Dissidente iraniano, ma antiamericano e antisraeliano un appello di Akbar Ganji
Testata: Il Manifesto Data: 27 settembre 2007 Pagina: 20 Autore: Akbar Ganji Titolo: «Contro Bush, contro i mullah»
Si oppone all'ipotesi di un'intervento militare contro l'Iran, si chiede se il Consiglio di sicurezza dell'Onu sia "così risoluto ed efficace (sic !) solo quando si tratta della sospensione dell'arricchimento dell'uranio e se invece per il Consiglio di sicurezza la vita del popolo iraniano non abbia importanza", condannando implicitamente persino le scarse misure non militari finora prese (figuriamoci sanzioni efficaci), chiede agli Usa di non sostenere i dissidenti iraniani per non rendere più semplice al regime "additare i suoi oppositori come mercenari degli Stati uniti e colpirli impunemente", di non sostenere i movimenti separatisti, e piuttosto di cercare di ottenere "una pace giusta fra palestinesi e israeliani e aprissero la strada alla creazione di uno stato palestinese davvero indipendente a fianco dello stato israeliano".
Si tratta dell' appello al segretario generale dell'Onu promosso da dissidente iraniano Akbar Ganij e firmato tra gli altri da Noam Chomsky, Mario Vargas Llosa, Isabel Allende e Umberto Eco.
Non stupiscono nella lista dei firmatari i nomi di guro dell'antiamericanismo come Chomsky: l'appello risale ai tempi del colpo di stato contro Mossadeqper condannare gli Stati Uniti come i nemici di sempre della democrazia in Iran.
Non stupisce nemmeno il nome di un propagandista antisraeliano come il premio nobel per la letteratura Vargas Llosa: l'appello è pervaso dall'assurdo stereotipo per il quale qualsiasi di negativo cosa succeda in Medio Oriente, compresa la repressione da parte del regime dei mullah, sia da attribuirsi a Israele (ovviamente il responsabile della mancata pace con i palestinesi, sul quale gli americani dovrebbero fare pressione)
In fondo, a stupire è proprio solo il nome del promotore dell'appello. Stupisce non si renda conto che se il regime iraniano minaccia di cancellare un paese dalla faccia della terra, la comunità internazionale ha il diritto, e il dovere, di fermarlo. Stupisce non si renda conto che i regimi totalitari non hanno bisogno che i pretesti per reprimere il dissenso siano loro forniti dall'esterno. Stupisce, alla fin fine che veda ancora negli Stati Uniti, e non nel regime criminale al potere a Teheran, il suo vero nemico.
Ecco il testo:
Il popolo dell'Iran vive tempi difficili sia sul piano internazionale sia sul piano interno. Sul piano internazionale si trova di fronte alla minaccia di un attacco militare degli Stati uniti e dell'imposizione di ampie sanzioni da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Sul piano interno uno stato dispotico - attraverso una repressione costante e organizzata - l'ha imprigionato in una situazione di vita-o-morte. Anziché aiutare lo sviluppo della democrazia, la politica americana negli ultimi 50 anni si è costantemente risolta a detrimento dei sostenitori della libertà e della democrazia in Iran. Il colpo di stato del 1953 contro il governo nazionalista del primo ministro Mohammad Mossadeq e l'incrollabile sostegno al regime dispotico dello shah, che divenne il gendarme dell'America nel golfo Persico, sono solo due esempi di una politica fallimentare. Più di recente, nel corso di questi 30 anni, il confronto fra le diverse amministrazioni Usa e lo stato iraniano ha reso la situazione molto difficile per i sostenitori della libertà e dei diritti umani in Iran. Sfruttando il pericolo costituito dagli Stati uniti, il regime iraniano ha posto le forze della sicurezza militare alla testa del governo, ha chiuso tutti i giornali indipendenti e ha imprigionato gli attivisti per i diritti umani con il pretesto che sono agenti di una potenza straniera nemica. L'amministrazione Bush, da parte sua, approvando fondi a sostegno della democrazia in Iran, che sono stati in larga misura elargiti a istituzioni ufficiali e media affiliati al governo Usa, ha spianato la strada al regime iraniano per additare i suoi oppositori come mercenari degli Stati uniti e colpirli impunemente. Al tempo stesso anche solo parlare della «possibilità» di un attacco militare contro l'Iran rende le cose difficilissime per gli attivisti dei diritti umani e delle democrazia in Iran. Nessun iraniano vuole vedere accadere in Iran quel che è accaduto in Iraq o in Afghanistan. I democratici iraniani guardano anche con profonda preoccupazione all'appoggio dato da alcuni ambienti americani a movimenti separatisti presenti in Iran. Preservare l'integrità territoriale iraniana è importante per tutti coloro che in Iran si battono per la democrazia e per i diritti umani. Noi vogliamo la democrazia in Iran e per tutti gli iraniani. Noi crediamo anche che lo smembramento dei paesi medio-orientali favorirà solo diffusi e prolungati conflitti nella regione. Con l'obiettivo di aiutare il processo di democratizzazione del