Combattiamo la xenofobia, ma non ignoriamo la realtà come fa Sergio Romano
Testata: Corriere della Sera Data: 28 settembre 2007 Pagina: 51 Autore: Sergio Romano Titolo: ««Io Khalida El Khatir, studentessa musulmana»»
E' noto cosa sia l'Ucoii. Opporsi a che questa organizzazione fondamentalista siano consegnate nuove moschee non è dunque un segno di paure irrazionali o di xenofobia. Tali fenomeni sono senz'altro possibili e presenti in Italia, ma non possono essere combattuti ignorando i rischi che nelle moschee si diffondano messaggi di odio e di incitamento alla violenza. Come fa Sergio Romano sul CORRIERE della SERA del 28 novembre 2007, rispondendo a una lettrice. Emblematica la sua proposta di affidare la formazione degli imam italiani congiutamente a un'università italiana e, per esempio, all'Università Al Azhar del Cairo, dalla quale, guarda caso, provengono chiare giustificazioni giuridico-religiose del terrorismo antisraeliano.
Ecco il testo:
Sono musulmana, ho 22 anni e sono una studentessa universitaria. Ho deciso di scrivere questa lettera, perché solo in questo modo posso sfogare la mia rabbia e il senso di ingiustizia che sento nei miei confronti e nei confronti di migliaia di cittadini musulmani che vivono in questo Paese. Da diversi giorni, oltre al V-day di Beppe Grillo, quasi tutti i giornali sono interessati al dibattito: moschee sì, moschee no. Questo dilemma è nato dopo la protesta di alcuni cittadini bolognesi contro la costruzione della moschea di Bologna nonostante l'ok del Comune. Una protesta che ha spinto il Comune a bloccare momentaneamente l'iter per arrivare all'effettiva costruzione del luogo di culto islamico. Ne è scaturito un boom mediatico senza limiti in cui si è dimenticato che i musulmani, prima di essere dei credenti, sono innanzitutto cittadini di questo Paese e come tali vanno rispettati. Si dimentica l'articolo 8 della Costituzione italiana, uno dei primi in cui si garantisce la libertà di culto di qualsiasi fede religiosa. Io sono una cittadina italiana, ma dato che sono di fede musulmana non potrei chiedere un luogo di culto dove andare a pregare. Da cittadina italiana amo l'Italia e amo il tricolore a differenza del nostro vicepresidente del Senato Roberto Calderoli che lo vorrebbe invece tra le fiamme. I musulmani in Italia hanno bisogno di moschee dove poter professare la loro fede in pace e serenità. Le moschee in Italia sono solo due, la grande moschea di Roma e la moschea di Segrate a Milano, il resto sono tutti scantinati e garage nascosti in giro per l'Italia, dove io mi vergogno di andare a pregare. Basta etichettare questi luoghi di culto come posti dove si predica l'odio e dove si architettano attentati terroristici. In Italia finora, grazie a Dio e ai tanti musulmani che frequentano le moschee, sono stati isolati tutti gli estremisti e bisogna smetterla di parlare di una moschea come di un circolo politico gestito da belve inferocite. Khalida El Khatir khaly84@yahoo.it
Cara signora, ho dovuto abbreviare la sua lettera, troppo lunga per questa rubrica, ma spero di non avere tradito i suoi sentimenti e i suoi argomenti. Credo che lei abbia ragione e cercherò di spiegare perché la costruzione di una moschea a Bologna, Genova o Colle Val d'Elsa (i tre casi di cui si è maggiormente parlato nelle scorse settimane) sembri creare tante difficoltà. Ma è utile anzitutto fare un quadro della situazione europea anche sulla base di una lunga inchiesta di Mario Margiocco apparsa nel Sole 24 Ore del 20 settembre. I musulmani che vivono e lavorano nell'Unione europea sono circa 15 milioni. I luoghi di culto (chiamarli moschee, in molti casi, è una caricatura della realtà) sono, secondo Margiocco, 7.500, aperti soprattutto dopo il 1985. In Germania sarebbero 2.500, in Francia e in Gran Bretagna 1.500, in Olanda 300, in Italia 250 e in Spagna 200. Anche se si tiene conto dell'importanza della presenza musulmana nei singoli Paesi (in Germania sono poco meno del 4% della popolazione, da noi il 2%), l'Italia, fra i membri dell'Unione europea, è uno dei meno attrezzati. Perché dunque tanta resistenza in alcuni settori della società italiana? Tralascio le paure, le emozioni, i pregiudizi religiosi e xenofobi, a cui è impossibile dare risposte razionali. Mi limito a constatare che alcune moschee importanti, anche per la disattenzione e la negligenza delle pubbliche autorità, sono state rette da imam che hanno una formazione culturale esclusivamente straniera, parlano male l'italiano e ricevono la loro congrua (come si chiamava un tempo il salario dei sacerdoti) da fondazioni di cui conosciamo male la composizione e le finalità. Credo che in una città italiana di media grandezza dove vive una comunità musulmana non possa mancare una moschea. Ma credo che gli imam, come tutti i sacerdoti che esercitano la loro missione spirituale in Italia, debbano conoscere la nostra Costituzione, le nostre leggi e il nostro sistema amministrativo. Una buona soluzione sarebbe quella di cui si è già parlato in questi ultimi tempi: un corso gestito congiuntamente da un ateneo musulmano (per esempio l'Università Al Azhar del Cairo) e da un ateneo italiano. Sarebbe utile inoltre che le diverse associazioni musulmane in Italia si confederassero per creare un soggetto giuridico, autorizzato a concludere un accordo con lo Stato italiano. Esisterebbe in tal modo un ente a cui i fedeli musulmani potrebbero assegnare l'8 per mille di cui già godono la Chiesa cattolica e altri culti. Credo che siano queste, del resto, le soluzioni a cui pensa il ministro dell'Interno Giuliano Amato
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