Il "delitto paga" per questo sul nucleare l'Iran rafforza il suo oltranzismo analisi sulla sostituzione del mediatore Larijani con Said Jalili
Testata: Il Foglio Data: 23 ottobre 2007 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Così l’Iran di Khamenei ha licenziato il realpolitiker Larijani»
Dal FOGLIO del 23 ottobre 2007:
Roma. Da tre anni, Teheran sfianca l’Europa con un’efficace politica dei pugni nello stomaco che oggi – con la sostituzione di Ali Larijani, alla vigilia della trattativa di Roma con Javier Solana – diventa addirittura spudorata. Larijani non è un riformista ed è stato, come direttore della televisione tra il 1994 e il 2004, il regista della demolizione sui mass media del riformista Khatami. E’, però, un realpolitiker di eccellente educazione politica e diplomatica: l’interlocutore ideale in grado di fornire sempre ottime scuse negoziali che si inserivano a perfezione negli schemi temporeggiatori degli europei, ben decisi a non decidere mai e a continuare a lucrare fruttuosi affari con l’Iran. Larijani era l’ideale controparte per Mohammed ElBaradei, notaio di un nuovo fallimento negoziale dell’Onu. La straordinaria e insperata copertura diplomatica e militare ricevuta da Vladimir Putin (con il cuscinetto militare delle Repubbliche ex sovietiche a nord) e la garanzia di continuità delle forniture atomiche hanno però spinto l’ayatollah Khamenei a un segnale forte dentro e fuori i confini iraniani. Smentendo tutte le illusioni circa l’isolamento di Ahmadinejad, sulle quali contano le cancellerie europee e una forte componente del Dipartimento di stato americano (e quindi i media), la guida della rivoluzione ha scelto la strada dell’oltranzismo. La promozione di Said Jalili al posto di Larijani segue il cambio della guardia al vertice dei Pasdaran, con la sostituzione del falco Safari a favore del superfalco Javari. Il tutto, in un contesto di petrolio a 90 dollari al barile che fornisce ossigeno al regime, perché garantisce il pieno funzionamento del welfare islamico e quindi consolida la sua base sociale. Base sociale sicuramente minoritaria, ma compatta e forte di 15-20 milioni di iraniani. Quanto basta al regime, che così contraddice quegli analisti occidentali che da anni preconizzano l’isolamento e l’indebolimento di Ahmadinejad e della sua linea, spiano le conseguenze sociali del fallimento della Borsa di Teheran, sperano nella fuga dei capitali iraniani a Dubai, spiegano che Rafsanjani si sta rafforzando e che quindi la svolta pragmatica dell’Iran è imminente. Il fatto nuovo, invece, è che Larijani, esponente di rilievo proprio della linea realpolitiker di Rafsanjani, è stato bruscamente estromesso. Una scelta che non è di Ahmadinejad, ma di Khamenei, perché il presidente negazionista è soltanto lo speaker, il portavoce di un blocco di potere rivoluzionario formato da ayatollah oltranzisti e pasdaran, che fa capo a chi esercita il potere assoluto e autocratico nel regime iraniano secondo il dettato costituzionale. Tra i tanti errori fatti dal’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Javier Solana, vi è quello di considerare Ahmadinejad un leader e il suo governo come un interlocutore, senza mai accorgersi che invece si tratta di “uomini dello schermo”. La dinamica iraniana continua a essere quella di una rivoluzione, quindi fluida, non ancora imprigionata nelle pastoie della burocratica gestione del potere. In Europa, ma anche tra i democratici americani, si fatica a prendere atto del fatto che una dinamica rivoluzionaria non segue logiche di razionalità, non rispetta le regole del mercato, non è interpretabile con gli schemi geopolitici di un paese normale. In questo contesto, va ricordato che Khamenei, a poco più di due anni dalla messa in campo dell’opzione Ahmadinejad- pasdaran, può registrare una straordinaria riuscita della strategia oltranzista. L’Iran quasi atomico e negazionista è considerato pedina fondamentale da Vladimir Putin, è corteggiato e alleato con Fidel Castro e Hugo Chávez, ha ormai lo scudo diplomatico dei non allineati, ha conquistato con Hamas una testa di ponte nel Mediterraneo a Gaza, è determinante nella crisi libanese e in quella irachena. L’Iran di Khatami, invece, stentava a essere rispettato nel Golfo e nello stretto di Ormuz. Khamenei ha insomma constatato, come già Khomeini, che sulla scena internazionale “il delitto paga” e ne trae le logiche conseguenze.
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