Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Per Veltroni la corsa al nucleare dell'Iran va fermata per Tony Blair il regime degli ayatollah ricorda il fascismo
Testata: Corriere della Sera Data: 20 ottobre 2007 Pagina: 1 Autore: Walter Veltroni - la redazione Titolo: «Fermare subito l'Iran - Blair: «L'Iran diffonde un Islam simile al fascismo degli anni 20»»
Dal CORRIERE della SERA del 20 ottobre 2007, un articolo di Walter Veltroni sulla minaccia iraniana e sulla proliferazione nucleare:
Caro Direttore, le notizie che arrivano dal mondo in questi ultimi giorni ci impongono di alzare la testa dalle nostre faccende domestiche per riflettere e costruire una risposta politica ai rischi crescenti di instabilità internazionale. Se guardiamo la carta geografica è impossibile non vedere come si moltiplichino i conflitti militari e politici che investono una vasta cintura del mondo che parte da Israele e Palestina, bloccati da uno stallo politico, prosegue in Iraq e Afghanistan — dove continuano i combattimenti — e in Iran dove cresce la tensione politica per la rincorsa atomica di Teheran, si allunga nel Pakistan del tragico e fallito attentato contro Benazir Bhutto, termina in quella lontana Birmania sulla quale troppo rapidamente sta calando l'attenzione internazionale. È in questo quadro che il presidente Putin ha annunciato l'altroieri un nuovo piano di sviluppo e di ammodernamento dei propri armamenti convenzionali e nucleari. Le minacce alla sicurezza internazionale negli ultimi anni sono cresciute ed hanno assunto forme nuove, sempre più difficili da contrastare poiché spesso centrate sul fattore etnico o religioso. Dopo anni di riduzione degli arsenali, le potenze di ieri sono tornate ad aumentare sensibilmente le spese militari: Pechino dichiara di voler modernizzare i propri armamenti, inclusi nuovi vettori balistici nucleari che preoccupano Taiwan; Washington sta lavorando a nuove micro-bombe atomiche capaci di scardinare i bunker sotterranei; Mosca ricomincia a far volare i propri bombardieri nucleari. Come se non bastasse, sull'altro fronte crescono gli Stati che, in violazione dei trattati di non proliferazione, reclamano il diritto di un proprio accesso alla risorsa atomica per scopi civili e militari, come insegna il caso iraniano e l'insidiosa sponda offerta recentemente da Mosca. Ma anche al di là dell'oceano, gli accordi di cooperazione nucleare fra gli Stati Uniti e l'India, patrocinati dall'amministrazione Bush, hanno accettato implicitamente la dotazione nucleare militare di Delhi, generando una risposta nel vicino Pakistan. La potenza militare sembra insomma tornare ad essere la misura del peso di un Paese negli equilibri regionali e mondiali, la minaccia di un suo uso non è più un tabù. E lo stesso rischio di proliferazione di armi nucleari o «sporche » in Paesi instabili o non democratici e l'ipotesi che gruppi terroristici possano entrare in possesso di quel tipo di arma pare uno scenario dimenticato dagli analisti. L'unica buona notizia in questo panorama preoccupante è stata la sospensione del programma nucleare nordcoreano che avrebbe innescato un terribile domino atomico anche nell'Asia del Nord-Est. Noi siamo convinti che le armi nucleari non solo non possano essere mai considerate un'opzione realistica ma che si debba riprendere un impegno per il loro progressivo smantellamento. Un Mediterraneo pacificato e un Medio Oriente denuclearizzato rappresentano il primo vero grande test per la comunità internazionale. In tal senso è necessario fermare con una decisa azione politica il programma nucleare iraniano e garantire condizioni di sicurezza a tutti gli attori della regione, a partire dallo Stato di Israele. Ma non ci nascondiamo che ci preoccupa come europei anche la tensione politica generata dalle dichiarazioni di Putin e dal progetto di scudo spaziale antimissile che Washington vuole installare in Repubblica Ceca e Polonia. È indispensabile, perciò, un'iniziativa italiana ed europea per fermare il rischio di un riarmo nucleare e convenzionale capace altrimenti di generare una seconda guerra fredda. E suona amaro e paradossale riflettere come l'orizzonte temporale del piano di riarmo russo indicato da Putin sia quel 2015 che le Nazioni Unite hanno indicato come traguardo consacrato al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. La proliferazione degli armamenti non solo alimenta nuovi conflitti ed aumenta l'insicurezza internazionale ma sottrae risorse decisive che dovrebbero invece essere destinate alla riduzione della povertà, allo sviluppo sostenibile del pianeta, al contrasto del cambiamento climatico. Siamo dunque davanti ad un drammatico bivio: la scelta della direzione da intraprendere dipende anche da noi.
Sempre dal CORRIERE della SERA (pagina 14)un articolo su alcune affermazioni di Tony Blair che ben colgono la natura della minaccia che un Iran nucleare rappresenterebbe. Tale minaccia deriva dall'ideologie fanatica che ispira il regime di Teheran e fa si che una bomba degli ayatollah sarebbe incomparabilmente più pericolosa, per esempio, della bomba indiana citata da Veltroni nel suo articolo.
Ecco il testo:
NEW YORK — L'Iran sostiene una versione militante dell'Islam, «un'ideologia mortale» simile al fascismo: premesso che «le analogie con il passato non sono accurate», l'ex premier britannico Tony Blair ( nella foto) non ha esitato a paragonare l'estremismo diffuso da Teheran nel mondo islamico al totalitarismo degli anni 20 e 30. «In Medio Oriente, vediamo che l'ideologia che guida l'estremismo e il terrore non si è esaurita», ha detto Blair nel suo primo importante discorso dalla fine del suo mandato. Nel sostenere che gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e i loro alleati rischiano di «essere costretti alla ritirata» se non mostreranno «maggiore determinazione e convinzione» nei loro valori comuni, l'inviato del Quartetto per il Medio Oriente ha affermato: «Le analogie con il passato non sono mai accurate e le analogie, specialmente con la nascita del fascismo, possono essere fuorvianti, ma, per quanto riguarda la mera cronologia, qualche volta mi chiedo se non siamo di nuovo negli anni 20 o 30».
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