La vittoria possibile in Iraq il rapporto di David Petraeus al Congresso
Testata: Il Foglio Data: 12 settembre 2007 Pagina: 2 Autore: David Petraeus Titolo: «Il rapporto Petraeus sulla vittoria possibile in Iraq»
Dal FOGLIO del12 settembre 2007
Signor presidente, onorevoli membri, membri delle Commissioni, vi ringrazio di avermi offerto la possibilità di fare il punto sulla situazione della sicurezza in Iraq e di esaminare assieme le raccomandazioni che ho trasmesso recentemente alla mia linea di comando. Tengo a precisare innanzitutto che questa è la mia personale testimonianza. Anche se la mia valutazione e le mie raccomandazioni sono state trasmesse alla linea di comando, sono io soltanto l’autore di questa testimonianza, che non è stata preventivamente approvata o concordata con alcun rappresentante del Pentagono, della Casa Bianca o del Congresso. In termini di risultato finale, gli obiettivi militari dell’operazione sono stati raggiunti in larga misura. Negli ultimi mesi, affrontando un nemico implacabile e la temperatura torrida dell’estate irachena, le forze della Coalizione e della sicurezza irachena hanno conseguito dei progressi nel campo della sicurezza. Anche se in misura diversa nelle diverse zone dell’Iraq, si sono registrati dei miglioramenti: il numero complessivo degli incidenti è diminuito in otto delle ultime dodici settimane, mentre le cifre degli incidenti nelle ultime due settimane sono le più basse dal giugno del 2006. Una ragione del calo degli incidenti è che la Coalizione e le forze irachene hanno inferto colpi significativi ad al Qaida in Iraq. Anche se al Qaida e i suoi affiliati in Iraq costituiscono sempre una minaccia, abbiamo distrutto una serie di loro ‘santuari’ e abbiamo ripreso il sopravvento in molte aree. Abbiamo anche distrutto le milizie estremiste sciite, catturandone il capo e numerosi altri leader dei gruppi speciali appoggiati dagli iraniani, insieme a un importante esponente libanese di Hezbollah che sostiene le attività dell’Iran in Iraq. Le operazioni della Coalizione e degli iracheni hanno contribuito inoltre a ridurre la violenza etnico-settaria, riducendo notevolmente il numero di vittime a Baghdad e in tutto l’Iraq dopo l’apice della violenza raggiunta dalle lotte tra le diverse sette lo scorso dicembre. Anche il numero totale di vittime civili è diminuito in questo periodo, benché le cifre in ciascuna area siano ancora tragicamente elevate. Anche le forze di sicurezza irachene hanno continuato a crescere e a sostenere un carico importante, pur se lentamente e malgrado persistano preoccupazioni riguardo alle tendenze settarie di alcuni elementi nei loro ranghi. In genere, tuttavia, gli elementi iracheni hanno fatto fronte, hanno combattuto e hanno sopportato perdite ingenti, e in molte aree hanno preso il comando delle operazioni. Inoltre – e questa è forse la novità più significativa degli ultimi otto mesi – la rivolta tribale contro al Qaida che è iniziata nella provincia di Anbar, contribuendo a un cambiamento di grande importanza, si è ormai estesa a diverse altre zone. Basandomi su questi risultati e fiducioso nei progressi che riteniamo di poter realizzare nei prossimi mesi, ritengo che saremo in grado di ridurre le dimensioni del nostro contingente entro la prossima estate, riportandole alla situazione precedente l’invio di nuove truppe, senza mettere a repentaglio i progressi che abbiamo realizzato nel campo della sicurezza e che ci sono costati tanti sforzi. Al di là di questo, se da un lato la situazione in Iraq rimane complessa, difficile e a volte decisamente frustrante, ritengo anche che col tempo sia possibile conseguire i nostri obiettivi in Iraq, anche se questo non sarà né facile né immediato. Dopo questa sintesi, vorrei riesaminare la natura del conflitto in Iraq, richiamare la situazione prima della nuova ondata di violenza, descrivere la situazione attuale, e spiegare le raccomandazioni che ho trasmesso alla mia linea di comando per il prosieguo delle nostre operazioni in Iraq. L’origine fondamentale del conflitto in Iraq è la competizione per il potere e le risorse economiche tra comunità etniche e confessioni diverse. Questa competizione è inevitabile e la sua soluzione è la chiave della stabilità a lungo termine nel nuovo Iraq. La questione è se la competizione avviene con maggiore o minore violenza. Questo