Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Trenta soldatesse israeliane rifiutano di andare a Zikim, base militare bersaglio dei kassam sostenute dai genitori, alla fine prevale il dovere
Testata: Corriere della Sera Data: 02 ottobre 2007 Pagina: 14 Autore: Viviana Mazza Titolo: «Israele, le soldatesse ribelli «Non faremo da bersaglio»»
Viviana Mazza sposa apertamente, nella sua cronaca pubblicata dal CORRIERE della SERA il 2 ottobre 2007, la tesi dei genitori delle soldatesse israeliane che non vogliono svolgere il loro servizio militare nella base di Zikim, bersaglio dei razzi kassam. I genitori accusano l'esercito di non fare abbastanza per proteggere le reclute, chiedono la fortificazione delle base. Nulla di male se una giornalista prende a cuore queste richieste, ma che un abbandono della base"sarebbe una vittoria per i terroristi e danneggerebbe la capacità di deterrenza dell'esercito" è chiaramente un fatto, non un modo di "presentare" la situazione, come vorrebbe la Mazza.
Si deve anche ricordare che se obiettivi militari e civili di Israele continuano ade essere minacciati dai kassam lo si deve all'estrema moderazione delle reazioni israeliane ai continui attacchi da Gaza.
Ecco il testo:
GERUSALEMME — Nelle loro uniformi nuove nuove, 30 ragazze israeliane, diciottenni o poco più, stanno in piedi in formazione al punto di raduno di Ashkelon, città israeliana a nord di Gaza. Arriva il caporale. «Plotone numero 4 sull'attenti. Avete mezzo minuto, prendete le borse e salite sull'autobus. Muoversi». Destinazione Zikim, una base dell'esercito israeliano situata più a sud, a meno di 2 chilometri da Gaza. Ma le soldatesse rimangono immobili, alcune si siedono per terra sotto il sole. Dal piccolo gruppo di genitori rimasti in loro appoggio, spunta un cartello che dice: «Il sangue delle nostre figlie non è sacrificabile ». «Ammutinamento», titolava ieri il quotidiano Yedioth Ahronoth. Le ragazze, spalleggiate dai genitori, non avevano alcuna intenzione di andare a Zikim, dopo che l'11 settembre scorso un razzo Qassam, lanciato dalla Striscia di Gaza nella notte, ha ferito 69 soldati israeliani, uno dei quali ha perso una gamba. Colpa del Qassam, ma i soldati erano vulnerabili, dormivano accampati in tende, senza nessuna vera protezione. «O fortificate la base, oppure non verranno», ha detto chiaro e tondo al caporale uno dei papà delle ragazze, Yossi Altman. Alla fine, però, dopo un sit-in di quattro ore, dietro minaccia di finire in prigione, le reclute sono salite sull' autobus. Sono delle novelline: hanno cominciato a settembre la leva, che in Israele è obbligatoria, ma per le donne dura di solito 1-2 anni (per gli uomini 2 o 3) e non le vede impegnate in combattimento. A`Zikim, una base per reclute non destinate a combattere, dove si passano solo poche settimane della leva, le ragazze avevano fatto già una settimana di addestramento. Poi erano andate a casa in vacanza per la festa del Sukkot. Ieri dovevano tornarci. Ma avevano altri piani. «Ragazze, non importa cosa succede — le incitava Neta Altman —, nessuno salirà su quell'autobus ». I giovani ufficiali e comandanti incaricati di portarle a Zikim non sanno cosa fare. Cercano di convincerle con le buone: «Che è successo, ragazze? E allora? È caduto un Qassam e questo è tutto. Non è successo niente». Poi con le cattive: «Avete due scelte: salite oppure finite tutte in prigione». «Non dica che un Qassam è una sciocchezza — grida Shira Deizi —. Uccide la gente e fa paura. Non mi sento sicura alla base». Alla fine è stato necessario l'intervento del colonnello Dror in persona, giunto appositamente da Zikim. A bassa voce, scrive Yedioth, ha detto alle reclute che se non salivano a bordo avrebbero dovuto affrontarne le conseguenze. Dopo altre tre ore di discussioni e litigi, hanno desistito. Ma i genitori promettono guerra. Anche nelle famiglie dei ragazzi feriti a settembre c'è chi ha dichiarato di considerare l'esercito responsabile di non aver prevenuto l'incidente. La replica è stata un'assicurazione che è in corso un «processo accelerato» per mettere a punto fortificazioni adeguate contro i Qassam a Zikim. Questione di poche settimane. Intanto, hanno ribadito gli ufficiali l'altro ieri: «L'esercito non è un asilo nido. I genitori hanno oltrepassato ogni limite. Non lasceremo che siano loro a dirigere l'esercito». Hanno presentato Zikim come un baluardo della difesa di Israele: «Se noi abbandonassimo la base, sarebbe una vittoria per i terroristi e danneggerebbe la capacità di deterrenza dell'esercito». Ma le mamme e i papà non si sono convinti.
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