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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
15.10.2007 I delatori italiani e la deportazione degli ebrei romani
un saggio di Frauke Wildvang

Testata: Corriere della Sera
Data: 15 ottobre 2007
Pagina: 35
Autore: Giovanni Belardelli
Titolo: «Gli ebrei e il nemico della porta accanto»

Dal CORRIERE della SERA del 15 ottobre 2007:

N on va attribuita unicamente ai tedeschi la responsabilità della deportazione di duemila ebrei romani nei campi di sterminio durante i mesi dell'occupazione della capitale. Dopo il rastrellamento del ghetto effettuato il 16 ottobre 1943, che provocò l'invio ad Auschwitz di circa mille ebrei, a Roma i nazisti non si impegnarono particolarmente nella persecuzione antisemita; anche perché, dopo lo sbarco alleato ad Anzio nel gennaio '44, la loro attenzione fu prevalentemente assorbita dalla situazione militare.
Dunque, se successivamente altri mille ebrei romani vennero deportati, questo avvenne anche, e forse soprattutto, perché erano stati denunciati o consegnati direttamente ai tedeschi da cittadini italiani: a volte poliziotti, a volte appartenenti a gruppi politico- criminali come la banda Koch, ma a volte anche persone comuni e perfino vicini di casa. Appunto a questa vicenda, a questi «nemici della porta accanto », è dedicato il saggio che Frauke Wildvang ha pubblicato sull'ultimo numero della rivista inglese «Modern Italy», nel quale ha utilizzato gli atti di inchieste e processi degli anni immediatamente successivi alla liberazione.
Probabilmente Wildvang parla con troppa leggerezza di «molti» romani coinvolti nella persecuzione antisemita, di «numerosi » abitanti della città che collaborarono alla caccia all'ebreo, di «parecchi» portieri che praticarono la delazione, compiendo così delle generalizzazioni che non sembrano sostenibili sulla base dei casi significativi, ma numericamente limitati, ai quali fa riferimento (ricostruiti grazie a una cinquantina di successivi procedimenti giudiziari). Ma il suo saggio presenta comunque uno spaccato di grande interesse dei «nemici italiani» degli ebrei di Roma.
Per quanto riguarda la prima categoria di questi «nemici», vale a dire la nostra polizia, Wildvang fornisce esempi di comportamenti individuali anche molto diversi. Si va dal caso del poliziotto che effettivamente finge di non riuscire a rintracciare gli ebrei che gli è stato ordinato di arrestare, a quello opposto di chi dà prova invece di eccesso di zelo: come Amerigo L., un giovane poliziotto che, non essendo riuscito a trovare presso la loro abitazione alcuni ebrei, ritorna alle quattro del mattino riuscendo così ad arrestarli. Probabilmente l'aiuto dei poliziotti si verificava soltanto se non c'era troppo rischio per loro. Indicativo il caso di Nicola S. e Giovanni C. che, il 2 febbraio 1944, salvarono le vite di molti ebrei che erano stati incaricati di arrestare fingendo di non averli trovati in casa. Lo stesso giorno, però, non riservarono eguale trattamento di favore a Paolo Tolentino giustificandosi poi, nell'inchiesta del dopoguerra, con la animata reazione di quest'ultimo che, attirando l'attenzione di molta gente, aveva reso pericoloso per loro lasciarlo andare. Proprio la difficoltà a tracciare un confine netto tra partecipazione alla caccia all'ebreo e comportamenti di effettivo aiuto fece sì che nel dopoguerra, almeno nei procedimenti esaminati da Wildvang, tutti i poliziotti indagati venissero prosciolti già in istruttoria.
Ben diverso il caso rappresentato dalla seconda categoria di «nemici italiani » degli ebrei di Roma, cioè gli appartenenti a gruppi politico-criminali fascisti come la banda della Pantera Nera, così chiamata dal soprannome di Celeste Di Porto, la giovane ebrea tristemente famosa per aver fatto arrestare molti suoi correligionari. Il comportamento della banda, sostanzialmente privo di motivazioni ideologiche antisemite, era finalizzato al puro e semplice arricchimento: se la delazione o la consegna ai tedeschi di un ebreo fruttava una ricompensa di 5.000 lire, altri introiti si ricavavano dal saccheggio della sua casa, dal ricatto (con la falsa promessa della libertà dietro pagamento di un riscatto) e anche dalla tortura, utilizzata per farsi svelare indirizzi e nascondigli di altri ebrei.
La ricompensa riconosciuta dai tedeschi per ogni ebreo denunciato fu una delle motivazioni principali anche per l'ultima categoria di «nemici italiani» dei quali parla Wildvang, l'unica, anzi, alla quale si applichi pienamente il titolo del suo saggio: The Enemy Next Door. Si trattava a volte di «nemici della porta accanto» in senso letterale, cioè di vicini di casa; comunque di persone già conosciute e con le quali poteva essere perfino esistito un rapporto di amicizia. Emma Tagliacozzo fu tradita dal vicino cui fiduciosamente aveva intestato, dopo le leggi razziali, la casa. I coniugi Sara e Nachmann Freiberg, ebrei polacchi, vennero denunciati dal loro padrone di casa romano, interessato alla ricompensa ma anche a impadronirsi dei loro pur miseri averi. Episodi, questi e altri riferiti da Wildvang, che gettano luce su un antisemitismo particolare, privo quasi completamente di motivazioni ideologiche ma non per questo meno sordido, animato dal desiderio di un facile guadagno e spesso da un sentimento di rivincita sociale a spese dei propri concittadini e, in qualche caso, dei propri amici, ebrei.

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