diagramma mostra le sfide della sicurezza in Iraq. Terroristi stranieri e locali, insorti, milizie estremiste e criminali, tutti spingono la competizione etnico-settaria verso la violenza. Azioni perverse da parte della Siria, e soprattutto da parte dell’Iran, alimentano questa violenza. L’assenza di un governo in grado di svolgere le sue funzioni, la diffidenza tra esponenti di sette diverse e varie forme di corruzione contribuiscono a rendere più complesse le sfide che l’Iraq deve affrontare.Nei nostri sforzi recenti per guardare al futuro, abbiamo trovato utile rivisitare il passato. Nel dicembre del 2006, durante il periodo di massima violenza etnico-settaria che ha raggiunto l’apice con il bombardamento della Moschea d’Oro di Samarra, in quel momento il generale George Casey e l’ambasciatore Zalmay Khalilzad conclusero che la coalizione non riusciva a raggiungere i suoi obiettivi. La loro valutazione metteva in primo piano l’esigenza di proteggere la popolazione e di ridurre la violenza settaria, specialmente a Baghdad. Come risultato, il generale Casey richiese nuove forze per consentire alla Coalizione di soddisfare questi compiti, e queste forze incominciarono ad affluire in gennaio. Nei mesi successivi la nostre forze e le controparti irachene si sono concentrate sul mantenimento della sicurezza, specialmente a Baghdad e nelle aree circostanti, impadronendosi di alcune roccaforti di al Qaida e distruggendo gli sforzi delle milizie estremiste sostenute dagli iraniani. Siamo ricorsi a pratiche antiinsurrezionali che danno particolare importanza alla sicurezza delle unità che vivono in mezzo alla popolazione che devono proteggere, e di conseguenza le nostre forze hanno costituito decine di basi e di stazioni congiunte, presidiate cioè da forze della Coalizione e da forze irachene a Baghdad e in altre aree del paese. A metà giugno, con tutte le nuove forze sul posto, abbiamo lanciato una serie di offensive finalizzate a : espandere le conquiste realizzate nei mesi precedenti nella provincia di Anbar; bonificare Baquba, diversi quartieri chiave di Baghdad, i restanti santuari nella provincia di Anbar, e aree importanti nelle cosiddette “cinture” intorno a Baghdad; e affrontare al Qaida nella valle del fiume Diyala e altre aree. Nel corso di questo periodo, abbiamo anche avviato un dialogo con gruppi e tribù di insorti, e questo ha creato nuove entità che si oppongono ad al Qaida e agli altri estremisti. Abbiamo anche continuato a porre l’accento sullo sviluppo delle forze di sicurezza irachene e abbiamo impiegato mezzi non cinetici per sfruttare le opportunità offerte dallo svolgimento delle nostre operazioni cinetiche – sostenuti in questo sforzo dell’arrivo delle squadre di ricostruzione provinciali. Il progresso realizzato dalle nostre forze con le controparti irachene, come ho osservato all’inizio, è stato sostanziale. Anche se strada facendo ci sono stati momenti difficili, si sono registrati successi ma anche pesanti perdite, nel complesso sia io sia i nostri comandanti constatiamo dei miglioramenti in termini di sicurezza. Non ci affidiamo esclusivamente al nostro intuito o alle nostre osservazioni personali: raccogliamo dati e li analizziamo per misurare i progressi e determinare le tendenze. Lo facciamo raccogliendo e affinando i dati forniti dai centri operativi della Coalizione e dagli iracheni, usando una metodologia che si applica da più di un anno e che, negli ultimi sette mesi, ha beneficiato della maggior presenza delle nostre forze che vivono in mezzo alla popolazione irachena. Ci sforziamo di garantire che l’analisi di quei dati sia condotta con rigore e coerenza, poiché la nostra capacità di ottenere una comprensione del contesto della sicurezza in tutte le sue sfumature dipende da una raccolta e da un’analisi dei dati coerente nel tempo. Due agenzie di intelligence statunitensi hanno esaminato di recente la nostra metodologia e hanno concluso che i dati da noi prodotti sono i più precisi e i più autorevoli in Iraq. Come ho già detto, e come potete vedere dal grafico che avete di fronte, il livello degli incidenti è diminuito significativamente dall’inizio della nuova ondata di offensiva a metà giugno, registrando un calo in otto delle ultime dodici settimane, e con un numero di incidenti nelle ultime due settimane che è il più basso dal giugno