MILANO — Alla Magni Gyro, l'azienda di Besnate (vicino a Varese) che produce piccoli elicotteri a uno o due posti, si era presentato spiegando che forse poteva piazzare qualche modello in Paesi del Medio Oriente. Ma Saber Fadhil Hussien, iracheno, in Italia dal 1982, non voleva fare il rappresentante. La Procura di Venezia, che ha indagato su di lui dalla fine del 2006, è convinta che fosse il capo della colonna veneta di Al Qaeda. Ormai pronta a entrare in azione non in Italia, ma in Iraq. Per questo, ieri, Hussien è stato arrestato all'aeroporto «Marco Polo» di Venezia, prima di decollare per Bucarest e da lì raggiungere la Siria. ATTENTATI — L'accusa, pesantissima, è di «associazione con finalità di terrorismo internazionale». A Damasco, secondo gli inquirenti, avrebbe dovuto incontrare altri membri di un gruppo iracheno vicino ad Al Qaeda considerato responsabile di sequestri di persona, omicidi e attentati contro militari e civili. E stavolta anche Hussien voleva entrare in azione, sostengono gli investigatori coordinati dal pm Alessia Tavernesi: aveva già comprato i lanciarazzi e arruolato i kamikaze, gli mancavano i velivoli, ma pare fosse pronto a spendere tra i 20 e i 50 mila euro per ogni mini-elicottero. Con quelli avrebbe pianificato attacchi aerei contro gli eserciti internazionali che combattono in Iraq e contro le tribù che si oppongono ad Al Qaeda. Il presunto terrorista, che in base a quanto accertato dal Ros dei carabinieri aveva un paio di soprannomi — «il califfo» e «il colonnello» — e otto alias, viveva a Padova con la moglie, due figli di 2 e 5 anni, e un fratello. Ma lavorava a Marghera, dove aveva aperto un locale di pizza e kebab. I carabinieri hanno cominciato a interessarsi a lui perché il suo numero di telefono si incrociava con quelli di persone ritenute organiche alla rete del terrorismo di matrice islamica. A quel punto sono scattate le intercettazioni, i controlli sul computer, i pedinamenti. Tra le altre cose i carabinieri hanno scoperto che Saber Fadhil Hussein aveva imparato tecniche di pilotaggio per mini velivoli: apparecchi piccoli e maneggevoli, in grado di trasportare carichi fino a 250 chili e di volare a bassa quota per sfuggire ai radar. I SOLDI — «Hussien — ha spiegato ieri il procuratore di Venezia Vittorio Borraccetti — curava gli aspetti pianificatori, logistici e finanziari, spedendo dai 3.000 ai 4.000 euro al mese a suoi uomini in Iraq, che li usavano per reclutare kamikaze e acquistare armi. Queste informazioni e tutto il materiale che abbiamo raccolto verrà messo a disposizione nel circuito internazionale a favore della lotta al terrorismo ». Secondo i carabinieri del Ros, infatti, Hussien era costantemente in contatto con persone che lo aggiornavano sull'esito di attentati in territorio iracheno. Dopo il suo arresto, in Veneto sono scattate almeno quattro perquisizioni a Conegliano (Treviso), Padova, Marghera e Mestre (Venezia), e un altro cittadino iracheno è stato iscritto nel registro degli indagati.
Ecco l'analisi di Guido Olimpio:
Kamikaze in deltaplano, i raid dagli anni 80
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WASHINGTON — I qaedisti idolatrano la «sorpresa» militare. Il colpo di mano che nessuno si aspetta. Dunque organizzare un attacco con ultraleggeri, alianti e altre «macchine volanti» rientra in questo schema operativo. Già usato da altri militanti in Medio Oriente. Diverse formazioni palestinesi, alla fine degli anni 80, si dotano di alianti per colpire Israele. A fare da esploratore è Abu Abbas, il regista del sequestro della Achille Lauro poi morto in Iraq. I feddayn del Fronte popolare cercano di infiltrarsi con mongolfiere e deltaplani. Una serie di attacchi però neutralizzati dalla difesa israeliana. Ha invece successo, nel novembre del 1987, il raid lanciato dal gruppo di Ahmed Jibril. Usando un deltaplano, l'estremista piomba nel mezzo di una base israeliana a Kiriyat Shmona, al confine con il Libano. La sorpresa tra i soldati è totale. Il palestinese ne uccide sei e ne ferisce molti altri prima di essere fermato dal fuoco dei militari. Fallisce invece l'azione di un complice abbattuto sulla frontiera. L'assalto — passato alla storia come «Operazione Qoubaya» — darà una scossa alla piazza palestinese che si lancerà nella prima intifada. Il successo dell'incursione spinge gli uomini di Abu Nidal e di altre organizzazioni a dotarsi di mezzi aerei. Con l'aiuto di mediatori insospettabili, gli estremisti acquistano alianti e deltaplani in Europa. Piccole società in Francia, Gran Bretagna, Germania e forse Italia vendono i velivoli, alcuni modificati per rendere meno rumoroso il motore. I mini-aerei diventano quasi uno status symbol per i guerriglieri: facili da guidare, sfuggono ai controlli, si possono trasportare smontati. La tradizione è proseguita più di recente con gli Hezbollah libanesi. Assistiti dai pasdaran iraniani hanno creato piccole basi d'addestramento. I mezzi subiscono delle modifiche per poter agganciare degli ordigni da far detonare una volta toccato terra. Il testimone passa quindi ai miliziani di Hamas — che tentano di costruire aerei radiocomandati riempiti d'esplosivo — e ai ribelli iracheni. Per superare ostacoli tecnici si affidano a Internet: in alcuni siti islamisti si trovano informazioni e si scambiano consigli sull'uso degli ultraleggeri. Non solo. Rivolgendosi a qualche centro di volo amatoriale, gli aspiranti Icaro del terrore possono cercare di seguire corsi in vista della prossima «sorpresa ».
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