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La Stampa Rassegna Stampa
10.10.2007 Mark Daily, caduto in Iraq.
era partito dopo aver letto un articolo di Christopher Hitchens

Testata: La Stampa
Data: 10 ottobre 2007
Pagina: 14
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «“L’ho mandato a morire in Iraq”»

Da La STAMPA del 10 ottobre 2007:

Abituato a sostenere polemiche dure a difesa dell’ateismo, fustigatore dopo l’11 settembre degli errori della sinistra da cui proviene, abile nell’affrontare arroventati duelli di idee sommando humor e capacità di graffiare, il giornalista angloamericano Christopher Hitchens si è trovato di fronte alla sfida intellettuale più difficile quando è venuto a sapere della morte a Mosul di un soldato di 23 anni che aveva scelto di andare in Iraq dopo aver letto un suo articolo a favore dell’intervento.
Hitchens, 58 anni, lo ha saputo grazie all’e-mail di un amico, che gli suggeriva la lettura di un articolo del «Los Angeles Times» in cui si spiegava quale fosse stato il motivo della partenza per l’Iraq del tenente Mark Daily, di Irvine in California. La prima reazione, come ha raccontato Hitchens in un articolo-confessione su «Vanity Fair», è stata nel sentirsi «congelare» per l’immane responsabilità avuta nella tragedia che ha colpito la famiglia. Poi ha avvicinato i parenti, mandando una timida e-mail nel timore di trovarsi di fronte a un muro di rabbia. Ma così non è stato. I genitori, Linda e John, il fratello, le due sorelle e la moglie, Janet, anziché respingere Hitchens addossandogli la colpa della morte - avvenuta per l’esplosione di un ordigno lasciato lungo la strada dalla guerriglia - gli hanno aperto le porte della famiglia, includendolo nel dolore collettivo come se fosse uno di loro, come se anche lui potesse in qualche maniera condividerlo, pur non avendo mai conosciuto Mark.
Il polemista di razza ha così cambiato pelle, entrando a piccoli passi nella vita del proprio lettore ucciso a Mosul, scoprendo che aveva avuto successo negli studi e avrebbe potuto intraprendere qualsiasi carriera ma scelse di andare in Iraq per affermare i valori morali nei quali credeva. Gli stessi valori che lo avevano portato in precedenza a battersi contro la crudeltà verso gli animali, a militare in difesa dell’ambiente e a duellare su MySpace con i neonazisti. Mark si considerava vicino ai democratici, aveva condiviso molti dubbi sulla guerra in Iraq e aveva confessato al padre tutto il disappunto per la «carenza di leadership» che aveva reso possibile gli abusi sui detenuti nel carcere di Abu Ghraib, ma tali idee non erano in conflitto con la necessità di «sostenere la legittimità universale dei governi rappresentativi e dei diritti individuali» scendendo in trincea «fra le code ai seggi elettorali in Iraq e il fanatismo religioso omicida» come scrisse lo stesso tenente sul proprio blog, aggiungendo un link agli articoli di Hitchens.
In una lettera alla famiglia dall’Iraq, il tenente Mark tornava sull'approccio morale al conflitto raccontando di aver sentito da un uomo curdo di Dahok un’affermazione che lo aveva colpito: «La differenza fra gli insorti e i soldati americani è che i primi vengono pagati per uccidere e i secondi per salvare vite umane».
Più il giornalista si è addentrato nella vita di Mark, più ha scoperto che tali valori morali non avevano alle spalle un retroterra conservatore ma l’esatto opposto, a cominciare da un padre che ai tempi della guerra in Vietnam aveva studiato un piano per scappare in Canada al fine di evitare il servizio di leva. «Se l’America riesce a produrre spontaneamente giovani uomini come Mark, è questa una garanzia di sicurezza nazionale assai migliore di quella basata sulla burocrazia» è il commento finale di Hitchens, che assieme alla famiglia ha poi partecipato a un funerale svoltosi proprio come il giovane soldato aveva chiesto al padre di fare, se mai ve ne fosse stata la necessità: a Neskowin, in Oregon, dove andava in villeggiatura da ragazzo, al suono delle zampogne irlandesi e con le proprie ceneri disperse da parte dei famigliari e di Hitchens, lo scrittore che aveva seguito scegliendo di andare in Iraq per difendere le libertà del prossimo.

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