Le perle di saggezza di D'Alema e l'intransigenza iraniana rassegna di quotidiani
Testata:La Repubblica - L'Unità - Il Manifesto - Il Sole 24 Ore Autore: Marco Politi - Umberto De Giovannangeli - Marina Forti - un giornalista Titolo: «D´Alema: accordo Nato con arabi e israeliani - Nucleare passa da Roma il negoziato con l'Iran - El Baredei L'Iran non è una minaccia - Sanzioni e minacce non fermeranno l'Iran»
D'Alema esclude l'opzione militare per fermare i progetti nucleari iraniani. Meglio "rafforzare l´offerta negoziale", confermando ancora una volta a Teheran che il ricatto e la crescente intransigenza pagano. El Baradei sulla base di valutazioni incerte, i contrasto con altre più pessimistiche, stima in un periodo compreso tra i tre e gli otto anni il tempo necessario all'Iran per dotarsi di armi nucleari. Fino ad allora possiamo e dobbiamo stare tranquilli, pensando soprattutto a evitare una guerra. E dopo ? El Baradei non lo dice, ma seguendo la sua logica suicida dovremo stare ancora più tranquilli, sperando di evitare una guerra nucleare. A questa fiera di assurdità si aggiunge l'idea dell'ingresso nella NATO di Israele e dei paesi arabi inclusa... la Siria.
La REPUBBLICA riferisce come se si trattasse di perle di saggezza, incomprese da Israele e Stati Uniti. Ecco il testo:
NAPOLI - «Non è giusto parlare di altre guerre, bastano già quelle esistenti». Massimo D´Alema scarta l´ipotesi di una guerra all´Iran dopo che recentemente il presidente Bush e il suo vice Cheney avevano evocato nuovi conflitti. Oggi pomeriggio si incontrano a Roma per discutere del dossier nucleare Javier Solana, rappresentante per la politica estera dell´Unione europea, e i due negoziatori iraniani Ali Larijani (appena dimissionato) e Said Jalili, suo successore. Il rappresentante dell´Agenzia internazionale per l´energia atomica (Aiea), Mohamed Baradei, ha fatto sapere alla vigilia che Teheran non è in grado di produrre armi nucleari a breve termine: ci vorranno dai tre agli otto anni. E già monta il malumore negli Stati Uniti e in Israele per queste sue dichiarazioni. Per il ministro D´Alema è importante, però, lavorare in due direzioni: premere su Teheran perché non si arrivi all´atomica e «rafforzare l´offerta negoziale all´Iran». A Napoli il ministro degli Esteri italiano giunge per una tavola rotonda sulla pace tra israeliani e palestinesi insieme al ministro dell´Interno d´Israele Meir Shitrit e Jamal Zakout, consigliere di Abu Mazen. Ma l´appuntamento, nell´ambito del convegno interreligioso della Comunità di Sant´Egidio, non ha nulla di accademico. Perché alla vigilia della conferenza di Annapolis, che per Washington dovrà rilanciare il processo di pace in Medio Oriente, sia D´Alema che il ministro Shitrit mettono sul tavolo carte molto importanti e significative. D´Alema invita a lasciare da parte le road map, che non si sa dove portano, mentre è urgente passare alla realizzazione di un «accordo di pace». «C´è il problema della sicurezza - ha detto - e la questione dello sviluppo economico». Alla prima esigenza si può rispondere con un «coinvolgimento della Nato, una partnership per la pace che comprenda Israele e i paesi arabi». Sull´altro versante c´è l´offerta di un´»associazione speciale di Israele, Palestina e Giordania all´Unione europea». E qui, rimarca, «sento di potere dire noi». Insomma, si profila una disponibilità dell´Europa intera. In questo quadro il ruolo degli europei alla prossima conferenza potrebbe diventare molto più incisivo. A Repubblica il ministro degli Esteri specifica la sua idea di partnership Nato: «Un accordo regionale, simile a quello stretto dalla Nato con i paesi ex sovietici» e si capisce che abbraccerebbe, oltre a Israele e alla futura Palestina, anche una serie di paesi arabi. Dalla Siria all´Egitto, eventualmente. Ma D´Alema sottolinea: tocca agli stati della regione dire se sono interessati, non è a Roma o in Europa che si fa un elenco a priori. Altrettanto concreto e innovativo l´intervento del ministro israealiano Shitrit. «Vogliamo negoziare seguendo l´iniziativa dell´Arabia saudita», dichiara. Ed è un enorme salto in avanti rispetto alla posizione, tenuta ancora l´anno scorso da Shimon Peres durante la sua visita a Roma e in Vaticano, quando dichiarò che non gli interessava parlare del piano saudita. Ora invece Shitrit, esponente del partito Kadima del premier Olmert, cita espressamente il piano della Lega araba, che prevede il ritiro dai territori occupati nel 1967 e la normalizzazione completa dei rapporti con Israele. «Vogliamo fare l´accordo con tutti i paesi arabi», proclama il ministro israeliano.
