Da l'OPINIONE del 6 settembre 2007 un articolo di Paolo Della Sala::Ieri tank israeliani sono entrati nella Striscia di Gaza per un’operazione “limitata”, com’era già trapelato dopo la riunione del consiglio di sicurezza presieduto da Olmert ieri mattina. Israele è contraria ad azioni di terra su vasta scala. Gli israeliani hanno distrutto dei lanciatori di razzi Qassam nella zona di Beit Hanoun. E’ stato escluso il taglio alle forniture di luce e gas alla Striscia, come ritorsione agli attacchi contro la città di Sderot. Oggi i genitori della città di confine hanno manifestato a Gerusalemme. I problemi non sono legati alla sola Gaza. La novità proviene da Ramallah e rischia di essere micidiale per il processo di pace. Non c’è solo Hamas nella crisi dei Qassam. Due giorni fa nove razzi (siamo arrivati a 5000 negli ultimi mesi) sono stati lanciati contro Sderot tra le 7:45 e le 8:15, ora in cui i bambini si recavano a scuola per l’apertura dell’anno scolastico. E’ stato colpito un asilo. Dietro i prossimi lanci ci saranno anche uomini di Abu Mazen?
Ieri le Brigate di Al-Aqsa – legate all’Olp - hanno annunciato l’avvio dell’operazione “Roaring sea waves” (onde ruggenti del mare). Lo riferisce l’Agenzia stampa palestinese Ma’an news. L’unità Buraq ha annunciato che un blocco della luce e del gas a Gaza, provocherà l’avvio di “operazioni di alta qualità” e la continuazione del lancio di razzi contro Israele. Martedì un’altra unità delle Brigate Al-Aqsa, il gruppo Al-Mujahidin, ha rivendicato il lancio di razzi contro Sderot. Il ritorno sulla scena militare di Al Fatah cambia radicalmente lo scenario strategico del conflitto. Tornano a emergere dubbi sulla natura del moderatismo dell’Olp. L’esercito israeliano la pensa così: ieri l’IDF ha fatto incursioni anche nella “moderata” Cisgiordania: da Nablus (con due morti palestinesi, tre soldati israeliani feriti e un intervento armato di Al-Aqsa) fino alla zona di Hebron. Sul fronte di Gaza – oltre alla reazione militare - Israele lancia un monito contro l’Egitto, dopo la scoperta di un carico di 2,7 tonnellate di esplosivo e di dozzine di missili Katyusha (usati da Hezbollah in Libano) intercettati nel Sinai. La frontiera con l’Egitto è ormai un colabrodo, nonostante la presenza di osservatori internazionali.
Ismail Haniyeh, leader di Hamas, parla di pace con l’Olp, proponendo sulle pagine del quotidiano Al Quds che “La soluzione deve avvenire col dialogo e con l’unità della Palestina”, utilizzando uno statuto, una polizia e una legge comune. Ma Abu Mazen prevede la presentazione delle sole liste elettorali Olp. Inoltre il parlamento di Ramallah non si riunisce più. Da parte sua, Hamas ha vietato la preghiera del venerdi al di fuori delle majid (moschee). Ciò per evitare che le preghiere si trasformino ancora in atti di rivolta di Fatah contro il potere di Hamas, com’è avvenuto nelle scorse settimane a Gaza. Altre complicazioni: cinque uomini di Fatah, ricoverati nell’ospedale di Khan Younis a sud di Gaza, sarebbero stati rapiti e torturati da Hamas, secondo Fatah. L’unico leader popolare (implicato in gravissimi atti di sangue) è Marwan Barghuti, in carcere da anni. Barghuti era considerato un mediatore tra le due fazioni palestinesi, ma le sue recenti dichiarazioni sono contrarie ad Hamas.
Sembra che le due fazioni siano costrette a trovare la pace solo attraverso la proclamazione del “jihad” contro gli israeliani. Paradosso che manda in fumo i bizantinismi dalemiano-prodiani. Tutto è legato a un appuntamento importantissimo, la Conferenza di pace prevista negli Usa il prossimo novembre. La Conferenza incrocia altre scadenze nodali, come il possibile attacco contro l’Iran, ipotesi rilanciata due giorni fa da Robert Baer, intervistato su Fox News. Baer è un ex ufficiale Cia, attivo nel settore del Medio Oriente. Quasi nessuno vuole la pace, in realtà, tra gli arabi. Dopo il fallimento annunciato della Conferenza, scatterebbe una nuova Intifada, supportata con le armi da Hezbollah, Siria e Iran (Ahmadinejad ha appena incontrato alcuni leader jihadisti palestinesi in “esilio”). Russia e Venezuela supporterebbero lo scontro dal punto di vista finanziario e con la vendita di armi. Lo scenario rischierebbe di allargarsi dal Pakistan all’Iraq.
