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La Stampa Rassegna Stampa
11.09.2007 Al Congresso americano il rapporto Petraeus sull'Iraq
la cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 11 settembre 2007
Pagina: 3
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «“Tra sei mesi 30 mila soldati fuori dall’Iraq”»
Dalla STAMPA dell'11 settembre 2007:

Le condizioni di sicurezza in Iraq migliorano ed entro l’estate potranno essere ritirati trentamila soldati ma le maggiori minacce arrivano dall’Iran: è questo il messaggio che il generale David Petraeus ha portato al Congresso intervenendo a Capitol Hill in una seduta segnata dalle proteste del pubblico e dalle dure polemiche con i leader democratici.
Il rapporto di Petraeus, comandante delle truppe in Iraq, era atteso al Congresso come la premessa della svolta strategica che il presidente americano, George W. Bush, annuncerà in settimana. Il generale non ha tradito le attese e, con indosso una divisa coperta dalle decorazioni, ha enumerato cifre e statistiche sul «miglioramento delle condizioni di sicurezza in Iraq» grazie all’invio dei trentamila rinforzi decisi dalla Casa Bianca in gennaio. «L’aumento delle truppe ha raggiunto in larga misura gli obiettivi fissati» ha detto Petraeus spiegando che a Baghdad le violenze etniche sono diminuite dell’80 per cento, le tribù sunnite dell’Anbar ora collaborano in massa contro Al Qaeda e i depositi di armi ritrovati superano quota 4400 rispetto ai 3000 del 2006. Sebbene «molto rimane da fare» e «il numero dei civili iracheni uccisi continua ad essere troppo alto» Petraeus ritiene che la mutata situazione consente di procedere all’inizio del ritiro dei rinforzi inviati, incominciando con 2000 marines alla fine di questo mese, continuando a dicembre con 4000 soldati e terminando in estate con i restanti 24 mila uomini previo «un necessario riesame della situazione nel mese di marzo».
In concreto ciò significa che il contingente americano tornerà in luglio a contare 130 mila uomini, come nello scorso dicembre, ed il ritiro totale delle truppe - auspicato dai democratici - non si vede neanche all’orizzonte. «Continueremo ad avere bisogno di unità dell’esercito e dei corpi speciali per i compiti che rimarranno» ha spiegato Petraeus, riferendosi alle perduranti minacce provenienti tanto dai resti di Al Qaeda - decimata dall’eliminazione e l’arresto di 2500 miliziani - quanto dall’Iran. Nei confronti di Teheran Petraeus non ha esitato a puntare l’indice, spiegando che sono le unità della Forza Al Qods e degli Hezbollah libanesi a sostenere, armare ed addestrare le unità della guerriglia sciita che pongono maggiori problemi per la stabilità dell’Iraq. L’ambasciatore Usa a Baghdad, Ryan Crocker, ha dato manforte a Petraeus, confermando che l’«arrivo dei rinforzi ha impedito il crollo dell’Iraq dopo il divampare delle violenze interetniche nel 2006» ed ammonendo si rischi di un ritiro totale che potrebbe causare il collasso di «una società ancora traumatizzata dai 35 anni di dittatura di Saddam». Poche ore prima dell’inizio della testimonianza era stato il premier di Baghdad, Nuri al Maliki, a ribadire che «non è arrivato il momento dei ritiro delle truppe americane» perché «non siamo ancora in grado di sostituirle a tutti gli effetti». La testimonianza di Petraeus e Crocker è avvenuta in un’aula di Capitol Hill dove la tensione è stata sin dall’inizio molto alta. I leader democratici sono andati all’attacco e Tom Lantos, presidente della commissione Esteri della Camera, ha ammonito il generale a «non dirci che la vittoria è a portata di mano perché non è la verità». Lo stesso Lantos aveva nei giorni scorsi avanzato il sospetto che il rapporto di Petraeus fosse stato confezionato dalla Casa Bianca e il generale ha ribattuto prontamente: «L’ho scritto io e non è stato visto prima né dal Pentagono né dalla Casa Bianca». Il botta e risposta in aula ha posticipato di oltre 15 minuti la testimonianza ma è stato solo l’inizio di una seduta arroventata: almeno 7 persone del pubblico sono state allontanate perché contestavano e Petraeus e fra loro c’era anche Cindy Sheehan, la combattiva «Peace-Mom» del movimento anti-guerra.

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