Riflessione sull’analisi della Columbia U. di Giorgio Israel 01/10/2007
Premetto che sono del tutto allineata al sentire di Giorgio, di IC, come della maggior parte dei lettori di Informazione Corretta. Tuttavia, talvolta, riscontro delle forzature che non aiutano a centrare un’analisi equilibrata e provocano reazioni antisraeliane o antisemite. Ad esempio, riflettendo sull’analisi di Giorgio, mi chiedo se ha scritto per IC, per il Foglio, o per il suo sito. E, se, in una discussione privata, sosterrebbe le stesse opinioni scritte nella sua analisi. Un’altra premessa: ho entrambe le trascrizioni sugli incontri di Ahmadinejad. (videoconferenza con l’US National Press Club e Columbia University). Leggo gli interventi di Dershowitz – e se li condivido, altrettanto ne rilevo le opinioni spesso eccessivamente trancianti – e sappiamo che è un polemista, oltre che avvocato e tra le migliori voci di difesa di Israele. Nella realtà americana, un Dershowitz ha tante voci d’appoggio. La realtà americana, quella francese ed ovviamente, quella israeliana, hanno in comune la forza numerica di una presenza intellettuale ebraica tra le più alte e valide. Ma hanno anche in comune il vivere in Stati dai valori democratici unici rispetto a tutte le altre nazioni. Anche quando governano poteri antisraeliani, lo sono più all’apparenza che nella sostanza. Non si spiegherebbero altrimenti il dare valore a tanti nomi dell’ebraismo francese, di cui in Italia, conosciamo solo i tre o quattro più famosi: Glucksmann, BHL, Finkielkraut e Klarsfeld. BHL, ossia Bernard Henry Levy, talvolta delude per il suo smaccato personalismo che pende a sinistra o a destra a seconda del vento. Ma è autore, se ben ricordate, di uno stupendo articolo sull’esercito israeliano all’inizio della seconda guerra in Libano, l’estate scorsa. In Italia, abbiamo di valore paritario: Giorgio Israel, Giorgio Israel e Giorgio Israel. Ovviamente, mi riferisco a chi si presta al giornalismo, non essendo nato giornalista, perché allora la lista sarebbe…di poco più lunga ad accompagnare Giorgio Israel. E poi? Sì, abbiamo l’ottimo Riccardo Pacifici che ha imparato l’arte di trascinare ogni auditorio. L’ottimo Rabbino Di Segni. Ma, l’ebraismo italiano si colloca nella sua maggior espressione nell’establishment di sinistra. Vive ancora l’atavico compromesso con il potere preponderante. Da persone splendide e d’onore come Tullia Zevi e Amos Luzzatto. Perché la realtà della politica italiana chiede, pretende, gli estremi. E per questa ragione, devo credere che Giorgio abbia scelto la strada di Dershowitz anziché la sua abituale freddezza analitica nel riferire dell’incontro alla Columbia University. Nei modi in cui ho letto sulla stampa italiana dell’invito di Ahmadinejad alla Columbia University, anch’io sono rimasta disgustata. Ma se questo invito non ci fosse stato, oltre alla videoconferenza con l’US National Press Club, non mi sarei resa conto – realmente – di chi fosse Ahmadinejad. E devono averla pensata in tanti come me, se il presidente dell’Iran lancia anatemi su come è stato trattato. Un conto è conoscere il suo iter propagandistico. Un conto è essere realmente consci della minaccia che rappresenta – e gli Ayatollah, TUTTI no? – un altro conto è: 1) toccare con mano la serenità (o faccia tosta) con cui si è presentato ai due appuntamenti "privati"; 2) la serena astuzia nel toccare le corde di una parte della Columbia U.; la capacità di questi burattinai di morte ad ottenere crediti da parte di metà almeno del nostro Globo. Devo ancora leggere il libro di Ibn Warraq che demolisce "l’orientalismo" di Edward Said. Ho letto solo uno stralcio in un articolo di mesi fa, quando veniva anticipata l’uscita del volume. So perfettamente come Giorgio, i danni fatti da Said nell’inculcare il vittimismo arabo ed islamico in schiere di arabi e musulmani e…peggio, nei radical chic, e meno chic, terzomondisti. Fra loro, anche insigni ebrei ed israeliani. Che, senza questa vena, sarebbero rimasti sconosciuti, ad eccezione di Noam Chomsky che evidentemente ama il denaro più di sé stesso. Dei Beilin e degli intellettuali che hanno firmato una petizione per un dialogo con Hamas…sappiamo che sono coccolati solo in Italia e dai Liberal americani, cioè i seguaci di Jimmy Carter. So che tutto quanto ha esposto di negativo sulla Columbia U., Giorgio Israel, è vero ad oggi. Proprio perché accusata di essere terzomondista, proprio perché nell’occhio del ciclone, credo che stia iniziando a cambiare corso. Forse perché non ha più nemmeno quei finanziamenti di ricerca che ogni università americana anela come vitale, essendosi immarcescita a senso unico. E poi…da quando è rettore Bollinger? Sta di fatto che anche se mi suona come un’eresia la dichiarazione del Dean (anziano) dell’Università, per cui in nome della democrazia avrebbe anche invitato Hitler, non posso che pensare che se quel dittatore fosse stato invitato a parlare, forse l’Europa si sarebbe evitata la sua peggiore tragedia. Il Dean, John Coatsworth, è stato il moderatore dell’incontro con Ahmadinejad. Applauditissimo, non ha risparmiato al presidente iraniano le critiche sulle sue "folli" necessità a voler approfondire la Shoah. Ahmadinejad ha svicolato da alcune domande, malgrado l’insistenza di Coatsworth, e Bollinger – il rettore di cui apprezzo proprio per questo l’intervento iniziale – ha chiuso l’incontro, ringraziando il presidente iraniano per la sua partecipazione, pur "se non aveva risposto ad alcune domande". Io darei molto più seguito mediatico a questo incontro, perché quella che sembrava una vergognosa sconfitta, si è rivelata una vittoria. Sarei stata d’accordo con Giorgio nel non apprezzare, da solo, il discorso iniziale del rettore Bollinger. La risposta di Ahmadinejad sembrava ridicolizzare tale intervento. In definitiva, gli offriva il pretesto per dichiararsi insultato. Ma! 1) Se ti offro – a te dittatore - la libertà di parlare, di espressione, anche tu me la devi! Questo è il succo. 2) Ahmadinejad è franato sulle domande specifiche. Ad esempio, sulla distruzione di Israele, ha ribadito con la questione palestinese. Ecc. ecc. Per astutamente amabile che sia stato, per quanto si sentisse un divo, Ahmadinejad si è ben reso conto – dopo – di aver fallito e di aver offerto un pietoso ed insufficiente apporto alle sue cause e all’Iran. In definitiva, si è dimostrato un deficiente al potere. Ed evidenziare questo, secondo me, è più importante che demonizzarlo. Ahmadinejad è stato annientato malgrado quella claque a suo favore. Tra gli 800 studenti, ci sono state risate e booohh alle sue affermazioni. Io credo che non sia stato capito sufficientemente, che questa volta, la Columbia abbia preparato una trappola al nanetto baffuto iraniano, sicuro di entrare in una prestigiosa "casa amica" con risonanza mediatica. E le conseguenze si stanno appena evidenziando. All’amico Giorgio chiedo di spazzare via le giuste indignazioni per un’università da decenni Liberal nel senso peggiore della faziosità. Un po’ come l’Università di Perugia. Però, su questa, devo dirgli che solo quando – ad un convegno ad Assisi nel 95 – ha parlato l’ottimo ambasciatore (oggi) presso la Santa Sede, Ben Hur – ho visto tutti gli studenti di una grande sala gremita, accendere i loro registratori portatili. Non l’hanno fatto con il precedente oratore palestinese. In Italia, ogni questione viene posta in antitesi. La menzogna si nutre beatamente dell’indignazione. La verità basta da sola a smontare menzogne e poteri. Ce la offrono su un piatto di platino.