Globus. Per una teoria storico-universale dello spazio Franz Rosenzweig
Marietti Euro 15
In che modo è cominciata la globalizzazione? Naturalmente con una guerra. E chi è stato il primo ad accorgersene? Un soldatino tedesco in servizio su un fronte secondario, con parecchio tempo a disposizione e molta voglia di pensare.
Globus di Franz Rosenzweig è, per varie ragioni, un libro straordinario. E’ sorprendentemente lucido e altrettanto sorprendentemente angosciante. E’ un capolavoro di introspezione, come se la vecchia Europa si fosse fermata per guardarsi allo specchio, e si fosse vista decrepita e impaurita. Ma è anche un monito, per il divario tra la capacità di visione di Rosenzweig e le catastrofi che poi sono accadute.
Quando decise di abbozzare nientemeno che il disegno complessivo della storia universale il giovane filosofo ebreo era di stanza sul fronte macedone. Era il gennaio del 1917, e il conflitto sembrava destinato a protrarsi all’infinito. Nè era facile immaginarsi l’imminente avvento della rivoluzione in Russia, o la disfatta che, di lì a poco, avrebbe travolto gli imperi centrali.
Rosenzweig era lontano dalle biblioteche; poteva contare solo sull’archivio della propria memoria nonché su una preparazione accademica di tutto rispetto.
La sua dissertazione sul concetto di Stato in Hegel, discussa nel 1912, gli aveva reso familiare la più influente teoria storiografica dell’ottocento tedesco.
Ma il progetto cui ora si accingeva era nuovo e azzardato.
Si trattava di riscrivere gli eventi dell’umanità tenendo conto di una banale verità geografica, e cioè che il nostro pianeta è una sfera: “Per la generazione politica appena precedente alla nostra – si legge in Globus – la terra nella quale si svolge la storia era ancora un disco, così come la si rappresenta nell’immagine geografica del mondo di Omero”. Rosenzweig accantona allora le nozioni tradizionali di centro e periferia, per lavorare a un modello storico senza soluzione di continuità, in cui ogni singolo fatto è al tempo stesso inizio e fine.
Potrebbe sembrare presunzione, ma basta immergersi nella prosa di Rosenzweig per verificare l’efficacia di un metodo che intreccia i dati storici e, per così dire, li curva in modo che la proiezione piana della cronaca si trasformi in un fluire circolare.
“L’unità del globo terracqueo – scrive Rosenzweig – costituisce la forza motrice dell’accadere storico. In mare, questa unità è visibile fin dall’inizio, sulla terra è nascosta e, benché intuita, non è mai del tutto sottratta al dubbio dell’incredulità”. Eppure l’aura dell’altrove continua a emanare la propria forza e a ricordarci che il nostro limitato “qui” non è che una parte del tutto: “L’uomo rimane posseduto da una memoria di libertà e non disimpara il desiderio”. E proprio così va letto Globus, come un manuale per non dimenticare il desiderio della complessità.
Sebbene l’Europa resti il cuore emotivo della sua ecumene, questo ebreo assimilato, profondamente partecipe della cultura tedesca, si dimostra capace di pensare in termini davvero globali: “Ci attendono ancora le più grandi battaglie….per la definizione dell’idea del mondo…Si è parlato di ambiti culturali separati interno. Io non ci credo. Perché Dio, di cui sta scritto che è un guerriero, ha creato un solo cielo e una sola terra”.
Dopo novant’anni esatti, e una infinità di sciocchezze global e no-global, questa di Rosenzweig è ancora una lezione esemplare di pragmatismo della utopia.
Giulio Busi
Il Sole 24 Ore.