Se Hamas è un movimento terrorista, da ieri Gaza è una “ entità ostile”. Questa la decisione presa nel gabinetto di sicurezza guidato da Olmert e Barak. Una definizione che sottintende un combiamento della politica del governo israeliano, che nei confronti di Gaza non sarà più la stessa. Non è una dichiarazione di guerra, beninteso, quella che è stata subito definita “ ambiguità vigorosa”, che tradotto vuol dire basta con la carota, adesso arriva il bastone. Il paese se lo aspettava, dopo il ferimento di 69 soldati nella base militare nel Negev, le parole di condanna non bastavano più. Avere ai confini una “entità ostile” presuppone quindi l’uso di tecniche di difesa più approppriate. Ci saranno sanzioni che verranno ancora chiamate amministrative, quali il taglio della corrente elettrica e dei rifornimenti di benzina, come era già avvenuto giorni fa senza che la cosa avesse destato particolari proteste in campo internazionale, anche se, come ha raccomandato Avi Dichter, capo della sicurezza interna, cibo e medicinali continueranno ad avere via libera. E’ quindi un cambiamento di rotta, che però va incontro ad interessi non solo israeliani. Condi Rice è arrivata nella regione per preparare il summit di novembre a Washington, nel quale sembra riporre speranza e fiducia soprattutto la sola America. Olmert, sin dall’inizio dei colloqui, ha tenuto un basso profilo, ben sapendo che Abu Mazen si regge non certo per forza propria e quindi è un interlocutore che rappresenta i palestinesi solo in parte, mentre quest’ultimo, man mano che passano i giorni, gioca al rialzo per motivi di politica interna. La pace e il compromesso sono una bella cosa, magari ci crede pure, ma di fronte ai suoi deve fare bella figura, altrimenti perde la faccia. Anche Olmert non sta meglio, pressato com’è dall’opposizione che fa la voce grossa a difesa delle popolazioni del sud colpite senza sosta dai missili Kassam di provenienza Gaza. E poi c’è il fattore Siria, che si scrive Siria ma si legge Iran, che preoccupa tutti quanti, compresi i regimi arabi islamici moderati della regione. Anche se nessuno se ne è assunta chiaramente la responsabilità, è un fatto che Israele ha mandato all’aria i sogni atomici di Assad con qualche lancio ben mirato il 6 settembre, una data che verrà ricordata. Israele non aveva interesse a ventarsene, e la Siria ad ammettere lo smacco. Ma quanto avvenuto è stato un avvertimento all’Iran, che manovra i fili di tutto il terrorismo nella regione. Hamas, che Ahmadinejad nutre amorevolmente, è avvertito. Israele comincia a fare la voce grossa. Non tenerne conto sarebbe per lo meno imprudente. Anche per un gruppo terrorista. Angelo Pezzana da Libero del 20 settembre 2007 |