Medio Oriente, sarebbe molto meglio se gli Stati uniti promuovessero una pace giusta fra palestinesi e israeliani e aprissero la strada alla creazione di uno stato palestinese davvero indipendente a fianco dello stato israeliano. (Questo) sarebbe il peggior colpo inferto alle forze del fondamentalismo e del terrorismo in Medio Oriente. Sua eccellenza, la pericolosa situazione internazionale e gli effetti della disputa fra l'Iran e l'occidente hanno completamente sviato l'attenzione del mondo e in particolare dell'Onu dalle intollerabili condizioni che il regime iraniano ha creato per il popolo iraniano. La disputa sull'arricchimento dell'uranio non dovrebbe far dimenticare al mondo che, sebbene la rivoluzione iraniana del 1979 sia stata una rivoluzione popolare, non ha portato alla formazione di un sistema democratico. La Repubblica islamica è uno stato fondamentalista che non dà alcun riconoscimento alla sfera privata. Essa reprime la società civile e viola i diritti umani. Migliaia di prigionieri politici sono stati giustiziati nel primo decennio dopo la rivoluzione e decine di dissidenti assassinati nel secondo decennio. I giornali indipendenti sono costantemente soggetti alla chiusura e giornalisti sono condannati al carcere. (...) Alle donne è completamente negata qualsiasi uguaglianza con gli uomini e, quando chiedono la parità dei diritti, sono accusate di agire contro la sicurezza nazionale, sottoposte a intimidazioni e colpite da sanzioni, compreso il carcere. Nel primo decennio del secolo XXI, quella forma di tortura letale che è lapidazione è una delle sentenze che attende le iraniane sulla base delle leggi esistenti. Un gran numero di insegnanti iraniani è stato licenziato e alcuni esiliati o imprigionati. I lavoratori iraniani sono privati del diritto di formare sindacati indipendenti. (...) Gli studenti universitari (...) cacciati dall'università e in molti casi imprigionati (...), i professori dissidenti espulsi dall'insegnamento. E nelle prigioni della Repubblica islamica gli oppositori costretti a confessare crimini che non hanno commesso e dirsi pubblicamente pentiti, una pratica che ricorda i processi-farsa stalinisti. In Iran non ci sono elezioni oneste. (...) Tutti i poteri legali ed extra-legali sono nella mani della guida suprema dell'Iran, che governa come un sultano dispotico. Sua eccellenza, è consapevole che in Iran i dissidenti politici, gli attivisti dei diritti umani e i militanti per la democrazia sono legalmente privati del «diritto alla vita» sulla base dell'articolo 226 del codice penale islamico, per cui qualsiasi persona può unilateralmente decidere che un altro essere umano ha perso il diritto alla vita (mahduroldam) e può ucciderlo in nome della norma religiosa di liberare la società dal vizio? Molti dissidenti e attivisti sono stati uccisi sulla base di quest'articolo e i loro assassini prosciolti. (...) È consapevole che in Iran agli scrittori è legalmente proibito di scrivere sulla base dell'articolo 9 della legge sulla stampa che priva a vita del «diritto di esercitare qualsiasi attività nel settore della stampa» chi è accusato di «propaganda contro il sistema vigente»? (...) Sua eccellenza, il popolo iraniano e i sostenitori della libertà e della democrazia stanno vivendo giorni difficili. Essi hanno bisogno del sostegno morale degli amanti della libertà di tutto il mondo e dell'intervento efficace delle Nazioni unite. Noi rigettiamo categoricamente un attacco militare contro l'Iraq. Allo stesso tempo, chiediamo a voi e a tutti gli intellettuali del mondo e ai sostenitori della libertà e della democrazia di condannare le violazioni dei diritti umani da parte dello stato iraniano. Noi aspettiamo da vostra eccellenza, nel suo ruolo di segretario generale delle Nazioni unite, di censurare il governo iraniano per le sue ripetute violazioni degli articoli della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Soprattutto, noi speriamo che grazie all'intervento immediato di vostra eccellenza, tutti i prigionieri politici iraniani (...) saranno rilasciato al più presto. Il popolo dell'Iran si sta chiedendo se il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sia così risoluto ed efficace solo quando si tratta della sospensione dell'arricchimento dell'uranio e se invece per il Consiglio di sicurezza la vita del popolo iraniano non abbia importanza. Il popolo dell'Iran ha diritto alla libertà, alla democrazia e ai diritti umani. Noi iraniani speriamo che le Nazioni unite e tutte le istanze che difendono la democrazia e i diritti umani saranno inflessibili nel loro sostegno all'Iran nella sua ricerca della libertà e della democrazia. La lettera è stata firmata, fra gli altri, da: Jürgen Habermas, Noam Chomsky, Orhan Pamuk, J.M. Coetzee, Seamus Heaney, Nadine Gordimer, Umberto Eco, Mario Vargas Llosa, Isabel Allende.
Per inviare una e-mail alla redazione del Manifesto cliccare sul link sottostante redazione@ilmanifesto.it