Intervista a Yossi Beilin il politico israeliano che dopo il fallimento del processo di pace di Oslo ha trattato a Ginevra una pace virtuale
Testata: Il Foglio Data: 03 ottobre 2007 Pagina: 2 Autore: Rolla Scolari Titolo: «Il liberal israeliano Beilin ci dice perché appoggia il rivale Olmert»
Dal FOGLIO del 3 ottobre 2007, un'intervista di Rolla Scolari a Yossi Beilin, politico israeliano autore delle più strampalate iniziative degli ultimi anni: dopo il fallimento al vertice di Camp David del processo di pace di Oslo era approdato all'accordo, privato, di Ginevra.
Ecco il testo:
Gerusalemme. Il rais palestinese, Abu Mazen, e il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, s’incontrano oggi a Gerusalemme, e sarà uno dei tanti incontri (in poche settimane) organizzati in vista della conferenza voluta da George W. Bush a novembre, forse il 15, ad Annapolis, in Maryland. Il quotidiano israeliano Maariv parla di una “maratona di negoziati” tra palestinesi e israeliani nel tentativo di formulare un documento da presentare al summit. Intanto, il rais palestinese ha incontrato il presidente egiziano Hosni Mubarak e il re giordano Abdallah, per coordinarsi con loro. Sembra esserci, finora, molto meno di un accordo tra la parte araba e quella israeliana: Abu Mazen vorrebbe che la conferenza trattasse questioni centrali come Gerusalemme, i confini, i rifugiati. Intervistato dal Washington Post e da Asharq el Awsat, il rais ha concesso aperture sul nodo dei rifugiati, dicendo che è suo diritto tornare alla sua casa in Galilea, ma “come userò questo diritto dipende da me, dagli altri rifugiati e dal tipo di accordo che ci sarà”. Dal canto suo, invece, Olmert tenta di abbassare le aspettative. “C’è un’opportunità e sarebbe un errore non cercare il massimo ma accontentarsi di una dichiarazione – dice al Foglio Yossi Beilin, leader del partito israeliano di sinistra Meretz – Potremmo rimpiangere in futuro di non aver cercato un accordo completo”. Beilin ha esperienza di negoziati, avendo iniziato i colloqui che portarono a Oslo, nel 1993; essendo stato il protagonista di incontri segreti, nel 1995, con l’allora vice rais Abu Mazen, risultati nella stesura di un documento. Oggi teme che il fallimento del summit possa portare a nuove violenze, come accadde nel 2000, dopo Camp David, con lo scoppio della seconda Intifada. Beilin è la sinistra dura e pura d’Israele. Olmert, con un lungo passato nella destra del Likud, non è certo un politico cui si sente vicino. Nonostante ciò, oggi appoggia il suo operato. “Non lo conosco come negoziatore. E’ certo cambiato. E’ più pragmatico. Voto contro di lui ogni volta alla Knesset, ma è lì, e io spingo per la pace, ora”. Tzipi Livni, ministro degli Esteri, ha parlato lunedì all’Assemblea generale della Nazioni Unite in favore di concessioni territoriali. In Israele, il timore è che nuovi disimpegni dai Territori possano creare in Cisgiordania una nuova Gaza. Beilin sa che non ci saranno più ritiri unilaterali e insiste: “Non possiamo ignorare Hamas. Dobbiamo negoziare indirettamente un cessate il fuoco affinché loro non interferiscano con la conferenza”. Eppure, persino Abu Mazen è contrario al dialogo: Hamas deve prima fare un passo indietro, “ritirarsi” dal golpe di giugno, ha detto il presidente al Washington Post. Beilin conosce bene Abu Mazen, per averci passato lungo tempo. Nonostante la sua debolezza politica, lo considera “una persona unica perché impegnata per la pace, perché non gli piace il potere. Vuole un accordo, altrimenti si metterà da parte”. Il rais palestinese è stato chiaro: “Questa è l’ultima opportunità per la pace, almeno per quanto mi riguarda”. Se la conferenza fallisce, ha detto, non mi presenterò alle prossime elezioni. Se Abu Mazen uscisse di scena, si imporrebbe la questione della successione. In Israele si dibatte da mesi sulla necessità di liberare Marwan Barghouti, leader di Fatah nella seconda Intifada. “Dal giorno della sua incarcerazione sostengo che arrestarlo sia stato uno sbaglio – dice Beilin – E’ un leader politico che ha fatto errori, ha innescato la seconda Intifada, ma è pur sempre un leader e può rimpiazzare Abu Mazen. La sua prigionia è artificiale. Sono sicuro che ci sia una possibilità per il suo rilascio, ho sentito molti ministri pronunciarsi a favore”
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