martedi` 22 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
17.09.2007 Il terrorismo jihadista ? Un problema minore
Nial Ferguson sottovaluta l'11 settembre

Testata: Corriere della Sera
Data: 17 settembre 2007
Pagina: 26
Autore: Nial Ferguson
Titolo: «Le sfide di Rudy e il fantasma di Churchill»
Criticando  alcune dichiarazioni di Rudolph Giuliani, il favorito tra i possibili candidati repubblicani alle prossime elezioni presidenziali americane, Nial Ferguson stila un elenco di differenze  tra la seconda guerra mondiale  e la guerra al terrorismo jihadista.

Le analogie storiche, naturalmente, sono sempre relative e imperfette. Sotto molti aspetti è vero che la situazione internazionale attuale non è paragonabile a quella degli anni 40. E' anche vero però che vi sono delle somiglianze, soprattutto per ciò che riguarda la natura delle ideologie nazista e jihadista, il ruolo che vi ha giocato e vi gioca l'antisemitismo, e la propensione dei loro sostenitori  agli omicidi di massa.
Scegliere di sottolineare le analogie, o piuttosto  le differenze, mentre lo scontro tra occidente e fondamentalismo islamico è in corso, non è una questione meramente accademica.
E' una scelta dalla quale discendono conseguenze politiche.

Ed'è innegabile che le differenze indicate da Ferguson sono state scelte per suggerire che il paragone tra nazismo e jihadismo sia un esempio della, presunta,  generale soppravvalutazione di quest'ultimo fenomeno.

"Bin Laden punta alla conversione di massa, non alla conquista", scrive Ferguson, e ancora:
 "Gli islamisti hanno a disposizione migliaia, e non milioni, di combattenti addestrati Le loro armi più pericolose sono mine e lanciarazzi, non portaerei e missili guidati. Il numero complessivo dei caduti americani che si può addebitare a questa specie di guerra mondiale raggiunge quota 6.000 (comprese le vittime dell'11 settembre con passaporto americano e il personale di servizio morto in azione in Iraq). In media, le potenze dell'Asse falciavano circa 20.000 persone al giorno tra soldati alleati e civili."

In realtà il fatto che il fondamentalismo islamico combatta una guerra non esclusivamente militare, ma anche ideologica, come già fece il comunismo, accresce e non diminusce la sua pericolosità, perché gli dà la capacità di cercare e ottenere consenso.
I terroristi hanno dimostrato di poter produrre danni e perdite  terribili usando come armi dei temperini, e le proprie vite votate al "martirio". Stanno sicuramente cercando di dotarsi di armi di distruzione di massa.
Riescono tuttura a reclutare nuovi adepti e alcune formazioni (una per tutte: Hezbollah) hanno dato vita a veri eserciti.
 E, conducendo guerre "a bassa intensità", riescono a trarne il massimo partito politico, sfruttando la disposizione dei media  e delle opinioni pubbliche occidentali a considerare insostenibili i  costi umani della guerra.

Va poi sottolineato che delle quattro sfide che Ferguson indica come centrali per il futuro presidente americano, in alternativa a quella del terrorismo jihadista, due
(  "il coinvolgimento dell'intera regione mediorientale in una guerra su vasta scala" e "la disintegrazione del sistema di non proliferazione nucleare") sono strettamente collegate a quest'ultima. Per esempio l'Iran che cerca di dotarsi di armi nucleari è la stessa  potenza che destabilizza il Medio oriente sostenendo gruppi terroristici come Hamas ed Hezbollah (e forse anche Al Qaeda).

Ecco il testo:

