Sulla STAMPA di oggi, 22/09/2007, a pag.15, Maurizio Molinari racconta i retroscena del blitz israeliano del 6 settembre contro il progetto in fieri della Siria di dotarsi dell'arma atomica.
Ecco l'articolo:
Il misterioso blitz condotto da Israele il 6 settembre contro una base siriana è stato possibile grazie a un ripetuto scambio di informazioni di intelligence con gli Stati Uniti, allarmati dalla proliferazione nucleare della Nord Corea.
A svelare la collaborazione militare è il «Washington Post» citando fonti governative Usa ovvero il canale grazie al quale finora si sono avuti i maggiori elementi sull’attacco. Mettendo assieme i tasselli del mosaico frutto delle indiscrezioni Usa è possibile una sommaria ricostruzione: in estate gli israeliani sollevarono l’attenzione di Washington sull’arrivo di armamenti non convenzionali dalla Nord Corea alla Siria, gli Usa verificarono e confermarono non solo le avvenute spedizioni ma l’arrivo il 3 settembre nel porto di Tartus di una nave di Pyongyang con container indicanti «cemento» destinati alla base poi colpita, nei pressi della città settentrionale di Ar-Raqqah.
Il blitz scattò dopo che il Pentagono aveva fatto avere a Gerusalemme i codici di volo - necessari per non essere individuati come nemici dalle forze Usa - e gli almeno cinque piloti israeliani ricevettero le coordinate per l’attacco solo a decollo avvenuto. Il silenzio di Israele sulla vicenda impedisce di verificare se i piloti furono poi guidati sugli obiettivi da raggi illuminanti delle truppe d’élite infiltrate in Siria.
Se la collaborazione militare Usa-Israele è una costante strategica in Medio Oriente, l’anomalia è che in questo caso è Washington a farla trapelare. Una possibile spiegazione ha a che vedere con il fatto che la Corea del Nord è appena reduce dalla sigla di un accordo multilaterale - con Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia e Corea del Sud - sul disarmo nucleare che prevede anche la proibizione di esportarne componenti.
Forse non a caso la reazione diplomatica più aspra al blitz è giunta da Pechino - mediatrice del disarmo di Pyongyang - che ha immediatamente cancellato il nuovo appuntamento del negoziato a sei. L’ipotesi che Kim Jong-Il abbia tentato di beffare George W. Bush, vendendo alla Siria componenti del programma nucleare che avrebbe dovuto smantellare, crea imbarazzo a Washington, dove è ancora vivo il ricordo della beffa che Pyongyang fece a Bill Clinton firmando nel 1994 un accordo sul disarmo che poi violò per raggiungere in segreto l’obiettivo dell’arma nucleare.
La portavoce della Casa Bianca, Dana Perino, continua a non voler fare commenti in proposito. E lo stesso Bush, su esplicita domanda, ha risposto bruscamente di «non volerne parlare. Ma ieri per la prima volta la Casa Bianca ha implicitamente accennato all’ipotesi che il blitz israeliano sia avvenuto nel quadro della «Proliferation Security Initiative» ovvero l’intesa multilaterale per evitare la proliferazione non convenzionale promossa da Washington nel 2003 a seguito del blocco nell’Oceano Indiano di un cargo nordcoreano carico di missili Scud destinati allo Yemen. Anche in quel caso le componenti proibite erano dentro contenitori di cemento, per renderle invisibili alla sorveglianza dei satelliti.
Potrebbe essere proprio l’esistenza di un accordo militare segreto Damasco-Pyongyang il motivo dell’assenza di proteste all’Onu contro il blitz da parte dei Paesi arabi - dall’Arabia Saudita all’Egitto - già impegnati con Washington ad impedire lo sviluppo del nucleare iraniano e dunque colti di sorpresa dal tentativo siriano di dotarsi di componenti di un programma atomico.
Il perdurante silenzio ufficiale di Washington lascia intendere che la Casa Bianca aspetta delle risposte: vuole da Damasco e Pyongyang garanzie contro la proliferazione. E dunque l’interrogativo è su quale sarà la contromossa di Kim Jong-Il che sembra essere di fronte a un bivio: può azzerare i rapporti proibiti con Damasco tornando al tavolo del negoziato multilaterale oppure può puntare a rilanciarli, rischiando di tornare a subire l’isolamento internazionale e nuove sanzioni. L’incontro avvenuto ieri a Pyongyang fra alti funzionari nordcoreani e siriani lascia intendere che la risposta all’interrogativo potrebbe essere imminente.
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