Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Piegare l'archeologia a fini politici l'accusa di Nadia Abu El-Haj agli archeologi israeliani si attaglia perfettamente a chi come lei nega il legame del popolo ebraico con la terra d'Israele
Testata: Corriere della Sera Data: 12 settembre 2007 Pagina: 17 Autore: Alessandra Farkas Titolo: ««No agli archeologi sionisti» Bufera sull'antropologa araba»
Per fortuna nel mondo accademico americano c'è chi ha ancora il coraggio di opporsi alla propaganda, mettendo in discussione le credenziali scentifiche di personaggi come l'archeologa Nadia Abu El-Haj, che nega la storicità della presenza ebraica in terra d'Israele e delegittima gli archeologi israeliani con accuse antisemite. Ecco il testo:
NEW YORK — «Gli archeologi israeliani sono interessati solo a scavare resti antichi ebraici per spingere la causa di uno Stato ebraico in Palestina, usando talora le ruspe per distruggere le testimonianze della cultura araba e di altre culture». L'esplosiva tesi avanzata dall' archeologa Nadia Abu El-Haj nel libro Facts on the Ground: Archeological Practice and Territorial Self-Fashioning in Israeli Society ha scatenato un putiferio nel mondo accademico Usa, minacciando di far perdere il posto alla studiosa americana di origine palestinese. La polemica è scoppiata perché Abu El-Haj quest'anno sarebbe dovuta salire in cattedra al prestigioso Barnard College della Columbia University dove insegna dal 2002 dopo aver vinto premi e borse di studio da Harvard a Princeton. La sua domanda per diventare docente di ruolo era già stata approvata, prima che il suo esplosivo dossier desse vita a due petizioni contrastanti tra chi ne difende il valore scientifico e chi la vorrebbe vedere licenziata come «pericolosa antisemita». Nel libro l'archeologa nata negli Usa nel 1962 e laureatasi prima al Bryn Mawr College e poi alla Duke University esamina l'uso politico che a suo avviso Israele fa degli scavi. La distruzione nel 2000 da parte di migliaia di palestinesi della Tomba di Giuseppe in Cisgiordania, uno dei siti ebraici sacri, fu per lei un gesto di comprensibile rappresaglia: «Deve essere compreso in rapporto alla storia di colonialismo di Israele — scrive — e alla valenza simbolica dei resti». Nonostante la controversia del tema, nel 2002 la prestigiosa Middle East Studies Association scelse il libro come uno dei due migliori pubblicati in inglese sul Medio Oriente, insieme a Being Israeli: The dynamics of Multiple Citizenship di Gershon Shafir e Yoav Peled. «Sono entrambi lavori non polemici — disse il presidente della giuria nel conferirle il premio — su soggetti che troppo spesso si prestano a tirate politiche e controversie». Di ben altro avviso i critici della El-Haj, che deridono la sua metodologia «ben poco scientifica» e l'accusano di voler mettere in dubbio lo stesso diritto di esistere di Israele. «Gli studiosi seri si irritano di fronte ai dilettanti — tuona Jacob Lassner, docente di storia e religione alla Northwestern University —. È come se un infermiere criticasse il lavoro di un neurochirurgo». Per sbarrarle la strada si è mossa Paula Stern, una ex laureata della Columbia che dalla colonia in Cisgiordania dove ora vive ha lanciato una petizione accusando la El-Haj di essere «di calibro inferiore» e di aver «fuorviato consapevolmente i dati violando gli standard accademici accettati». È partita una raccolta di firme con oltre 2.000 nomi, alcuni dei quali professori della Columbia, a cui i sostenitori di Abu El-Haj hanno replicato con un contro-petizione già forte di 1.300 firme promossa dal noto linguista e antropologo Paul Manning della Trent University che lamenta una «caccia alle streghe ». Non è la prima volta che il mondo accademico Usa si spacca in due sul Medio Oriente. La settimana scorsa Norman Finkelstein ha rassegnato le dimissioni dalla DePaul University di Chicago dopo aver scritto che Israele e alcune istituzioni ebraiche americane hanno usato l'Olocausto ai loro scopi, compresa la repressione dei palestinesi.
Di seguito, un inetrvista as Alan F.Segal docente di Religione e Studi Ebraici al VBarnard College:
NEW YORK — Per lei si sono mossi alcuni dei più autorevoli avvocati della libertà e dell'indipendenza del mondo accademico Usa. Ma a casa propria Nadia Abu El-Haj deve fare i conti con parecchi nemici. Tra questi Alan F. Segal (nella foto), docente di Religione e Studi Ebraici nello stesso Barnard College dove lei ora rischia il posto. «I suoi libri non lasciano dubbi», spiega Segal, «la mia collega non possiede le qualità e la cultura per vincere quella cattedra». Quali delle sue tesi giudica più inquietanti? «Sono sconcertato dalla sua affermazione che gli antichi israeliti non hanno mai abitato nelle terre dove oggi sorge lo stato di Israele. La El-Haj ha scelto di travisare o forse ignorare le prove del contrario». E adesso? «La sua sorte è nelle mani dell'apposita commissione della Barnard che dovrà esaminare tutti i fatti e decidere il da farsi nei prossimi mesi. Ma non sono ottimista». Cosa intende dire? «Un funzionario della Barnard mi ha chiesto i nomi di docenti non di fede ebraica che possano commentare il lavoro della El-Haj alla commissione incaricata di valutarne l'assunzione. Come se un ebreo non possa essere indipendente e imparziale. Naturalmente mi sono rifiutato di fornirglieli».
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