Roma al centro della politica internazionale e Massimo D'Alema nel ruolo del pacificatore del mondo nell'articolo di Umberto De Giovannangeli pubblicato dall' UNITA' :
Passa per Roma il tentativo di evitare che il braccio di ferro sul nucleare iraniano sfoci in una nuova, devastante guerra. È a Roma che oggi s’incontreranno Ali Larijani e Said Jalili, l’ex capo negoziatore iraniano e il suo successore, e Javier Solana, responsabile della politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea. Un incontro cruciale per evitare un precipitare della situazione, dice a l’Unità una fonte diplomatica della Farnesina, e il fatto che i colloqui avvengano a Roma, aggiunge, «è il riconoscimento unanime del ruolo di primo piano che l’Italia sta svolgendo su questo fronte». A sostanziare la linea di condotta del nostro Paese è Massimo D’Alema. Da Napoli dove ieri ha partecipato al convegno di Sant’Egidio, il titolare della Farnesina ha ribadito che di fronte ai programmi nucleari iraniani, «si deve lavorare per una soluzione politica, e diplomatica». «Credo - ha spiegato il vice premier - che ci siano le condizioni per arrivarvi». «Non mi sembra giusto - ha affermato - che si parli di guerre. Sono già abbastanza quelle che ci sono, senza dover aggiungerne altre». D’Alema non ha voluto fare previsioni sull’incontro di oggi tra la delegazione iraniana e Solana. «Sarà certamente un’occasione - ha osservato - per capire la posizione iraniana anche dopo i dubbi sollevati dalle dimissioni di Larijani e dalla sua sostituzione». «La questione è complessa - ha aggiunto il capo della diplomazia italiana - Credo che si debba premere su Teheran, ma anche rafforzare l’offerta negoziale che la comunità ha fatto e continua a fare». Estendere il negoziato oltre il nucleare: è la posizione italiana. Del dossier iraniano D’Alema aveva parlato anche in mattinata, partecipando a Bari alla sessione di apertura della 57ma Conferenza mondiale degli scienziati per il disarmo «Pugwash». «Io credo - ha sostenuto il vice premier - che l’Iran debba da una parte portare avanti, con molta serietà, il dialogo che si è aperto con l’Agenzia atomica, perché questo consentirà di chiarire le attività che in passato l’Iran ha svolto in modo clandestino: lo svolgimento di queste attività clandestine è stata una delle ragioni della rottura del rapporto di fiducia tra l’Iran e la Comunità internazionale». «Nello stesso tempo - ha proseguito - continua il dialogo con Solana e con la Comunità internazionale alla ricerca di una soluzione che, da parte nostra, comprende il riconoscimento del diritto iraniano al nucleare civile. Quindi il problema da parte dell’Iran, è di valutare con serietà questa offerta e di entrare nel negoziato». «Naturalmente, - ha aggiunto D’Alema - ci sono le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che comportano che per entrare nel negoziato si debba sospendere l’arricchimento dell’uranio. Da parte iraniana non è mai venuta una indicazione in questo senso. Neppure nel senso di un congelamento agli attuali livelli». «Quello che preoccupa - ha concluso al riguardo il ministro degli Esteri - è l’aumento delle attività di arricchimento che è stato ed è estremamente forte: sembra nelle sue dimensioni non compatibile con l’idea di un nucleare civile». Basta e avanza per fotografare la complessità del dossier iraniano e l’importanza dell’incontro di Roma.
