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Il Foglio Rassegna Stampa
21.09.2007 Oliver Stone alla corte di Ahmadinejad
la passione di un regista liberal per i dittatori

Testata: Il Foglio
Data: 21 settembre 2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Basta che sia un dittatore»
Dal FOGLIO del 21 settembre 2007:

Bravo, bene, complimenti. Così Oliver Stone dimostra al mondo di essere un regista palluto e impegnato. Uno che odia gli Stati Uniti con tutte le sue forze – perché hanno combattuto la guerra del Vietnam, perché hanno complottato per uccidere John Fitzgerald Kennedy, perché Nixon era psicopatico – e quindi applica il ragionamento tribale: i nemici dei miei nemici sono miei amici. Vanno osannati, e celebrati con un film. Quattro anni fa era toccato a Fidel Castro, con un’intervista in ginocchio che più in ginocchio non si poteva. Il lìder maximo aveva diritto di veto, peraltro superfluo vista la compiacenza delle domande: non una parola sui diritti umani, sui campi di lavoro per omosessuali, sui cittadini prigionieri del presunto paradiso (dotato di ospedali pulitissimi ed efficienti, garantisce il compare Michael Moore).
Ora tocca al presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Dopo un lungo corteggiamento ha accettato l’indecente proposta di Oliver Stone, che intende girare un documentario su di lui. Già immaginiamo le scene madri: Ahmadinejad che inveisce contro lo stato di Israele, che nega l’Olocausto e i suoi sei milioni di vittime, che celebra l’Iran come un luogo dove le donne sono finalmente libere, che rivendica il diritto all’arsenale nucleare. Tra un proclama e l’altro, qualche madrassa e qualche moschea, qualche quartiere moderno di Teheran, qualche deserto con capretta per intenerire lo spettatore, qualche bambino intento a giocare per strada, un po’ di artigianato locale, e uno sguardo ai fasti del passato, quando l’Iran si chiamava Persia. La cecità – per non dire altro – di Oliver Stone si accoppia alla furbizia di Ahmadinejad, che qualche mese fa disse di no al progetto. Disse di no perché gli erano piaciuti pochissimo gli antichi persiani di “Alexander”, nonostante le buone intenzioni del regista di “Platoon”. Disse di no perché Oliver Stone è pur sempre cittadino americano, anche se dice peste e corna di Bush. Disse di no perché l’industria del cinema è il Grande Satana che corrompe la meglio gioventù musulmana (il presidente iraniano, che di secondo mestiere fa come tutti il critico cinematografico, ebbe da ridire anche su “300”: i guerrieri persiani erano troppo truccati e ingioiellati, oltre che dipinti come belve assetate di sangue). Prima di partire per gli Stati Uniti – dove non gli faranno visitare Ground Zero – ha cambiato idea. Deve aver pensato che mille trattative diplomatiche non valgono un film di Oliver Stone.

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