A proposito dell'articolo critcato qui http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=6&sez=110&id=21834 uno scambio di lettere tra un lettore e l'autore:
Ancora una volta la stampa usa articoli di argomenti vari per attaccare, spesso con falsità, lo stato di Israele. Ma quante persone sono in grado di accorgersi, in una rapida lettura, di queste falsità? Il problema dell'acqua è certo da sempre, per tutti i popoli che vivono nei paesi caldi, un motivo di attriti, di guerre e di successivi accordi. Ma come fa Tozzi a considerare la Siria, che si trova a monte di Israele, danneggiata da eventuali utilizzazioni delle acque del Giordano fatte da Israele? E perché Tozzi non fa cenno ai tentativi della Siria di deviare le acque del Giordano, ai quali Israele dovette opporsi? E agli accordi sottoscritti da Israele con la Giordania (che tra l'altro, nel 64, occupava quelli che oggi vengono chiamati "territori occupati")? La spiegazione la si trova forse nell'uso spregiudicato che fa dei numeri. Israele infatti non occupa "quasi per intero" il bacino del Giordano. Israele infatti non trae solo il 2% delle sue esportazioni dall'agricoltura; infatti, dalla sua agricoltura Israele trae anche buona parte del necessario per far mangiare la sua popolazione. Israele, poi, è probabilmente lo stato più avanzato al mondo nell'uso accorto dell'acqua per usi agricoli. Ma questo Tozzi non lo sa, o, se lo sa, non lo dice. Israele è certamente all'avanguardia nel ripulire le acque dei fiumi (vuole Tozzi venire a vedere, per esempio, le condizioni del fiume Alexander che esce dalle città palestinesi come una cloaca e che, subito dopo, viene ripulito al punto che, nel parco Italia, vivono una quantità di animali di acqua dolce)? Vorrei infine porre una domanda a Tozzi: vorrebbe forse che, per non sfruttare l'acqua, che è pur sempre sorgente di vita, il territorio di Israele tornasse arido come era una volta? Guardi Tozzi che, quando tutta l'acqua sgorgava tranquillamente fino al mar Morto, tutte quelle terre erano aride, senza coltivazioni, e non vi era da mangiare per nessuno. E infatti quasi nessuno abitava quelle terre. Insomma, nemmeno il fatto di aver fatto rifiorire il deserto, con il faticoso lavoro di tanti uomini diventati agricoltori per necessità, un tempo riconoscimento universale verso gli ebrei, regge all'odio politico che, sempre più spesso, aleggia negli articoli della stampa del direttore Anselmi. Emanuel Segre Amar
Trasformare un deserto in giardino non è operazione che condivido, da un punto di vista ambientale, né se condotta dagli arabi, né dagli israeliani e non partecipo, per favore, a discussioni politiche sul sionismo che non sono il mio campo. Mi limito a constatare quanto accade in un regione che ho visitato personalmente sotto la guida di geologi israeliani e ebrei qualche anno fa. Accusare di falsità chi ha idee diverse da quelle di chi porge l'accusa è pratica vecchia che non mi impressiona affatto, anche perché in questa replica non c'è un dato che è uno (a meno che l'espressione "buona parte" abbia un qualche senso scientifico, o significhi qualcosa "non occupa il bacino del Giordano", su quali dati idrogeologici lo si nega ?). Non ho mai detto che Israele spreca l'acqua e anzi ho suggerito l'uso dei dissalatori e un uso più esteso di quanto già si fa. Ho poi parlato di Siria e Giordania in termini negativi per la costruzione della diga "Unità", ma non ho ricevuto alcuna risposta piccata, né sono stato accusato di falso, ma i dati seri sono quelli che sono e altri non ne sono stati portati. Mario Tozzi
Desidero ringraziarla per avermi risposto, e, anche, ma non solo, per la sua richiesta, le faccio avere il mio commento alla sua. “Trasformare un deserto in giardino non è operazione che condivido”, mi scrive lei, chiarendomi un messaggio che poteva già trasparire nel suo articolo. Ma il deserto cui lei si riferisce è il risultato di secoli di incuria da parte dell’uomo, e tale non era in tempi lontani. La desertificazione progressiva della terra è, a detta della maggior parte degli studiosi, uno dei grandi problemi dell’umanità. Liberissimo è lei di restare della sua opinione, ma le assicuro che non ho mai sentito altri prima di lei esprimersi in tal modo. “Buona parte”: qui le devo dare parzialmente ragione, ma solo