del 2006 e con il più basso numero di attacchi dall’aprile del 2006 in quest’ultima settimana. Anche le morti di civili di tutte le categorie, escludendo le cause naturali, sono diminuite considerevolmente, di oltre il 45 per cento in tutto l’Iraq rispetto al mese di dicembre che ha visto il culmine della violenza settaria. Lo potete vedere dalla curva in alto, sul grafico, mentre il calo di circa il 70 per cento a Baghdad è indicato dalla curva in basso. Gli attacchi periodici di al Qaida hanno provocato stragi e hanno portato a un tragico incremento delle cifre, particolarmente al di fuori di Baghdad. Tuttavia, anche senza considerare questi attacchi sensazionali, il numero delle vittime civili è chiaramente ancora troppo alto e continua a preoccupare seriamente. Come mostra il grafico successivo, il numero di vittime della violenza etnico-settaria, un importante sottogruppo delle statistiche globali per le vittime civili, ha registrato anch’esso un calo significativo rispetto al picco della violenza settaria di dicembre. Nell’insieme del paese, come evidenzia la curva in alto di questo grafico, il numero di vittime della violenza etnico-settaria è diminuito di oltre il 55 per cento, e avrebbe registrato un calo anche più marcato se non ci fossero state le vittime dei barbari bombardamenti di al Qaida che tentavano di reinnescare la violenza settaria. A Baghdad, come si vede dalla curva in basso, il numero di vittime della violenza etnico-settaria è sceso dell’80 per cento da dicembre. Il grafico mostra anche la densità degli incidenti settari nei vari sobborghi di Baghdad e riflette al contempo i progressi compiuti nel ridurre la violenza etnico-settaria nella capitale irachena identificando anche le aree che presentano ancora un rischio elevato. A mano a mano che abbiamo proseguito l’offensiva contro al Qaida e le roccaforti dei ribelli, e che la popolazione locale ha aumentato il supporto ai nostri sforzi, abbiamo individuato sempre più depositi di armi, munizioni ed esplosivi. Come mostra questo grafico, finora, quest’anno, abbiamo già trovato e bonificato oltre 4.400 depositi, circa 1.700 in più rispetto a quelli individuati lo scorso anno. Questo potrebbe essere uno dei fattori che ha portato, negli ultimi mesi, alla diminuzione del numero di attacchi effettuati con ordigni esplosivi improvvisati, che, da giugno, come si vede dal grafico, ha subito una netta riduzione di circa un terzo. Il mutamento delle condizioni di sicurezza nella provincia di Anbar è stato, ovviamente, particolarmente significativo. Come si può osservare dal grafico, i livelli di attacchi mensili ad Anbar sono passati da circa 1.350 nell’ottobre 2006 a poco più di 200 nell’agosto di quest’anno. Tale significativa diminuzione riflette l’importanza del rifiuto locale verso al Qaida e della nuova volontà degli anbari a prestare servizio nell’esercito e nella polizia iracheni. Come detto in precedenza, stiamo osservando processi simili anche in altre località. Per essere chiari, la situazione non è stata uniformemente positiva in tutto l’Iraq, come si evince da questo grafico che riporta i livelli di violenza in alcune province chiave del paese. La tendenza nella provincia di Ninevah, per esempio, è stata caratterizzata da alti e bassi, fino a una recente diminuzione, come è successo nelle province di Sala e Din, dove gli ultimi sviluppi, lì e a Baghdad, sono andati nella giusta direzione. Comunque sia, la tendenza generale in Iraq – una progressiva riduzione degli incidenti negli ultimi tre mesi – è piuttosto significativa. Anche il numero di autobomba e di attacchi suicidi è diminuito negli ultimi cinque mesi, passando, come mostra il grafico, da un picco di 175 in marzo a circa 90 nel mese scorso. Nonostante l’andamento degli ultimi mesi sia stato incoraggiante, il numero di attacchi di alto profilo, invece, è ancora troppo elevato e continuiamo a lavorare sodo per smantellare le organizzazioni che perpetrano questi barbari attacchi. Le nostre operazioni hanno, di fatto, prodotto notevoli progressi contro al Qaida e i suoi seguaci in Iraq. Come emerge dal grafico, negli ultimi otto mesi abbiamo considerevolmente ridotto le zone in cui al Qaida poteva vantare roccaforti. Inoltre, abbiamo neutralizzato cinque cellule di supporto, fermato il leader di spicco iracheno di al Qaida in Iraq e ucciso