Speculazione propagandistica sugli otto neonazisti israeliani in un' intervista a Moni Ovadia
Testata: Il Manifesto Data: 21 settembre 2007 Pagina: 3 Autore: Tommaso Di Francesco Titolo: «Nazisti su Marte»
Il MANIFESTO del 21 settembre 2007 pubblica un'intervista di Tommaso Di Francesco a Moni Ovadia, sul gruppo neonazista scoperta in Israele. L'episodio viene strumentalizzato per accusare quella israeliana di essere una società razzista e con elementi di fascismo. Gli 8 neonazisti israeliani, la maggioranza dei quali sono non ebrei immigrati dalla Russia, sarebbero ovviamente il prodotto dell'"occupazione".
Israele è un paese in guerra, la cui esistenza è costantemente minacciata. Deve difendersi, ed'è chiaro che una simile situazione produca problemi etici, politici, sociali. Da qui a pensare che produca il neonazismo di otto giovani sbandati, e che questo sia il segnale della crisi dell'intera società c'è una certa differenza.
La stessa che passa tra il registrare i fatti e utilizzarli al servizio dell'ideologia e della propaganda.
Ecco il testo:
Generalizzare, parlare di fenomeno diffuso, sarebbe a dir poco irresponsabile. Ma banalizzare lo sarebbe ancora di più. Stiamo parlando del fatto che, poco più di una settimana fa, Israele ha scoperto una cellula neonazista non «nel cortile di casa» ma proprio dentro casa. «Abbiamo fallito come società, non abbiamo saputo educare», è stato il primo commento dello stesso premier Ehud Olmert, che poi però ha cercato di sminuire. Mentre il mondo passa ad altro, omologando la realtà israeliana a tutto il resto, in Israele qualcuno, ma non troppi, s'interrogano. In particolare il quotidiano Haaretz ha aperto coraggiosamente un blog che ha dato risposte importanti. Di questo parliamo con Moni Ovadia, scrittore, attore, regista teatrale, che nel suo ultimo libro, Lavoratori di tutto il mondo ridete, ci ricorda che alla fine è giusto scherzare su tutto. O quasi tutto. Come giudichi questa notizia allarmante, che purtroppo non è un ossimoro, dei «neonazisti israeliani», quasi nazisti su Marte? La mia reazione personale è quella di dire che i fenomeni estremi colpiscono ormai frange della gioventù dovunque. Sono il segno che ormai Israele è un normale paese del mondo globalizzato: ma la prima cosa che sparisce è l'eccezionalità di Israele. Che così mostra i tipici vizi di rigurgiti estremi e il meccanismo della violenza interna. Perché il neonazismo è sempre una espressione di disagio violento nei nostri tempi, non essendo più una vera ideologia politica come ai tempi di Adolof Hitler - allora anche l'antisemitismo era nei programmi di molti partiti politici. Se siamo alla normalizzazione di Israele che così assomiglia a un paese occidentale che ha i suoi neonazisti, scompare un po' quell'eccezionalità che piace tanto a quei sionisti acritici che dicono che Israele è bello, buono, democratico e i gay stanno nell'esercito ecc ecc. Ora si scopre che uno di questi neonazisti aveva lavorato in un organo della sicurezza dello stato di Israele dove faceva dei lavori e nessuno si era accorto di niente. Cominciamo col registrare quello che dice Olmert: «Abbiamo fallito come società». Se ne accorge adesso ma è successo da un pezzo. Perché il sionismo ha fallito da un pezzo. Il sionismo è in crisi e ha perso tutti i suoi presupposti da più di 25 anni. E poi oggi i problemi sono altri. Del resto lo stesso Israele si riconosce come un kibbutz, cioè un collettivo di diaspore più che una unità sionista con quell'idea di un uomo nuovo, tutto d'un pezzo, che avrebbe rappresentato un nuovo tipo di umanità. Per altro si è avverata una profezia di Ben Gurion - «siamo un paese normale come gli altri», quando venne arrestato il primo ladro ebreo Ben Gurion era raggiante. Perché uno degli aspetti «meccanici» del sionismo era quello di portare Israele a far diventare gli ebrei come tutti gli altri. Da questo punto di vista ci si è riusciti. Ma a che serve? Mentre l'attenzione si è subito chiusa nel mondo, in Israele qualcuno porta avanti la discussione. Il capo della polizia Rosenfeld esprime la necessità di una nuova legge per il paese in cui ha sede il Museo Yad Vashem, non più contro il negazionismo dell'Olocausto ma, tout court, contro le formazioni neonaziste. Poi c'è la spiegazione della nuova immigrazione dall'est dove il fenomeno di alcuni giovani ebrei diventati neonazisti era conosciuto. Nel 2001 ne ha parlato perfino un film, «The believer», del regista Henry Bean... Ricordo subito che una delle parole d'ordine dei giovani neonazisti israeliani è «potere bianco». Alcuni avevano la divisa dell'esercito israeliano. Subito c'è in gioco il paese-Israele che ha molto enfatizzato la mistica della forza. Picchiavano i deboli, l'alcolizzato, il drogato, l'arabo, ma anche il rabbino dei Meah Sharim, ortodossi ma emarginati e diversi perché antistatalisti. Non se la sono certo presa con un ufficiale dei corpi speciali. Sono andanti a prendere i soliti che i nazisti odiano e - diciamo la verità - vedere rabbini in mitraglietta che cercano in tutti i modi di