Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Nucleare iraniano: si dimette il negoziatore Larijani sostituito da un fedelissimo di Ahmadinejad: Said Jalili
Testata: Corriere della Sera Data: 21 ottobre 2007 Pagina: 14 Autore: Cecilia Zecchinelli Titolo: «Teheran, esce di scena Larijani negoziatore atomico «morbido»»
Dal CORRIERE della SERA del 21 ottobre 2007:
Difficile capire cosa sia successo davvero nelle stanze del potere a Teheran. Di certo, le dimissioni annunciate ieri dal capo negoziatore per il nucleare Ali Larijani sono state una sorpresa. E non di poco conto. A tre giorni dall'incontro previsto tra quest'ultimo e il capo della diplomazia europea Javier Solana a Roma, a poche settimane dalla probabile terza ondata di sanzioni Onu, mentre dagli Usa i segnali di attacco si intensificano e i Pasdaran dicono di avere migliaia di missili pronti per i nemici, l'uomo che più di ogni altro dal 2005 ha trattato con il mondo per conto della Repubblica Islamica se ne va. All'improvviso. «Larijani si è dimesso per motivi personali, lo aveva chiesto più volte, ora il presidente ha accettato. Ma ciò non significa un cambiamento di politica », ha precisato il portavoce del governo Gholam Hossein Elham, aggiungendo che «martedì l'incontro con Solana ci sarà, forse vi parteciperà anche Larijani, di sicuro Jalili». Ovvero il semisconosciuto 42enne viceministro degli Esteri con delega per gli Affari europei e americani, più inesperto e malleabile del predecessore ma più falco, certo molto vicino al presidente Mahmoud Ahmadinejad. Cosa che non è (più) vera per Larijani. Molti hanno infatti visto nell'uscita di scena di questo filosofo- matematico figlio e genero di ayatollah, già comandante della Guardia Rivoluzionaria e ministro del potentissimo Irshad (tv, media, censura), una vittoria di Ahmadinejad, un cedimento della Guida Suprema Ali Khamenei. Il presidente che nega l'Olocausto e rivendica il diritto al nucleare (pacifico, sostiene lui; militare, dubita il mondo e se ne dicono certi Usa e Israele) nel 2005 aveva nominato, in accordo con Khamenei, proprio Larijani a capo del Consiglio di sicurezza e quindi dei negoziati nucleari, in sostituzione del «troppo mite » Hassan Rowani. Da allora, il regime degli ayatollah aveva cambiato tattica: il processo di arricchimento dell'uranio era ripreso apertamente, l'Onu era per questo intervenuto due volte imponendo sanzioni, la Repubblica Islamica aveva sfidato il mondo. Ma Larijani, scelto allora perché falco, aveva poi mostrato anche il lato pragmatico, tentato di mantenere aperta la via diplomatica con l'Occidente, cercato di salvare — in sostanza — capra e cavoli. E si era scontrato, sulla linea ma ancor più sul potere dei rispettivi ruoli, con Ahmadinejad: martedì scorso, dopo la visita in Iran del presidente russo Vladimir Putin, Larijani era stato pubblicamente smentito e umiliato dal suo rivale. «Non è vero che Mosca ha un piano per uscire dall'impasse nucleare come ha dichiarato Larijani », aveva detto il presidente negazionista. Che nonostante sia sempre più impopolare tra le gente, continua a godere dell'appoggio di Khamenei, deciso a non dividere la leadership iraniana, a rispondere duramente al progressivo accerchiamento del Paese. Larijani, che forse tenterà l'elezione a deputato in marzo ma non quella a presidente nel 2009 (due anni fa era arrivato penosamente sesto), esce così di scena. Il dossier nucleare, su cui continua ad avere l'ultima parola la Guida Suprema, passa operativamente nelle mani di un fedelissimo del presidente, ovvero di lui stesso. Le consultazioni con Solana e Mohammad elBaradei, capo dell'Agenzia atomica dell'Onu, anche. I due presenteranno alle Nazioni Unite i loro rapporti in novembre, e su quella base verranno decise le nuove sanzioni, mentre Washington ribadisce di «non escludere» l'uso della forza. Un momento già molto delicato che la nuova svolta nelle stanze del potere di Teheran rende ancor più difficile. Ieri, mentre Larijani usciva di scena, il generale dei Pasdaran Mahmoud Chaharbaqi dichiarava: «Nel primo minuto di un'invasione, 11mila missili e cannoni spareranno contro le basi nemiche, e questo volume di fuoco continuerà». E dagli Stati Uniti, in serata, arrivava una nota di «ulteriore preoccupazione ». La situazione che tre giorni aveva fatto dire a Bush di «temere una terza guerra mondiale », da allora è peggiorata.
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