o catturato circa altri 100 leader chiave, nonché 2.500 combattenti dell’organizzazione. Al Qaida non è certamente sconfitta; tuttavia, è instabile e stiamo dando tenacemente la caccia ai suoi leader e ai vari esponenti del gruppo. Va sottolineato, come emerso dalle valutazioni sull’Iraq dei servizi segreti nazionali, che le vittorie contro al Qaida sono il risultato della sinergia delle azioni di: forze convenzionali per la lotta alle roccaforti del terrorismo; risorse di intelligence, sorveglianza e ricognizione per individuare il nemico; ed elementi operativi speciali per condurre raid mirati. E’ necessaria una combinazione di tutte queste risorse per evitare che l’Iraq diventi un porto sicuro per i terroristi. Negli ultimi sei mesi abbiamo anche individuato gli estremisti della milizia sciita, catturandone alcuni leader e combattenti di spicco, nonché il vicecomandante del gruppo libanese Hezbollah Department 2800, l’organizzazione creata per sostenere, addestrare, armare, finanziare e, in alcuni casi, guidare la milizia estremista della Qods Force, il braccio armato segreto del Corpo delle Guardie islamiche rivoluzionarie dell’Iran. Si tratta di coloro che hanno ucciso e rapito i leader del governo iracheno, massacrato e ferito i nostri soldati con ordigni esplosivi sofisticati forniti dall’Iran, nonché lanciato missili in modo indiscriminato sui civili nella Zona Internazionale e altrove. E’ sempre più ovvio, sia per la Coalizione sia per i leader iracheni, che l’Iran, tramite l’uso della Qods Force, tenta di trasformare i gruppi speciali iracheni in una forza simile a Hezbollah per fare i propri interessi e combattere una guerra “per procura” contro lo stato iracheno e le forze della coalizione in Iraq. Lo sviluppo più significativo negli ultimi sei mesi è stato l’aumento crescente di tribù e di cittadini locali che rifiutano al Qaida e altri estremisti. Questo fatto è stato più evidente nella provincia di Anbar. Un anno fa era considerata una provincia politicamente “persa”. Oggi è un esempio di ciò che avviene quando leader e cittadini locali decidono di opporsi ad al Qaida e di rifiutarne l’ideologia simil-talebana. Anbar è unica e il modello che rappresenta non può essere replicato altrove in Iraq, tuttavia è la dimostrazione che i grandi mutamenti in materia di sicurezza sono possibili con il sostegno e la partecipazione degli abitanti locali. Nel grafico si può vedere che altre tribù hanno tratto ispirazione da quanto è successo ad Anbar e si sono offerti volontari per lottare contro gli estremisti. In coordinamento con il Comitato nazionale per la riconciliazione del governo iracheno, ci stiamo avvalendo di queste tribù e dei gruppi di cittadini che vogliono opporsi agli estremisti e dare un contributo alla sicurezza locale. Circa 20 mila di queste persone stanno già entrando a far parte della polizia irachena, altre migliaia dell’esercito iracheno e migliaia sono in competizione per avere un posto nelle forze di sicurezza irachene. Come già sottolineato, le forze di sicurezza irachene continuano ad aumentare, a sviluppare le proprie capacità e a sobbarcarsi sempre più il fardello della sicurezza nel loro paese. Nonostante le preoccupazioni destate dall’influenza delle sette, dall’inadeguatezza della logistica e dalla carenza di ufficiali qualificati nominati e no, le unità irachene sono impegnate in tutto il paese. Il grafico mostra che ci sono circa 140 battaglioni tra esercito iracheno, polizia di stato e forze operative speciali che al momento stanno combattendo; di questi, 95 sono in grado di assumere il comando durante le operazioni, seppur con un supporto da parte della Coalizione. Inoltre, tutti i battaglioni iracheni sono stati pesantemente coinvolti nelle manovre di combattimento che spesso sono sfociate nella perdita di comandanti, di soldati o di attrezzature. Tali perdite rientrano nei punti deboli evidenziati dalle valutazioni sulla prontezza operativa, ma non dobbiamo trarre da quelle valutazioni l’impressione che le forze irachene non siano nel pieno della battaglia e non stiano dando il loro contributo. In realtà, nonostante le carenze, molte unità irachene in tutto il paese stanno attualmente operando con una minima assistenza da parte della coalizione. Dal momento che le operazioni per contrastare le insurrezioni richiedono un numero notevole di militari sul campo, stiamo aiutando gli iracheni ad aumentare la dimensione delle loro forze di sicurezza. Al momento ci sono circa 445.000 persone sul libro paga del ministero dell’Interno e del ministero della Difesa. In base a quanto recentemente stabilito dal primo ministro Maliki, il numero delle forze di sicurezza irachene aumenterà ulteriormente entro la fine dell’anno, probabilmente di oltre 40 mila unità. Considerate le sfide per la sicurezza che l’Iraq deve affrontare, siamo favorevoli a tale decisione e collaboreremo con i due ministeri, che proseguono i loro sforzi per aumentare la capacità di formazione di base, i programmi di sviluppo di punta, strutture ed elementi logistici, e varie altre capacità istituzionali per sostenere la sostanziale crescita delle forze irachene. E’ significativo che nel 2007, come nel 2006, l’Iraq spenderà per le proprie forze di sicurezza più di quanto riceverà per l’assistenza alla sicurezza da parte degli Stati Uniti. L’Iraq, infatti, sta diventando uno dei principali acquirenti militari stranieri degli Stati Uniti, avendo già vincolato 1,6 miliardi di dollari all’FMS, con la possibilità di aggiungere altri 1,8 miliardi prima della fine dell’anno. Vorrei esprimere la mia gratitudine per l’attenzione che alcuni membri del Congresso hanno recentemente profuso per velocizzare le procedure dell’FMS a favore dell’Iraq. Per concludere, la situazione sicurezza in Iraq sta migliorando e le forze irachene si stanno lentamente assumendo sempre più la responsabilità di proteggere i propri cittadini. Ci sono da affrontare ancora innumerevoli sfide; tuttavia, la Coalizione e le forze di sicurezza irachene hanno fatto passi avanti verso il raggiungimento di una sicurezza sostenibile. Grazie a questo, nei prossimi mesi, gli Stati Uniti saranno in grado di ridurre le proprie forze in Iraq. Due settimane fa ho fatto alcune raccomandazioni su come proseguire l’impegno in Iraq ai membri della mia catena di comando e al capo di stato maggiore. Nella sua sostanza, l’approccio che raccomando si riassume perfettamente nel titolo del documento: “Sicurezza nella transizione: dal comando alla partnership e alla sorveglianza”. Questo approccio intende continuare a costruire sui miglioramenti della sicurezza che i nostri soldati e i nostri alleati iracheni hanno duramente combattuto per ottenere negli ultimi mesi. Riflette il riconoscimento dell’importanza di dare sicurezza alla popolazione e la necessità di trasferire la responsabilità alle istituzioni e alle forze irachene il più presto possibile, ma senza esporsi al rischio di un fallimento. Prevede consistenti aiuti per lo sviluppo delle forze di sicurezza irachene. Pone anche l’accento sulla necessità di proseguire la strategia di controinsurrezione che abbiamo messo in atto, ma con una graduale assunzione di responsabilità da parte degli iracheni. E ribadisce l’importanza di un’impegno diplomatico a livello regionale e globale. Infine, riconoscendo che questa guerra si combatte non soltanto sul terreno dell’Iraq ma anche nel ciberspazio, sottolinea la necessità di affrontare l’uso sempre maggiore che il nemico fa di quest’arma per diffondere l’estremismo. Le raccomandazioni che ho offerto si basavano su considerazioni operative e strategiche. Le prime prevedono il riconoscimente del fatto che: - gli aspetti militari dell’insurrezione hanno assunto maggiore importanza - le forze di sicurezza irachene sono cresciute e hanno lentamente assunto maggiori responsabilità per il mantenimento della sicurezza in Iraq - concentrare l’attenzione della nostra missione soltanto sulla sicurezza della popolazione o sulla transizione non sarà sufficiente per garantire la realizzazione dei nostri obiettivi - per sconfiggere al Qaida in Iraq e le milizie estremiste finanziate dall’Iran è necessario impiegare le forze convenzionali e anche forze operative speciali - la sicurezza e la stabilizzazione della situazione politica locale ci permetteranno di sconfiggere le forze insurrezionaliste. Le mie raccomandazioni tengono conto altresì di un certo numero di considerazioni strategiche: - si potrà ottenere un progresso sul piano politico soltanto se si garantisce un’adeguata sicurezza - la presenza a lungo termine di forze di terra statunitensi sarà agevolata da una riduzione della loro consistenza permessa dallo