Per sminuire la minaccia iraniana Il MANIFESTO si concentra sule dichiarazioni di El Baradei:
La bomba? «Non so giudicare le loro intenzioni, ma se pure l'Iran volesse acquisire la bomba atomica, avrebbe bisogno tra tre o otto anni per riuscirci». Così dichiara Mohammed el Baradei, il direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, in un'intervista pubblicata ieri dal quotidiano francese Le Monde. «Tutti i servizi di intelligence concordano su questo», fa notare el Baradei. E ne treae la conclusione logica: c'è tutto il tempo perché diplomazia, sanzioni, dialogo e incentivi diano frutto. «Voglio sfatare l'idea che l'Iran sia una minaccia da domani, e che la scelta sia tra bombardare l'Iran o permettergli di avere la bomba», insiste el Baradei. E ammonisce: «L'Iraq è un lampante esempio di come, spesso, l'uso della forza può esacerbare i problemi invece di risolverli». Un auspicio di dialogo, quello di el Baradei. Le notizie di queste ore però sembrano andare in senso opposto. Oggi a Roma si terrà l'atteso incontro tra i negoziatori iraniani e il capo della diplomazia europea Javier Solana, in veste di rappresentante delle sei potenze mondiali (i membri permanenti del Consiglio di sicurezza più la Germania). L'Iran sarà rappresentato dal nuovo capo del Consiglio di sicurezza nazionale (e quindi negoziatore-capo) Saeed Jalili, che solo due giorni fa ha sostituito in questo ruolo Ali Larijani, il quale però lo accompagna in questa prima missione. Le improvvise dimissioni di Larijani hanno creato sconcerto in occidente, dove sono interpretate come il segno che nell'establishment iraniano i «falchi» hanno avuto la meglio. Larijani è stato l'architetto del «piano di lavoro» concordata in agosto con l'Aiea, che dovrebbe permettere di chiarire le questioni ancora aperte del dossier nucleare iraniano. In novembre il direttore del'Aiea emetterà il suo nuovo rapporto sull'Iran, e da questo dipenderà in gran parte la decisione del Consiglio di sicurezza su eventuali nuove sanzioni all'Iran. Interpretare i rimescolamenti ai vertici di Tehran è sempre complicato; il capo del Consiglio di sicurezza nazionale è nominato dalla Guida suprema Ali Khamenei e risponde a lui (non al presidente). Larijani inoltre resta nel Comitato di sicurezza nazionale come «rappresentante della Guida suprema». Jalili, un viceministro degli esteri, è considerato invece un fedele del presidente Ahmadi Nejad. I circoli politici iraniani ora esprimono preoccupazione in modo «bipartisan»: da Ahmad Takavoli, parlamentare della corrente «neocons» venuta alla ribalta negli ultimi tre anni proprio con Ahmadi Nejad, fino al riformista Ali Abtahi, già vicepresidente di Khatami, che parla di «conseguenze pericolose» proprio mentre «il mondo cerca pretesti per fare un'altra vittima nella regione». Il ministero degli esteri iraniano domenica ha detto che l'avvicendamento non significa che l'Iran abbia cambiato linea negoziale. L'incontro di oggi a Roma darà qualche indicazione. Intanto ci sono altri segnali. Le dichiarazioni del vicepresidente degli Stati uniti Dick Cheney, che domenica ha ribadito: «non staremo a guardare» mentre l'Iran si costruisce armi atomiche. Una lettera del ministro degli esteri iraniano Manoucher Mottaki al suo omologo francese Bernard Kouchner: «l'Iran non rinuncerà al suo diritto a usare la tecnologia nucleare», nonostante «sanzioni economiche e altre minacce». Le sanzioni però pesano. La compagnia russa Lukoil ieri ha annunciato che dovrà presto sospendere il suo lavoro al progetto petrolifero Anaran, in Iran, causa le sanzioni già decretate dagli Usa, che fin dal 1996 bandiscono ogni investimento in Iran superiore a 20 milioni di dollari. Lukoil sfrutta il giacimento iraniano (uno dei più importanti) insieme alla norvegese StatoilHydro, che invece intende continuare.
Grande rilievo alle dichiarazioni intransigenti del ministro degli Esteri iraniano, ma anche a quelle dell'italiano D'Alema, che sembra pensare che la crisi possa essere risolta con un dialogo senza contenuti sul SOLE 24 ORE