Libello di sangue in prima serata: l’affaire al-Doura tra le quinte
Come chiunque si sia sintonizzato il 30 settembre 2000 sull’allora Antenne 2 – oggi France 2 – al tg delle 20:00, anch’io sono rimasta choccata dall’immediato scoop sulla presunta – ma spacciata tale - uccisione del ragazzino al-Doura (o al-Dura). Registravo tutto su Israele come continuo a fare oggi, perciò ero già pronta con il videocomando. La scena era talmente “attraente” (in senso letterale) che non ne ho perso un istante visivo e per questo ho notato – confermato dalla registrazione - che prima del rumore di due spari, la camera dell’operatore era sobbalzata. La sensazione era che chi sparava, sparava frontalmente contro padre e figlio e…del tutto vicino al cameraman. Poi ho saputo che si trattava di un operatore palestinese sulla busta paga di Antenne 2. D’altronde, tutta la cosiddetta seconda intifada si è narrata grazie alle “pizze” e rapporti palestinesi che venivano venduti senza controllo ai rappresentanti dei media internazionali, comodamente adagiati ai bordi della piscina o seduti al bar del bellissimo American Colony Hotel di Gerusalemme. In una missione di solidarietà in Israele due mesi dopo, venivamo informati in un briefing dell’esercito, sulle astuzie della propaganda palestinese e di come i media internazionali ottenevano le informazioni. Solo France Press – grazie ai rapporti privilegiati con la Francia e vedremo perché – aveva il pass per entrare nei territori palestinesi. Ma di tale pass si effigiavano solo gli operatori palestinesi ben pagati. Una manna per gli inviati internazionali che si sono fatti le loro vacanze-“lavoro”, cinicamente promuovendo la propaganda stragista palestinese. Quando Arafat permise ai giornalisti stranieri, sotto regole precise, di entrare nei territori, si ebbero le prime notizie – non troppo divulgate – di alcuni sequestri ed espulsioni. Pochi onesti e coraggiosi giornalisti. Il campione del giornalismo più pavido è nostro e si chiama Cristiano: le sue scuse inopportune e pubblicate da un quotidiano palestinese hanno messo in pericolo i suoi stessi colleghi e chi ha filmato il linciaggio di Ramallah. Ma hanno anche chiarito quali erano i rapporti di gran parte dei media con Arafat.
Il filmato di 50 secondi sulla presunta morte di al-Doura, offerto gratuitamente a chiunque ne facesse richiesta, è la seconda versione estratta dall’allora direttore in Israele di Antenne 2 Charles Enderlin, dai 27 minuti del filmato originale in cui pure non si vedono né la morte, né una goccia di sangue sul ragazzo al-Doura o sul padre. Nessuna ambulanza accorre e si saprà che nessuna autopsia è stata fatta. In compenso, quei 50 secondi hanno estremizzato le piazze islamiche, l’antisemitismo e l’odio contro Israele in Europa, e particolarmente tra i musulmani in Francia. Certamente, il primo grave errore è stato fatto da parte israeliana, nell’ammettere subito la possibilità di una responsabilità per tale incidente – un conflitto a fuoco - prima ancora di aver avviato l’inchiesta.
Il primo ottobre, all’indomani della trasmissione mondiale del filmato, le masse arabe – ed anche arabo-israeliane – manifestavano, marciando ed urlando, il loro odio contro Israele e gli ebrei. L’Egitto dedicava immediatamente la strada, dove ha sede l’Ambasciata di Israele al Cairo, alla memoria di al-Doura, creando maggiori rischi alla vita dei funzionari e del personale. Il 12 ottobre, venivano linciati al posto di polizia e poi dalla folla, i due riservisti israeliani che si erano persi a Ramallah, nel nome di al-Doura. Al-Qaeda si impossessava del mito al-Doura e gli assassini di Daniel Pearl hanno registrato un video della sua decapitazione intercalando la “morte” di al-Doura. Ancora oggi, i palestinesi incitano i bambini al martirio nel nome di al-Doura rappresentato felice ed invitante in paradiso.
I pochi che hanno avuto il permesso di vedere l’intero filmato hanno dichiarato che era impossibile concludere che il ragazzo fosse stato ucciso, perché ha alzato la testa e si è appoggiato sui gomiti dopo che avrebbe dovuto essere “colpito”. Organizzazioni mediatiche di tutto rispetto come The Wall Street Journal, CBS News, Atlantic Monthly e Commentary magazine hanno pubblicato indagini dettagliate che concludono tutte sulla manipolazione del filmato o semplicemente sulla trasmissione di un fatto inesistente. Altrettanto ha dimostrato l’emittente tedesca che ha trasmesso l’intero filmato.
Il coraggioso direttore di Media Ratings, Karsenty, ha denunciato la direttrice di Antenne 2 e Charles Enderlin, ma al processo è stato condannato – non perché le tante prove e i testimoni a carico non fossero validi – ma perché aveva accusato Enderlin di aver manipolato apposta il filmato. Israele non si è mosso, nemmeno richiedendo l’intero filmato. Nemmeno Antenne 2, ormai France 2, si è mossa, né ha presenziato al processo. Non ha portato alcun testimone.
Semplicemente, ha presentato una lettera di sostegno a France 2 dell’allora Presidente Jacques Chirac. !!!
Si spiega allora, con il cambiamento di presidenza e di governo in Francia, che per l’Appello del 14 novembre, si sia reso visibile l’IDF (l’esercito di Israele) che ha richiesto ufficialmente copia dell’intero filmato. Di seguito, Shurat Din, la ONG di supporto all’Alta Corte di Giustizia israeliana, ha decretato che il filmato è un falso. Ora ci aspettiamo che la verità abbia la stessa eco che, nel distruttivo, ha avuto la più grave manipolazione dei media ad oggi.
Danielle Sussmann