spegnersi dell’insurrezione - l’impegno sul piano regionale, globale e del cyberspazio è essenziale per raggiungere la vittoria - i leader iracheni vogliono naturalmente assumere una maggiore sovranità sul proprio paese, anche se, come hanno recentemente dichiarato, desiderano che si mantenga la presenza in Iraq delle forze della coalizione fino al 2008, sancita da una nuova risoluzione dell’Onu; dopodiché, intendono negoziare un accordo di sicurezza a lungo termine con gli Stati Uniti e altre Nazioni. Sulla base di queste considerazioni, e dopo avere delineato la situazione sul campo di battaglia con il tenente generale Ray Odierno al fine di conservare e ampliare ciò che le nostre truppe hanno conquistato con grande impegno e fatica, ho raccomandato una riduzione delle forze dispiegate in Iraq con il compito specifico di combattere l’insurrezione. Così, alla fine di questo mese, una parte della Marine Expeditionary Unit lascerà il paese. Inoltre, se le mie raccomandazioni saranno approvate, a questo seguirà il ritiro di una brigata di combattimento a metà dicembre e la ridislocazione di quattro altre brigate e di due battaglioni di marine nei primi sette mesi del 2008, fino a raggiungere, verso la metà di luglio, i livelli precedenti lo scoppio dell’insurrezione (vale a dire, quindici brigate di combattimento). Vorrei anche dire qualche parola sul periodo successivo a quello della prossima estate. La riduzione delle forze proseguirà ulteriormente; comunque, a mio giudizio, sarebbe prematuro definire già ora il ritmo di questa riduzione. Infatti, la nostra esperienza in Iraq ci ha ripetutamente mostrato che fare previsioni per un futuro troppo lontano non è semplicemente difficile, ma può essere anche fuorviante e persino pericoloso. Gli eventi degli ultimi sei mesi ne sono l’esempio più illuminante. Quando, nel gennaio scorso, ho reso la mia testimonianza alla Commissione, per esempio, nessuno avrebbe osato prevedere che la provincia di Anbar avrebbe subito i cambiamente che sono occorsi negli ultimi sei mesi. E nessuno avrebbe previsto che persone provenienti dalle ex roccaforti di al Qaida nel quartiere di Ghazalia, nella parte occidentale di Baghdad, o in quello di Adamiya, nella zona orientale, si sarebbero presentate volontarie per combattere contro al Qaida. Nessuno avrebbe previsto che un governo a guida sciita avrebbe accettato un consistente numero di volontari sunniti nei ranghi della forza di polizia locale ad Abu Ghraib. Oltre a questo, anche se il tono questa volta è meno incoraggiante, nessuno di noi all’inizio di quest’anno aveva ancora compreso quanto fosse profondo il coinvolgimento dell’Iran in Iraq, cosa di cui ora tutti noi e i leader iracheni considerano con forte preoccupazione. Tenendo conto di questo, non credo sia opportuno fare previsioni sul ritmo di ulteriori riduzioni delle forze al di là dell’estate 2008, almeno prima della metà marzo del prossimo anno. In quel momento prenderemo in considerazione fattori analoghi a quelli sui quali ho basato le mie attuali raccomandazioni ma, naturalmente, con una migliore comprensione della situazione relativa alla sicurezza, dei progressi compiuti dai nostri alleati iracheni e delle condizioni del nemico. In quel momento, come ho già fatto oggi, prenderò anche in considerazione le richieste e le esigenze delle nostre truppe, per quanto sia convinto che ciò debba soltanto informare, e non dirigere, le mie raccomandazioni. Questa tavola riassume le raccomandazioni che ho esposto, mostra la proposta riduzione delle unità di combattimento in corrispondenza con lo spegnersi dell’insurrezione e delinea il concetto di una ridefinizione dei compiti assegnati alle nostre unità nonché il trasferimento di responsabilità agli iracheni, nella misura in cui lo consentano la situazione generale e la capacità operativa degli iracheni. Si può sostenere che il modo migliore per rendere più rapido il processo di trasformazione dell’Iraq sia quello di mutare il compito della missione MNF-1, dando meno importanza alla questione del mantenimento della sicurezza per la popolazione, e concentrando l’attenzione soprattutto sul problema della transizione e del controterrorismo. Questa scelta, a nostro giudizio, sarebbe ora prematura. L’esperienza ci ha insegnato che è molto rischioso assegnare compiti specifici alle forze di sicurezza