Intervista al talmudista Adin Steinsaltz di Alain Elkann
Testata: La Stampa Data: 21 ottobre 2007 Pagina: 21 Autore: Alain Elkann Titolo: «“Gli antisemiti sono malati di mente”»
Da La STAMPA del 21 ottobre 2007 :
Rabbino Adin Steinsaltz, perché ha dedicato gran parte della sua vita alla divulgazione del Talmud? «L’ho studiato, ristudiato e mi sono fatto coinvolgere. Ho capito che avevo l’abilità di far sì che tutti potessero capirlo». Che cos’è così importante in questo testo? «E’ il pilastro, la colonna centrale dell’ebraismo. Non c’è nessun altro libro come quello, sia per i contenuti sia per come è scritto. E’ un libro che cerca di raccontare, per fare un esempio, la matematica in poesia; cerca di descrivere la politica e la scienza con uno stile simile a quello dell’Ulisse di Joyce. Il punto principale del libro è una sorta di discussione, un dialogo dove si cerca sempre la verità, la cosa giusta». E’ difficile vivere a Gerusalemme? «E’ facile per me, è l’unico posto dove mi sento veramente a casa: negli altri posti mi sento uno straniero, ma non solo fuori da Israele, magari anche a Tel Aviv. A Gerusalemme amiamo il colore delle pietre, gli alberi, gli odori, la gente, ma questo non ha nulla a che fare con quello che faccio». Quanto accade accanto a lei non la fa soffrire? «Certo. Ma purtroppo in questo mondo l’unico posto veramente immune da tutto è la luna e non so ancora per quanto tempo». Israele lo considera un Paese speciale? «E’ vero che ci sono moltissime difficoltà, però è una scelta. Ma non è nemmeno facile guidare un’automobile a Roma o a Milano: se uno vuole stare in pace e tranquillità assoluta ci sono molti cimiteri che ci attendono». E gli ebrei nel mondo? «Sono unici: alcuni li amano, altri li odiano. La mia definizione è che un ebreo è come tutti gli altri, se non di più. Forse è più umano di altri, nel senso che ha moltissime debolezze e molte forze; forse siamo diventati l’essenza e questa è la ragione per cui ci odiano o ci invidiano o non ci possono vedere». Da che cosa nasce l’antisemitismo? «E’ un mistero, forse una malattia mentale. In uno strano modo un vero antisemita è interessato agli ebrei come gli ebrei stessi. La gente crede che gli ebrei siano dovunque, dappertutto, fa parte di un sentimento ambivalente. Si pensa che abbiamo molto potere: vorrei che fosse vero». Gli americani sono veramente i migliori amici degli ebrei? «Per loro è più facile, perché siamo come una delle tante tribù in un mondo misto che forma l’America. Politicamente gli Stati Uniti sono amici ma quanto durerà questo? L’amicizia in politica è solo una parola». Che rapporti ha lei con le altre religioni? «A volte amichevoli, altre neutrali. E in altri momenti c’è animosità». Per esempio con l’Islam? «In senso di pura teologia l’Islam è la religione più vicina all’ebraismo. L’antisemitismo musulmano credo venga più dall’Europa, non è interno alla religione musulmana stessa. Oggi però è diventato un problema che non ha a che vedere con la religione, ma con la politica». Ha paura dell’Iran? «Certo, per ragioni che non capisco, gli iraniani ci odiano e hanno mezzi di esprimerlo. Fa paura avere un nemico così, non so che cosa succederà, il mondo cambia ogni giorno, gli iraniani possono avere la stessa ragione per mettere una bomba su Roma perché hanno verso i cristiani, in termini teologici, rapporti assai complessi: pensano talvolta che i cristiani siano pagani, ma questo non vuol dire che faranno qualcosa». Crede che oggi l’antisemitismo sia cresciuto? «Oggi il mondo musulmano cerca di portare altre persone con sé in questa battaglia, ma la situazione degli ebrei in Europa è molto migliore di quanto non lo sia mai stata; però c’è sempre nel sottofondo una gelosia, un’animosità repressa. Questo viene da una tradizione atavica, perché siamo sempre ricordati come diversi». Come guarda il mondo di oggi un rabbino e uno scrittore come lei (da Utet è appena uscito il libro «Parole semplici»)? «C’è una spiegazione nel Talmud dove si parla del rapporto tra saggezza e credenza in Dio: e se c’è troppa saggezza rispetto alla credenza di Dio, rischia però di diventare una cosa pericolosa. Il mondo di oggi ha più potere che saggezza, possiamo fare molte cose ma non abbiamo abbastanza saggezza per bilanciare le cose. Abbiamo conoscenze straordinarie ma non saggezza, abbiamo troppa conoscenza e non sappiamo cosa farne». Ma che rapporto c’è tra religioni, scienza e tecnologia? «Sono sedute in angoli diversi e non si parlano. La religione non è un pericolo per i musulmani, forse è un pericolo per se stessi, per loro, ma si può avere una bomba atomica islamica e quando uno è matto può usarla contro gli altri in modo indiscriminato e folle». Allora ci troviamo in pericolo? «Sì, perché ci sono mani di ogni genere che posseggono le armi».
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