parzialmente. Confesso infatti che, avendo consultato una carta della De Agostini, ho avuto l’informazione scorretta di un Giordano ben più lungo della realtà (a dimostrazione di quanto approssimativi si è spesso quando si tratta di medio oriente!). Tuttavia lei riprende qui l’espressione “buona parte” mentre mi riferivo ad altro; non già al bacino del Giordano ma agli introiti, per uso interno, dei prodotti dell’agricoltura israeliana. E mi sembra che non ci sia la necessità di essere più scientifici. “Non ho mai detto che Israele spreca l’acqua”, mi scrive: il suo ragionamento sullo spreco del 75% dell’acqua per uso agricolo, che produce solo il 2% del PIL, al quale Israele potrebbe benissimo rinunciare, non significa altro che quello che ho affermato. “Dissalatori – ho suggerito un uso più esteso di quanto si fa”; non è vero che ha dato tale suggerimento, mentre è vero ciò che le ho scritto io nella mia precedente, e cioè che è scorretto muovere tali accuse ad Israele che è il paese mondialmente all’avanguardia nel settore. E lei, nel suo articolo non fa, guarda caso, nessun accenno a quello che Israele fa, all’avanguardia, ripeto, a livello mondiale, con l’uso dei dissalatori, dell’irrigazione goccia a goccia, del recupero delle acque, dei tentativi, coronati da successo, per facilitare la pioggia nei luoghi dove la stessa può essere recuperata (con ulteriori incrementi delle piogge nelle zone circostanti). “Siria e Giordania...”: lei ha mosso sapientemente un’accusa a Siria e Giordania per il loro progetto della diga Unità subito dopo aver criticato l’edificazione di una diga da parte di Israele, forse per far pensare al solito lettore distratto che la colpa sia, in realtà, del cattivo israeliano; peccato che:
- tale diga israeliana, “costruita nel 1964”, della quale lei parla ma non fa il nome, semplicemente non esiste.
- come le ho detto la Siria non ha da lamentarsi per gli usi che Israele fa delle acque uscite dal territorio siriano (scrive lei “in qualche modo la interessava”)
- la Giordania, contrariamente a quanto lei scrive, ha sottoscritto un accordo con Israele per l’utilizzo delle acque, e per correttezza di informazioni lei avrebbe dovuto farne menzione su la stampa.
- quando Israele costruì il suo acquedotto di 130 chilometri interamente nel territorio storicamente israeliano, la Siria (che di acqua davvero non manca) voleva attaccare militarmente Israele, mentre la lega araba pianificò opere che loro sì avrebbero danneggiato Israele, che stava a valle delle stesse. Forse, senza questo episodio storico, la guerra del 67 non ci sarebbe stata.
- tale acquedotto arriva oggi fino a Sde Boker; tutte le piantagioni che si trovano più a sud sono irrigate con acqua che arriva dagli impianti di dissalazione sul mar Rosso.
“Non sono stato accusato di falso” mi scrive a conclusione della sua lettera: pensavo di aver fatto cosa a lei utile averle trasmesso l’indirizzo di un sito dove il suo articolo viene interamente riportato con un commento che inizia con la parola “falso”. “Discussioni politiche non sono il mio campo”, mi dichiara. Ne prendo atto, ma, per esempio, quando scrive che “se Israele non producesse più nemmeno un’arancia il benessere interno sarebbe garantito comunque e ci sarebbe molta più acqua per la terza vittima di questo conflitto, i palestinesi”, non entra in una discussione politica, signor Tozzi? Io sono convinto di si. E forse non è quindi casuale se, volendo riprendere il discorso del Papa, lei parte, con la sua analisi, proprio da quanto fanno gli israeliani, oggi sempre più colpevolizzati per tutto quanto fanno, che sia buono o sia cattivo. Chissà come mai lei non ha scritto dei disastri, quelli sì davvero disastri per l’umanità, compiuti dai sovietici nei loro grandi laghi, o dai cinesi, tesi verso l’industrializzazione comunque e ovunque. Non è politically correct, forse. A conclusione di questa mia risposta desidero comunque tranquillizzarla; il giardino del quale si parlava più sopra, come forse lei ha visto in occasione del suo viaggio, non è, in realtà, un giardino, ma un territorio coltivato. Lo si chiama, generalmente, giardino, per la bellezza con la quale si presenta a chi lo vede, per i profumi che emana in certe stagioni, che lo fanno assomigliare a un giardino. Distinti saluti Emanuel Segre Amar |