che invece ve ne crucciate, che non appena questa fiducia venisse meno, mi ritirerei in buon ordine. Spero comunque di averle dimostrato che la definizione da lei data ieri della mia attività, come di un “digrignar di denti” e uno “scomporso condursi, e incivile, di un polemista che cerca gloria nell’impiccagione in effigie dei suoi contradditori [?]”, sia stata dettata dalla sua ignoranza dei miei argomenti e dei miei modi. Ma se cosí non fosse, me ne dispiaccio, e la ringrazio cordialmente in ogni caso.
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