Se il quadro è questo, suonano rischiose le scelte della Ue di donare altri 21 milioni di euro nelle casse palestinesi. Dal giugno del 2006 sono stati trasferiti dalla Ue a Ramallah 338 milioni di euro, attraverso il Temporary International Mechanism. Quante guerre si fanno in nome della pace”, si potrebbe dire pensando a Bruxelles e a Roma. Al termine dell’incontro romano col premier libanese Fouad Siniora, Romano Prodi ha ribadito che il successo della Conferenza internazionale sul Medio Oriente dipenderà da “quanto più ampio sarà il numero dei partecipanti”. Alludeva alla Siria. Perché allora Prodi non invita anche Bin Laden? Da parte sua Tzipi Livni, dopo l’incontro con Massimo D'Alema, dichiara di attendersi nuove violenze. La seconda Intifada scoppiò dopo il fallimento del clintonismo a Camp David nel 2000. Il disastro del Medio Oriente e il terrorismo non sono iniziati con la “invasione” dell’Iraq, ma con l’irenismo metafisico di Camp David.
E uno di Dimitri Buffa:
Che l'ottanduenne socialista israeliano Shimon Peres, da poco divenuto capo dello Stato ebraico, e l'ottantatreenne Giorgio Napolitano, da un anno presidente della repubblica italiana, ieri si siano trovati d'accordo non occorre volerlo credere: Napolitano è stato il primo e finora l'unico inquilino del Quirinale a condannare così apertamente l'antisemitismo da equiparare ad esso l'antisionismo militante della sinistra antagonista. E in Israele sanno cosa significhi la gratitudine. Anche sul semplice piano morale. E infatti anche ieri Napolitano non ha tradito le attese di Peres affermando che "bisogna rafforzare le posizioni del premier israeliano Olmert e del presidente palestinese Abu Mazen e colpire gli estremisti". Dichiarazione che suona opposta a quella ufficiale che parla di dialogo con Hamas e con l'Iran. Così come invece propone il governo Prodi. Che tutti i problemi tra Italia e Israele siano stati appianati è cosa non vera sicuramente.
Anche perché Peres si è scomodato alla sua tenera età a farsi tre ore di volo per venire a Roma non per fare il turista, ma solo per incontrare il Papa Bendetto XVI e trasmettergli l'appello disperato delle famiglie di Gilad Shalit, Ehud Goldwasser e Eldad Regev, cioè i tre soldati rapiti, il primo al confine con Gaza e gli altri due in territorio israeliano ai confini con il Libano rispettivamente da Hamas e da Hezbollah, un anno fa. Peres è da noi per perorare gli interessi di tre vittime di due organizzazioni terroristiche finanziate dall'Iran (e fino a poco tempo fa anche dall'Europa), e ciò nonostante prese in grande considerazione politica dall'attuale esecutivo al governo. Tra l'altro, con la solita insopportabile ambiguità politica e valoriale che contraddistingue gli uomini di questa maggioranza, ieri, nelle stesse ore in cui Peres si intratteneva prima con Napolitano e poi con Romano Prodi, il presidente della commissione Esteri del Senato Lamberto Dini, conversava amabilmente con il vice ministro degli esteri dello Stato canaglia Iran, potenziale cancellatore dello Stato di Israele dalla cartina geografica del Medio Oriente. La scarna nota dell'Adn kronos ci informava che Saeid Jalili e Dini avrebbero discusso dei problemi della pace in Medio Oriente, che è come discutere con chi ha ucciso i coniugi di Treviso le misure del pacchetto anti-criminalità.
La giornata di D'Alema a Gerusalemme è stata tutta all'insegna del "precisiamo meglio le cazzate che avevo detto su Hamas". Ciò nonostante non è riuscito a non infilarne un'altra, subito ripreso dalla collega Livni. Infatti Baffino, preso da febbre di citazioni storiche, dopo avere sproloquiato sulla non possibilità di fallire la prossima conferenza di pace convocata da Bush, suggerendo agli arabi di aprire un ufficio diplomatico in Israele e allo stato ebraico di accettare anche la Siria al tavolo di pace, ha ricordato come "ora in Medio Oriente abbiamo tutti un'occasione importante" e poi ha citato "un ex premier israeliano che diceva che in Medio Oriente non perdiamo mai occasione per perdere una buona occasione". Peccato però la citazione, come lo ha subito corretto la Livni, non fosse stata riferita a tutti indistintamente i protagonisti della trattativa, ma ai soli palestinesi. Erano i tempi di Golda Meir, e D'Alema ci ha provato un altra volta, chissà se inconsciamente e per ignoranza o con la malafede che lo caratterizza, a capovolgere i fatti, le cose e le persone.Per capire il vero significato della visita di Peres a Roma basterà avere presenziato al discorso che Peres ha tenuto ieri sera in Sinagoga e che per motivi di orario questo giornale non potrà raccontarvi prima di venerdì.
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