Da AGENZIA RADICALE un articolo del 10 ottobre 2007:
Sono passati 25 anni, ma il ricordo e il dolore sono indelebili per chi visse quella tragica esperienza. Domenica scorsa, quando il sindaco di Roma, Walter Veltroni, ha inaugurato la nuova intestazione della piazza, all'incrocio tra Via del Tempio e Via Catalana, a Stefano Gay Taché, il bimbo di due anni che quel giorno venne ucciso, molti erano visibilmente commossi.
Era sabato 9 ottobre del 1982, lo Sheminì Atzeret che chiude la festa di Sukkot (delle Capanne) e le famiglie, con i bambini che avevano appena ricevuto la benedizione che si dà loro appositamente durante questa celebrazione, stavano uscendo dalla Sinagoga centrale della capitale, quando una decina di attentatori lanciò prima quattro granate, una dopo l'altra, poi spararono con i mitra ad altezza d'uomo. Più di trenta furono i feriti, alcuni, gravissimi, passarono diverso tempo tra la vita e la morte e ancora oggi portano nel loro corpo le schegge di quelle bombe a frammentazione.
Le responsabilità di quella tragedia, però, non sono da ricercare soltanto nell'ambiente del terrorismo palestinese ed estremista, gli attentatori non avevano ricevuto aiuto solamente dalle organizzazioni islamiche o da quelle tedesche della Rote Arméé Fraktion.
Ricordano Riccardo Pacifici, portavoce della Comunità ebraica e il Rabbino Vittorio Della Rocca, che all'epoca in Italia si respirava un'aria pesante, i ministri, e perfino il Presidente Pertini, avevano manifestato più volte il loro astio nei confronti non solo di Israele e delle sue ragioni, ma anche verso il Sionismo e perfino verso gli ebrei, tanto che l'allora Capo dello Stato nel discorso di fine anno si rivolse ad essi chiedendo bruscamente: "Ma cosa vogliono questi ebrei?" Anche tra la gente comune era diffusa la totale indifferenza, tanto che, ricorda il rabbino capo Riccardo Di Segni, una signora che passava di lì in quei momenti, gridò "Ma io che c'entro?!", come se gli ebrei dovessero sempre entrarci (da qui il famoso scambio di battute "la colpa è sempre degli ebrei e dei ciclisti" "cosa c'entrano i ciclisti?" "e cosa c'entrano gli ebrei?").
L'unica eccezione era rappresentata dai Radicali di Pannella e Bonino e dai Repubblicani, con il loro leader Giovanni Spadolini che si rifiutarono di incontrare Arafat venuto a Roma proprio pochi giorni prima e accolto da tutti gli altri dirigenti, pontefice compreso, con tutti gli onori.
Ma il ricordo non deve paralizzare e l'altro giorno alla scoperta della targa c'era tanta gente, i genitori e il fratello del bimbo, i sopravvissuti, gli appartenenti alla comunità ebraica, ma anche giornalisti e cittadini sensibili. Perché, come ha ricordato il sindaco, "non c'è nessun romano più romano del piccolo Stefano e dei deportati del 16 ottobre 1943." E, sempre Pacifici, ha ricordato che l'atmosfera ora è cambiata, non c'è più quella tensione così palpabile e si è cominciato a capire anche le ragioni di Israele, mitigando quei forti pregiudizi che crearono l'humus che portò alla tragedia.
E, come fa notare il rabbino Di Segni, quello è un luogo, non solo di dolore, ma anche di gioia e il simbolo della vitalità della comunità più antica della Diaspora: mentre parla, si sentono i festeggiamenti per un matrimonio in atto ed egli ricorda che in quello slargo i bambini si ritrovano per giocare.
Ai discorsi è seguita la proiezione dei filmati dell'epoca: spezzoni di telegiornali e brevi approfondimenti o commemorazioni nei successivi anniversari. La sala della scuola era stracolma, molti hanno dovuto rinunciare e gli organizzatori hanno promesso che ripeteranno la visione.
A nome del bimbo rimasto ucciso è stato istituito anche il premio di
letteratura per ragazzi "Stefano Gay Tache' - l'amico dei bambini", arrivato
alla sua IV edizione, che prevede diverse sezioni, comprendendo, oltre a
racconti, anche film di animazione e audiovisivisi rivolti all'infanzia e
concernenti temi che abbiano come riferimento i valori di eguaglianza,
dialogo, convivenza pacifica, accettazione dell'altro. La giuria è composta
esclusivamente da bambini delle classi quarte di scuole elementari di Roma,
a cui il comitato scientifico affida i libri e filmati in concorso. Sono
quindi i bambini a visionare, giudicare e scegliere il migliore prodotto
secondo il lorogiudizio. Al vincitore di ogni categoria viene consegnato un
attestato e, come nella tradizione ebraica, sarà piantato un albero a suo
nome in Israele.
Ideato e promosso dall'associazione "Ebraismoedintorni", il premio viene
conferito dal Sindaco di Roma, insieme ai rappresentanti della comunità
ebraica e all'assessorato alla Cultura della Provincia.
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