E’ bastato che il ministro degli Esteri francese ipotizzasse come ultima eventualità una guerra contro l’Iran, ed ecco sollevarsi in Europa, non ultima l’Italia, un assordante coro virtuoso di protesta.
La guerra? Mai e poi mai. L’ONU sì, le sanzioni, sì o forse, tuttavia con moderazione per non privare di latte i bambini iraniani. Del resto il Presidente Ahmadinejad lo ha detto: le nostre ricerche per lo sviluppo del nucleare sono indirizzate solo a fini pacifici. E il petrolio, che in Iran abbonda? Sì, c’è, ma dobbiamo esportarlo, sia per comprare il latte ai bambini, sia perché non abbiamo la tecnologia e i tecnici necessari per raffinarlo.
E gli usi militari? Sì, dice ancora il Presidente iraniano, ma non perché vogliamo usare le bombe atomiche, giusto per averle, per vezzo, per prestigio, come status symbol.
Certo Israele deve essere distrutto, del resto abbiamo seicento missili puntati contro lo Stato degli ebrei, perché non si sa mai cosa mi può saltare in testa. Ma questo cosa c’entra con il nostro nucleare?
E le proteste di tanti paesi contro questo programma? Fomentate dagli Stati Uniti, grande Satana, da Israele, piccolo Satana, e ora anche dalla Francia. Del resto siete stati voi europei a sottolineare l’origine ebraica di Sarkozy.
Le proteste? Le proteste europee ci sono state sì, ma non per i proponimenti e le azioni di Teheran, bensì contro le dichiarazioni del ministro degli Esteri francese, che alla fine ha dovuto dire – politica italiana docet – che mai lui ha voluto, mai ha inteso, che sì, anche per lui la guerra è da evitare a tutti i costi.
E il coro europeo ha ripreso. Usare le vie diplomatiche, le vie politiche, ma senza far vedere che si ha paura, come di fatto tutti abbiamo. E se per salvare la nostra tranquillità, magari anche per poco (Monaco ’38 docet), magari a spese d’Israele, va bene, tutto fuorché fare arrabbiare Ahmadinejad. E così sia.
Luciano Tas