Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Chip nelle magliette Benetton per spiare l'Iran l'ultima folle accusa del regime
Testata: Corriere della Sera Data: 16 ottobre 2007 Pagina: 17 Autore: Cecilia Zecchinelli Titolo: ««Benetton spia l'Iran con i chip nelle magliette»»
Dal CORRIERe della SERA del 16 ottobre 2007:
Sembrava che la tempesta fosse passata. Che le recenti accuse dei duri al Parlamento iraniano contro il «sionista Benetton» e la sua moda «islamicamente scorretta» fossero già finite nel nulla. E invece, ecco un altro affondo. Con una nuova «imputazione » contro il gruppo di Ponzano Veneto che suona decisamente surreale. Spionaggio. Tramite golfini colorati. A dichiararsene convinto è stato Iran, quotidiano dell'ente radiotelevisivo di Stato, che ha diffuso un dossier sul gruppo veneto denunciandone le «malefatte». Con un editoriale che rivela come «molti dei prodotti venduti da Benetton contengano un chip che raccoglie informazioni e le trasmette a una centrale di raccolta dati. Le magliette e i pantaloni di quei negozi — afferma Iran senza alcun dubbio — sono in realtà strumenti di spionaggio». Poi la spiegazione: «I chip usano la tecnologia Rfid e trasmettono informazioni via onde radio ». Peccato che le etichette Rfid (Radio Frequency Identification) siano da tempo presenti nel commercio non come strumenti di spionaggio ma per gestire i magazzini. Peccato, soprattutto, che Benetton non le abbia mai usate. «Qualche anno fa avevamo in effetti annunciato che avremmo sostituito i codici a barre con queste etichette, allora ne parlavano tutti — dice il gruppo Benetton — Ma poi il passaggio è risultato più complicato e costoso di quanto si pensasse. Pochi le hanno adottate. Noi non siamo tra quelli ». Che i chip — diffusi nel mondo per i passaporti, gli abbonamenti ai trasporti pubblici, le librerie, gli allevamenti animali e altri fini — siano strumenti diabolici anti-Repubblica Islamica è difficile da credere. E ancora una volta si deve allargare lo sguardo al panorama politico iraniano. Perché il quotidiano Iran fa capo al governo di Amhmoud Ahmadinejad, su cui pende la richiesta di impeachment in Parlamento e soprattutto la crescente rabbia popolare, causa la politica economica disastrosa e (almeno tra l'élite) la stretta sui costumi. Già la prima bordata anti-Benetton, esplosa qualche settimana fa con le accuse in Parlamento di alcuni fedelissimi del presidente, era stata smascherata come parte della crociata di quest'ultimo contro i moderati. Soprattutto contro l'attuale sindaco di Teheran Mohammad Baqer Qalibaf, nemico di Ahmadinejad e «complice » degli italiani nell'aver loro concesso le licenze per aprire i negozi. Qalibaf aveva ovviamente negato («nessuna connivenza con Benetton, anzi ne abbiamo limitato l'espansione»), il ministero degli Esteri di Teheran aveva preso le distanze («il gruppo non figura nelle liste delle società sioniste »), perfino l'ambasciatore iraniano a Roma era sceso in campo («Luciano Benetton è un cristiano cattolico, né ebreo né sionista»). Tutto era finito nel nulla, con un'unica concessione del gruppo veneto ai duri: la sostituzione delle insegne in italiano nei negozi iraniani con cartelli scritti in farsi. Ora la nuova accusa: spionaggio via golfini. Ma perfino a Teheran, questa volta, nessuno ci crede.
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