C i sono due cose che è futile tentare di prevedere con un anno e più di anticipo: il tasso di cambio del dollaro e il prossimo presidente degli Stati Uniti. Supponiamo tuttavia che il risultato, dato come più probabile dai recenti sondaggi, si avveri: Hillary Clinton ottiene la nomination del partito democratico e Rudy Giuliani quella del partito repubblicano. Se sarà questa la scelta che gli americani si troveranno davanti tra 14 mesi nella cabina elettorale, allora Rudy Giuliani potrebbe davvero emergere come il prossimo presidente americano.
Che sia chiaro: a mio avviso Giuliani non è il migliore tra i contendenti repubblicani. Tempo fa ho svolto un ruolo (francamente insignificante) come consigliere di John McCain, che non finisce mai di stupirmi per la grinta e la determinazione. Tuttavia resta il fatto che Giuliani è, e da parecchio tempo, il candidato capolista. E' giunto il momento di esaminare attentamente che cosa potrebbe significare una presidenza Giuliani. La saggezza tradizionale degli osservatori politici suggerisce che Rudy è altrettanto ben visto dalla Middle America quanto un mutuo ipotecario subprime a Wall Street di questi giorni. Non si tratta tanto delle posizioni liberali adottate quando era sindaco di New York, quanto della sua vita privata piuttosto sregolata. Alla domanda a quale religione appartenesse, Giuliani ha dato una risposta tipicamente newyorchese: «Io prego come un avvocato. Cerco di scendere a patti: fammi uscire da questo inghippo, e ti prometto che mi rivedrai in chiesa». Non sorprende perciò che la fede religiosa del mormone Mitt Romney appaia meno problematica. Benché tecnicamente autorizzato a praticare la poligamia, Romney è l'unico candidato repubblicano con una sola moglie.
Ma i sondaggi ci dicono qualcos'altro. In un incisivo ritratto apparso nel New York Times Magazine, Matt Bai ipotizza che l'asso nella manica di Rudy Giuliani sia proprio la sua personalità irrequieta. Sei anni dopo gli attentati di Al Qaeda contro New York e Washington, mentre i soldati americani combattono e muoiono oltremare, Giuliani si presenta come un duro, capace di ottenere risultati, a prescindere dalle sue attività notturne. Ricordo di aver visitato Manhattan nell'era preGiuliani. Era come un lungo episodio di Kojak. Le professioni allora disponibili per i giovani di New York andavano dal gangster allo spacciatore, dal tossicodipendente alla prostituta, dal teppista al protettore — o al poliziotto corrotto. Ma quando mi sono trasferito in città, poco dopo l'11 settembre, si contavano più analisti che psicopatici. Buona parte del merito per quella trasformazione appartiene a Giuliani. La sua candidatura presidenziale si basa appunto sulla nozione che quello che ha funzionato per una capitale mondiale come New York può funzionare per il mondo intero.
L'America, dice Giuliani, deve restare «all'offensiva » per vincere «la guerra che i terroristi hanno scatenato contro di noi». Ma come, ripete le parole di George Bush? No e poi no. In comune con quasi tutti i candidati repubblicani, l'eroe di Giuliani è Ronald Reagan. Ma non disdegna di paragonarsi anche a Winston Churchill.
E questo mi preoccupa. Dimostra che Giuliani è convinto che dall'11 settembre l'America stia combattendo la Terza guerra mondiale (se non la Quarta, per non lasciar fuori la Guerra fredda). Già sapete quali sono questi ragionamenti: gli affiliati di Al Qaeda sono islamo fascisti, l'11 settembre è stato Pearl Harbor, Saddam Hussein era l'Hitler arabo. E via dicendo. Ora è arrivato il turno di Rudy: «Dobbiamo cercare di realizzare in Iraq quello che abbiamo realizzato in Giappone e in Germania», dice. Cioè bombardamenti a tappeto e olocausto nucleare?
La realtà è che la minaccia del terrorismo islamico oggi è del tutto diversa dalla minaccia dell'Asse nel 1941-42. A giudicare dal suo ultimo proclama demenziale, Osama Bin Laden punta alla conversione di massa, non alla conquista (con prestiti a basso tasso d'interesse come incentivo finale). Gli islamisti hanno a disposizione migliaia, e non milioni, di combattenti addestrati. Le loro armi più pericolose sono mine e lanciarazzi, non portaerei e missili guidati. Il numero complessivo dei caduti americani che si può addebitare a questa specie di guerra mondiale raggiunge quota 6.000 (comprese le vittime dell'11 settembre con passaporto americano e il personale di servizio morto in azione in Iraq). In media, le potenze dell'Asse falciavano circa 20.000 persone al giorno tra soldati alleati e civili. Il guaio è che più gli americani si lasciano convincere di combattere una guerra mondiale, meno attenzione prestano alle minacce strategiche ben più pericolose che devono affrontare. Quattro in particolare: 1) il coinvolgimento dell'intera regione mediorientale in unaguerrasuvastascala;2) ladisintegrazionedel sistema di non proliferazione nucleare; 3) la crescente concorrenza tra economie per le materie prime, ormai scarseggianti; 4) lo scompaginamento della liberalizzazione multilaterale del mercato.
Prese tutte assieme, queste sfide metteranno a dura prova chiunque si troverà ad occupare la Casa Bianca dopo George Bush. Per caso Giuliani si è soffermato a ponderarle attentamente? Ha elaborato una visione strategica complessiva, che vada oltre impedire il ripetersi di un altro 11 settembre? L'offensiva di Rudy Giuliani, utilizzata per ripulire New York, ha funzionato assai bene (benché da ultimo fosse sfociata in una serie di eccessi). Resta ancora da vedere se funzionerà in politica estera.
© Niall Ferguson, 2007
Traduzione di Rita Baldassarre

Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante

lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT