Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Il Medio Oriente è una regione instabile, per colpa di Bush Vittorio Zucconi distorce la cronaca e non conosce la storia
Testata: La Repubblica Data: 18 ottobre 2007 Pagina: 1 Autore: Vittorio Zucconi Titolo: «INCUBI ALLA CASA BIANCA»
Vittorio Zucconisu La REPUBBLICA del 18 settembre 2007 si affretta a vedere nel voto del parlamento turco a favore di azioni militari nel Kurdistan iracheno il segno della disfatta americana in Medio Oriente. Una visione più equilibrata si può trovare a questo link.
Da parte nostra osserviamo che le tensioni in Medio Oriente non sono certo un effetto della risposta americana all'11 settembre, come cerca di farci credere Zucconi. Derivano dal peso dell'ideologia islamista, dal ruolo destabilizzante delle dittature, da conflitti etnici e religiosi secolari.
Ecco il testo:
La chimera del "nuovo secolo americano" che gli ideologi della dottrina Bush ci avevano promesso, si decompone e si sfascia attorno a un presidente smarrito e agitato che vede apririsi, proprio sul fronte centrale del progetto, l´Iraq, una spaventosa crisi con l´unica nazione musulmana democratica e alleata dell´Occidene, la Turchia. Non è più questione di guerre al terrore, di jihad, di estremismo islamista e di formule sull´islamofascismo: la decisione turca di prendersi mano militare libera per intervenire contro gli storici nemici curdi e sconfinare in quel troncone dell´ex Iraq ormai disfatto, è la durissima rivincita della realtà sulle fantasie ideologiche, il risveglio di uno di quei tanti demoni che gli apprendisti stregoni del «cambio di regime» avevano preferito ignorare e che ora ritornano puntuali a chiedere il conto dell´inettitudine e della miopia. La conferenza stampa che Bush ha convocato ieri, a sorpresa, poco prima di incontrare il Dalai Lama e aggiungere così anche la sempre permalosa Cina alla lista dei problemi, è stata tutta un tentativo ansimante di sbracciarsi a tamponare le falle che si stanno aprendo a est e a ovest, sui fronti asiatici e mediorientali, tra i quali ormai l´agonia dell´Iraq e le fanfaronate di «vittoria su al Qaeda» passano inosservate. Per ormai cinque anni, la Turchia ha portato pazienza, dopo avere tuttavia rifiutato di prestarsi a essere la rampa di lancio per l´invasione dell´Iraq, avendo intuito subito quali conseguenze per sé stessa avrebbe avuto la decomposizione del Paese vicino. I suoi militari, chiave di volta dello stato e barriera contro l´islamizzazione del Paese, hanno finto di ignorare la crescita ai proprio confini di un nuovo stato, di fatto un Kurdistan autonomo e protetto proprio dagli Stati Uniti, divenuto il faro di quel popolo curdo che da generazioni nutre il sogno della ribellione e di una propria entità statale attraverso almeno tre nazioni limitrofe. Bush ha un bel raccomandare adesso «moderazione» ad Ankara, e sconsigliare «azioni militari massicce» nel Kurdistan ex iracheno. La dinamica della storia etnica, dei genocidi, degli odi secolari di clan e popolazioni, è stata rimessa in moto dal «cambio di regime» organizzato senza pensare alle conseguenze. E dopo avere perduto l´Iraq abbandonato alla spartizione fra clan, ayatollah e sceicchi, ora Washington, e con essa l´Occidente, rischia di perdere anche la Turchia, che promette di negare le proprie basi alla Nato, della quale fa parte. Bush ci informa di essere in contatto con tutti i bracieri di crisi in un mondo che prevedibilmente rifiuta i semplicismi di «male» e «bene», di «libertà» contro «tirannide», così cari alla sua visione elementare. Ha parlato con il presidente turco, per tamponare questa che è la falla più grossa e minacciosa, e sta spingendo alle stelle anche il prezzo del petrolio, che ha in Kurdistan importanti giacimenti e pozzi. Ha promesso di chiedere spiegazioni a quell´«amico Putin», compagno di barbecue texani, che sta ricostruendo una politica di potenza imperiale neo zarista cacciando il dito nell´occhio proprio dell´«amico George», quando annuncia che l´Iran canaglia, l´Iran di Ahmadinejad, il negatore dell´Olocausto e di Israele, sarà d´ora in poi sotto il protettorato del Cremlino e degli altri stati del Caspio. È una sorta di dottrina Monroe in salsa russa che taglia le gambe ai progetti di attacco contro gli impianti nucleari iraniani e rilancia la posta di un blitz aereo, sullo stile di quello condotto da Israele in Siria (e che Bush rifiuta di commentare, approvare o condannare) alle stelle. «Se l´Iran diventasse una nazione nucleare, sarebbe la Terza Guerra Mondiale», vede e rilancia Bush, che ha capito come ormai sia la Russia, e non più l´Iran, il vero avversario. Potrà chiedere e ottenere spiegazioni da Putin, tornare a guardarlo negli occhi come fece in un famoso incontro nel Texas concludendo che «era un uomo del quale poteva fidarsi», ma se la Russia concede a Teheran la propria protezione, piegare Teheran a miti consigli diviene infinitamente più arduo. Il caso del Dalai Lama, l´inoffensivo profeta della pace premiato con la medaglia dal Congresso e brevemente incontrato da Bush con qualche imbarazzo, diventa quasi soltanto "colore", curiosità irritante di poche ora fra Cina e Usa, in un giorno nel quale il disastro politico dell´Iraq si metastatizza e si estende a una Turchia che sente, nella crescita dell´irredentismo curdo (ricordate Ocalan?) una minaccia fondamentale alla propria esistenza e alla propria autorità nazionale. Perdere definitivamente la Turchia, che già l´Unione Europea ha umiliato e offeso con il balletto grottesco dell´adesione promessa, negata, rimandata, sarebbe l´effetto più catastrofico di una strategia pur disastrosa, ma almeno contenuta finora nel mezzo insuccesso afgano e nella cronicizzazione della patologia irachena. L´Europa, il Medio Oriente, l´Asia Minore, si troverebbero a dover affrontare una Turchia esasperata e a sostenere contro di essa un proprio alleato, un Kurdistan cresciuto a cavallo dei confini turchi, rinchiuso dentro la regione e senza precisi limiti territoriali. Una sorta di seconda Palestina in Asia Minore, ma con il combustibile che alimenta le nostre economia sotto il proprio suolo e che dunque non si potrebbe ignorare, come questa Presidenza ha sostanzialmente ignorato la miserabile Palestina. Se a un anno dalla sua destituzione costituzionale George Bush deve telefonare a Mosca, a Pechino, ad Ankara, ai suoi generali e ambasciatori in quella capitale di sé stessa che è Bagdad, per tamponare le crepe, ed è costretto a parlare di possibile «Terza Guerra Mondiale», la sua inquietudine di fronte al mondo che lui stesso ha creato è ben giustificata, come lo è la nostra.