Caro Goffredo Fofi,
ci siamo incontrati di sfuggita molti anni fa, ma ricordo che conoscevi mia zia Vera e che tra voi c'era amicizia e reciproca stima.
E' per questo che mi permetto di scriverti due righe dopo avere letto su „Il Sole – 24 Ore" di oggi la tua recensione al libro di V. Farías su Allende. Per inciso, la mia „Prima Sinfonia" (1974/75) è dedicata al Cile democratico in lotta contro Pinochet (vi cito, tra l'altro, due famose canzoni di Sergio Ortega („El pueblo unido" e „Venceremos"), del quale ero molto amico; purtroppo è scomparso un paio di anni fa a Parigi, dove viveva, senza che nessuno, cosí mi sembra, l'abbia ricordato – anzi mi viene un'idea, potrei farlo io l'anno prossimo, in cui avrebbe compiuto settant'anni.
Ma non è di questo che volevo parlarti, bensí di un passo del tuo articolo che mi ha colpito negativamente e anzi – non ti meravigliare di quanto dico – mi ha addirittura offeso. Lí dove scrivi: "... il lavoro di Farías ha un dichiarato ispiratore in Wiesenthal, il cacciatore di criminali che ha ossessivamente cercato di applicare la legge del taglione e dell'occhio per occhio. I cui risultati non possono che essere quelli di sempre..."
A mio avviso Wiesenthal era un giusto, che non applicava affatto la legge del taglione e dell'occhio per occhio, ma si adoperava per assicurare i criminali nazisti alla giustizia. Non mi risulta che abbia strappato occhi o denti a chicchessia, ma faceva del suo meglio affinché chi si era macchiato di crimini cosí orrendi non restasse impunito. Punto e basta. Purtroppo dalle tue righe traspare un diffusissimo pregiudizio antiebraico, magari inconsapevole e, come dire, talmente sedimentato da non esserne neanche consapevoli. So bene che se volessi reagire ogni volta che incontro questo pregiudizio contro gli ebrei (o contro Israele, o contro il Sionismo – che per me stesso aveva, quando ero giovane, il sapore di una parolaccia), dovrei rinunciare al mio lavoro e non fare altro che scrivere lettere a destra e manca, che sarebbero comunque del tutto inutili... perciò in genere me ne astengo. Certo, leggere tali affermazioni da parte tua, mi addolora particolarmente e perciò, anche ricordando Vera, sorella di mio padre e amica intima della sorella ebrea di mio padre, mia madre Iole Tagliacozzo, ho voluto scriverti.
Buon lavoro e un cordiale saluto da
Luca Lombardi