irachene prima che queste ultime abbiano acquisito le necessarie capacità e prima che la situazione locale lo consenta. Infatti, gli autori del recente National Intelligence Estimate on Iraq hanno riconosciuto questo pericolo quando hanno scritto: “Riteniamo che cambiare l’obiettivo della missione delle forze di Coalizione dall’impegno nella controinsurrezione e nella stabilizzazione del paese al ruolo di supporto per le forze irachene e le operazioni controterroristiche intese a impedire il radicamento di al Qaida possa mettere a rischio i successi che abbiamo finora ottenuto”. Come l’ambasciatore Crocker, anche io credo che per risolvere i problemi dell’Iraq sia necessario un impegno a lungo termine. Non esistono risposte facili o soluzioni rapide. E sebbene entrambi siamo convinti che questo impegno potrà portare alla vittoria, è chiaro che occorrerà parecchio tempo. Le nostre dichiarazioni sottolineano come sia estremamente importante riconoscere che un ritiro prematuro delle nostre forze potrebbe avere conseguenze disastrose. Questa valutazione è confermata dai risultati Anche le morti di civili di tutte le categorie, escludendo le cause naturali, sono diminuite considerevolmente, di oltre il 45 per cento in tutto l’Iraq rispetto al mese di dicembre che ha visto il culmine della violenza settaria. Lo potete vedere dalla curva in alto, sul grafico, mentre il calo di circa il 70 per cento a Baghdad è indicato dalla curva in basso. Gli attacchi periodici di al Qaida hanno provocato stragi e hanno portato a un tragico incremento delle cifre, particolarmente al di fuori di Baghdad. Tuttavia, anche senza considerare questi attacchi sensazionali, il numero delle vittime civili è chiaramente ancora troppo alto e continua a preoccupare seriamente. Come mostra il grafico successivo, il numero di vittime della violenza etnico-settaria, un importante sottogruppo delle statistiche globali per le vittime civili, ha registrato anch’esso un calo significativo rispetto al picco della violenza settaria di dicembre. Nell’insieme del paese, come evidenzia la curva in alto di questo grafico, il numero di vittime della violenza etnico-settaria è diminuito di oltre il 55 per cento, e avrebbe registrato un calo anche più marcato se non ci fossero state le vittime dei barbari bombardamenti di al Qaida che tentavano di reinnescare la violenza settaria. A Baghdad, come si vede dalla curva in basso, il numero di vittime della violenza etnico-settaria è sceso dell’80 per cento da dicembre. Il grafico mostra anche la densità degli incidenti settari nei vari sobborghi di Baghdad e riflette al contempo i progressi compiuti nel ridurre la violenza etnico-settaria nella capitale irachena identificando anche le aree che presentano ancora un rischio elevato. A mano a mano che abbiamo proseguito l’offensiva contro al Qaida e le roccaforti dei ribelli, e che la popolazione locale ha aumentato il supporto ai nostri sforzi, abbiamo individuato sempre più depositi di armi, munizioni ed esplosivi. Come mostra questo grafico, finora, quest’anno, abbiamo già trovato e bonificato oltre 4.400 depositi, circa 1.700 in più rispetto a quelli individuati lo scorso anno. Questo potrebbe essere uno dei fattori che ha portato, negli ultimi mesi, alla diminuzione del numero di attacchi effettuati con ordigni esplosivi improvvisati, che, da giugno, come si vede dal grafico, ha subito una netta riduzione di circa un terzo. Il mutamento delle condizioni di sicurezza nella provincia di Anbar è stato, ovviamente, particolarmente significativo. Come si può osservare dal grafico, i livelli di attacchi mensili ad Anbar sono passati da circa 1.350 nell’ottobre 2006 a poco più di 200 nell’agosto di quest’anno. Tale significativa diminuzione riflette l’importanza del rifiuto locale verso al Qaida e della nuova volontà degli anbari a prestare servizio nell’esercito e nella polizia iracheni. Come detto in precedenza, stiamo osservando processi simili anche in altre località. Per essere chiari, la situazione non è stata uniformemente positiva in tutto l’Iraq, come si evince da questo grafico che riporta i livelli di violenza in alcune province chiave del paese. La tendenza nella provincia di Ninevah, per esempio, è stata caratterizzata da alti e bassi, fino a una recente diminuzione, come è successo nelle province di Sala e Din, dove