Le escluse Gemma Volli
Ibiskos Editrice Euro 20
Gemma Volli, scrittrice e storica ebrea, pubblicò nel 1938, presso l’editore Cappelli di Bologna “Le escluse”, raccolta di novelle subito ritirata per le leggi razziali. Ristampata ora da Ibiskos, offre uno spaccato della condizione femminile nell’Italia fascista e un buon esempio di letteratura di genere.
Il libro mette in scena donne nel passaggio fra giovinezza e maturità che, dilaniate fra aspirazioni e vincoli sociali e psicologici, non riescono ad affermarsi, accomunate dalla medesima condizione di vinte. Che scontano le proprie velleità emancipatorie con la condanna sociale, l’allontanamento, il suicidio. In una società “maschia” dei cui valori la donna deve restare custode e garante.
Ugo Volli, nella prefazione, individua nel testo un dualismo fra debolezza e forza. Ogni successo vi emerge quale frutto della “necessaria dose di insensibilità e disprezzo” e già la scelta dell’autrice di mettere in scena coloro su cui il sipario è perennemente calato, costituisce una provocazione in un clima di retorica e trionfalismo.
“Le escluse” sono donne sole, marginali già nel contesto familiare, la cui solitudine è il segno di un’inconsistenza sociale e psicologica, il marchio di una colpa, la condanna di chi non ha alternative. Unica forza la capacità di servire e sopportare, relegate in quella “gran folla delle inconsapevoli, delle inerti, delle rassegnate, il tipo di donna plasmato nei secoli per la soggezione”, di cui parla Sibilla Aleramo.
Che Gemma Volli conoscesse il mondo di quelle impiegate, maestre, sarte….che la vita rischia di sommergere, lo si rintraccia nella sua biografia. Nata in una famiglia borghese, la morte precoce del padre le fece venire meno la sicurezza. Il lavoro delle sorelle, la lotta per accedere all’Università, l’insegnamento per l’Italia e infine l’esclusione dalle scuole superiori per una legge fascista che riteneva le donne inadeguate a formare i giovani italiani, sono elementi di trazione verso quel mondo che pure non era il suo.
La differenza essenziale stava nel possesso della cultura. Segnata oltretutto dalla peculiarità di una storia e di un’appartenenza che pure nell’illusione di una comune italianità, andava a configurarsi come “altro”. Gemma, ebrea triestina, dedicandosi alla causa dei profughi ebrei che affluivano dalla Germania, diretti in Palestina, che lei stessa visitò nel 1935, aveva avvertito prima di altri la spinta omologatrice del nazionalismo fascista.
Insomma la radicalità della sua condizione di ebrea in un’Europa antisemita, procede di pari passo con l’incongruenza dell’essere donna in una società che si vuole “virile”. Doppia empasse che culmina nel 1938, con la pubblicazione del libro e la promulgazione delle leggi razziali.
Gemma Volli, dedicandosi poi in modo esclusivo alla storia dell’ebraismo, sembra abbandonare il tema del “femminile” in nome di una discriminazione più vasta. Oggi in cui i più elementari diritti della donna – alla vita, all’istruzione, alla libertà di scelta – sono di nuovo minacciati, esistono questioni più urgenti?
Le ideologie predicavano l’emancipazione dell’umanità a fondamento di quella femminile. Oggi sembra esattamente il contrario: solo la libertà della donna garantisce una società libera e democratica per tutti.
Silvia Golfera
Shalom