Charles Vanik (1913-2007), un deputato democratico dello stato dell’ Ohio al Congresso Americano e’ morto giovedi’ all’ eta’ di 94 anni in Florida. Fu lui, insieme al senatore democratico dello stato di Washington, Henry Scoop Jackson (1912-1983) a ideare e far passare lo storico Jackson-Vanik Amendment del 1974 che permise ai Refuseniks, come furono chiamati gli Ebrei sovietici a cui veniva rifiutato il visto per lasciare l’ Unione Sovietica, di poter finalmente emigrare in paesi liberi. Il genio del Jackson-Vanik Amendment fu di legare rapporti commerciali e di scambio, ai diritti umani e al diritto di emigrazione da paesi totalitari. Cio’ permise agli Stati Uniti, giacche’ l’ Unione Sovietica aveva firmato i Patti di Helsinki che prevedevano il rispetto dei diritti umani delle minoranze, di mettere l’ Unione Sovietica in una situazione dove doveva scegliere tra la continua violazione dei diritti delle minoranze, tra cui appunto il diritto ad emigrare, e gli scambi commerciali, linfa, a parere di Nathan Sharansky, dissidente e prigioniero politico dell’ Unione Sovietica, senza la quale l’ Unione Sovietica sarebbe arrivata al tracollo. E fu cosi’ che un Occidente libero senza sparare un solo colpo rimise in liberta’ milioni di Ebrei sovietici. Questo fu precisamente perche’ gli interessi commerciali e di stato presero un secondo piano agli interessi della liberta’, dei diritti umani e della democrazia. Questo fu perche’ invece di cercare di pacificare l’ Unione Sovietica dispotica e bellicosa, basti pensare a Budapest anno 1956 e Praga anno 1968, con l’ arrendevolezza di relazioni diplomatiche e economiche e altri contentini vari, l’ Occidente, sotto la leadership americana mise la dittatura Sovietica con le spalle al muro.
Rapportando la situazione di ieri alla situazione di oggi, quanti lamentino la deterrenza nucleare americana contro l’ Iran, pretendendo che Bush sia peggiore di Ahmadinejad, farebbero bene a meditare sul Jackson-Vanik Amendment, e qualora volessero scongiurare una guerra atomica farebbero bene a mettersi dietro a coloro che con lungimiranza chiedono a viva voce che governi quali quello italiano, smettano di sostenere economicamente e finanziariamente l’ Iran con relazioni diplomatiche e economiche. Ricordero’ che gia’ dal 1995, sotto la presidenza di Bill Clinton, gli Stati Uniti imposero a compagnie petrolifere americane quali Conoco, Mobil e Exxon di non contrarre e eventualmente rescindere contratti commerciali con compagnie iraniane e libiche, mentre la Total, compagnia petrolifera francese, e l’ ENI, compagnia italiana, per fare un esempio, fanno tuttora commercio con l’ Iran. Cio’ non giova certo agli Iraniani, ne’ ai dissidenti, ne’ agli studenti , ne’ alle donne, ne’ alle minoranze etniche e religiose, ne’ agli omosessuali, che si vedono sempre piu’ oppressi dagli ayatollah. Quando si pensa che l’ Iran, nonostante sia tra i maggiori produttori di petrolio al mondo, dipende dal resto del mondo per prodotti raffinati del petrolio e la tecnologia, basterebbe congelare le esportazioni di prodotti raffinati all’ Iran per immobilizzare immediatamente i piani omicidi di Ahmadinejad. Paradossalmente, con una mossa cosi’ banale, gli Ayatollah non avrebbero abbastanza benzina per arrivare in tassi’ agli impianti dove costruiscono bombe nucleari. Daremmo cosi’ all’ opposizione interna iraniana la possibilita’ di abbattare dal di dentro quell’ odioso regime.
A questo articolo ha collaborato Piera Prister
Emanuela Prister
Dallas Texas