umiliare gli arabi nei Territori occupati o sedicenti ortodossi che sradicano ulivi dei contadini palestinesi non è un atteggiamento dissimile. Ma non dimentichiamo che c'è una parte dell'ortodossia ebraica che è duramente contraria a queste pratiche e le giudica nemiche dell'etica ebraica. Comunque tutto questo rivela un grande disagio. Un disagio del quale si è fatto interprete il quotidiano Haaretz con l'apertura di un blog. Un sito molto interessante. L'ho visitato. Naturalmente ci sono i collerici, quelli che gridano «rimandateli a casa, metteteli in galera, questi non sono ebrei». Ma l'argomentazione «questi sono immigrati, forse non sono neanche ebrei...anzi non sono ebrei», dopo che Israele ha fatto di tutto, modificando la legge del ritorno, per avere una immigrazione qualificata, è - direi - un atteggiamento terribilmente razzista. Altri nel sito naturalmente minimizzano, ma sono molto interessanti invece, come sempre, quelli che argomentano e che dicono: «Cominciamo col dire che questi ragazzi son stati discriminati nelle scuole,... cominciamo col dire che noi siamo un paese in cui c'è discriminazione e che si sono sentiti respinti, ...cominciamo col dire che noi siamo un paese che sta occupando un altro popolo,... il popolo palestinese che vive in una specie di prigione a cielo aperto in condizioni infernali e subisce vessazioni continue di ogni tipo». E insieme a quelli stupidamente radicali che urlano «voi siete come loro e peggio di loro», ci sono quelli che criticamente, in modo intelligente si domandano «ma insomma, che tipo di società è quella israeliana? Che ha discriminazioni, perché ci sono cittadini di serie a e di serie b, anche gli arabo-israeliani sono de facto cittadini di serie b. E non parliamo di quelli che sono sotto controllo dell'esercito israeliano e che subiscono discriminazioni pazzesche». Ricordo poi che nel governo Olmert c'è un dichiarato razzista... Già. Quello che dichiara che sradicherà i neonazisti israeliani è il ministro degli affari speciali Avigdor Lieberman, l'uomo politico che teorizza il "transfer", la pulizia etnica anti-araba con la loro cacciata da Israele... Per Avigdor Lieberman c'è una sola parola: ha una mentalità fascista e razzista. Senza troppi eufemismi. Purtroppo esistono ebrei fascisti. Dispiace doverlo dire ma ci sono eccome. Come nella storia ci sono stati anche ebrei gangster e grandi mafiosi. Per me è tristissimo constatarlo, purtroppo questo succede quando ci si vuole «normalizzare». Inoltre trovo veramente riduttiva la prima spiegazione che l'opinione pubblica israeliana si è data: «sono immigrati». Non solo alcuni di loro non sono nemmeno immigrati. C'è in questo una doppia forma di latenza razzista, non solo quella tradizionale nei confronti dei palestinesi, ma nei confronti di questi immigrati che sarebbero «mezzo ebrei», «un quarto ebrei». Come se prima di tutto non fossero - come ci insegna la Torah - degli esseri umani, ben Adam (figlio di Adamo), per far capire che l'essere umano precede l'ebreo. Di ebrei non si parla ancora quando c'è l'essere umano. L'ebreo è una delle modalità di costruire l'essere umano in pari dignità con altre modalità. Su questa strada la società israeliana potrebbe imboccare una china pericolosa che ora è solo un fenomeno marginale. Naturalmente questi neonazisti aggredivano anche gli immigrati. Essendo Israele un paese prospero, ha una forte immigrazione di lavoratori supersfruttati, cinesi, indiani, malgasci ecc. Trattati come da noi, come cittadini di serie b con ogni sorta di vessazione. Allora si pone una domanda: Israele che paese vuole diventare? Vuole costruire qualcosa in legame con la Torah intesa come un ethos modo di vivere nella terra? Perché la raccomandazione della Torah - «secondo Moni Ovadia» - è vivere da straniero tra gli stranieri. La terra non appartiene agli uomini, noi siamo ospiti. Ma essendo Israele un paese laico riconosciuto dall'Onu, al di là delle infamie negazioniste e liquidatorie del presidente iraniano Ahmadinejad, ripeto la domanda: Israele che paese vuole essere? Perché c'è ormai un'enorme confusione tra il paese della famosa terra promessa e uno stato sempre di più laico e sempre di più consumista all'occidentale. Cioè, sempre più lontano dai principi etici fondativi - nel caso il modello della Torah di una società di fratellanza, uguaglianza e giustizia. E invece sempre più eguale alle democrazie formali dell'Occidente basate sul mercato, quindi sulle discriminazioni economiche, sociali, etiche, civili e politiche. La scoperta della cellula neonazista è un segnale, una patologia certo periferica che però potrebbe segnalare qualcosa di ben più grave. E' bene aprire gli occhi, essere vigili. Ma soprattutto è bene riattivare processi critici e abbandonare quelle ideologie per cui è antisemita chi critica la società israeliana, il suo governo e l'occupazione dei territori palestinesi. Tenendo, inoltre, Israele sempre più lontana dalle guerre, le sue e quelle per interposti interessi americani.
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