gli ultimi sviluppi, lì e a Baghdad, sono andati nella giusta direzione. Comunque sia, la tendenza generale in Iraq – una progressiva riduzione degli incidenti negli ultimi tre mesi – è piuttosto significativa. Anche il numero di autobomba e di attacchi suicidi è diminuito negli ultimi cinque mesi, passando, come mostra il grafico, da un picco di 175 in marzo a circa 90 nel mese scorso. Nonostante l’andamento degli ultimi mesi sia stato incoraggiante, il numero di attacchi di alto profilo, invece, è ancora troppo elevato e continuiamo a lavorare risultati di un rapporto sulle conseguenze di un frettoloso ritiro delle forze americane dall’Iraq pubblicato il 16 agosto scorso dalla Defense Intelligence Agency. Secondo questo rapporto, un affrettato ritiro darebbe un’ulteriore spinta alle forze centrifughe presenti in Iraq e provocherebbe una serie di pericolose ripercussioni, compreso il rischio di una disintegrazione delle stesse forze di sicurezza irachene, un rapido deterioramento dell’impegno locale per il mantenimento della sicurezza, un nuovo radicamento di al Qaida e una sua maggiore libertà di manovra, un netto aumento della violenza e ulteriori spostamenti di popolazioni su base etnico-settaria, alleanze di convenienza fra diversi gruppi iracheni con forze interne ed esterne al fine di avvantaggiarsi sui propri rivali, un inasprimento di già tese dinamiche regionali, soprattutto in relazione all’Iran. Io e il tenente generale Odierno siamo della stessa opinione e riteniamo che il modo migliore per garantire i nostri interessi nazionali ed evitare esiti sfavorevoli in Iraq sia quello di continuare a concentrare le nostre operazioni sulla necessità di garantire la sicurezza alla popolazione irachena, combattendo nel contempo i gruppi terroristici e le milizie estremiste e trasferendo, per quanto lo consenta la situazione, la responsabilità del mantenimento della sicurezza alle forze irachene. Prima di concludere, vorrei ringraziare voi e i vostri colleghi per il sostegno che avete dato agli uomini e alle donne delle nostre forze in Iraq. I soldati, i marinai, gli avieri, i marine e i guardiacoste con i quali ho l’onore di servire la Patria sono la forza meglio equipaggiata e molto probabilmente la forza più professionale in tutta la storia della nostra nazione. Incredibilmente, malgrado tutto quello che è stato chiesto loro negli ultimi anni, continuano ad alzare la mano destra e a offrirsi volontari per vestire l’uniforme. A tre settimane dalla conclusione di questo anno fiscale, in effetti, gli elementi dell’esercito in Iraq, per esempio, hanno raggiunto più del 130 per cento degli obiettivi di riarruolamento nel periodo di ferma iniziale e quasi il 115 per cento nella categoria midcareer. Tutti noi apprezziamo quello che avete fatto per far sì che questi grandi soldati disponessero di tutto il necessario per compiere la loro missione, così come apprezziamo quello che avete fatto per prendervi cura delle loro famiglie, poiché anche queste famiglie hanno affrontato grandi sacrifici negli ultimi anni. Gli investimenti che avete approvato in armamenti e equipaggiamenti, in munizioni, in dispositivi di comando, di controllo e di comunicazioni; in sistemi di intelligence, sorveglianza e ricognizione; in veicoli e programmi e sistemi contro-IED, e in velivoli pilotati o teleguidati, sono stati preziosi in Iraq. Anche il materiale che avete finanziato più di recente – specialmente i veicoli che forniranno una maggiore protezione contro ordigni esplosivi improvvisati – sono di enorme importanza. Inoltre il finanziamento del Commander’s Emergency Response Program ha fornito ai nostri capi uno strumento chiave per proseguire la controffensiva. Infine, siamo anche grati per il finanziamento dei nuovi programmi di detenzione e di iniziative volte a instaurare lo stato di diritto in Iraq. Concludendo, resta uno straordinario privilegio essere ancora in Iraq con la nuova “Greatest Generation” americana. Gli uomini e le donne in uniforme del nostro paese hanno fatto un lavoro magnifico nella situazione più complessa e difficile che si possa immaginare. Tutti gli americani dovrebbero essere molto fieri dei loro figli e delle loro figlie che oggi servono in Iraq. Grazie. (traduzione di Ilaria Bondani, Aldo Piccato e Mirella Sanvito)
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