"Coraggiosi, audaci, pronti all'estremo sacrificio": qualcuno i reparti delle SS li vedeva così e ora Sergio Romano invita alla "tolleranza"
Testata: Corriere della Sera Data: 05 settembre 2007 Pagina: 39 Autore: Sergio Romano Titolo: «Una chiesa in Alto Adige e la foto di un giovane milite»
La storia, per Sergio Romano, è questione di punti di vista. E se "per moltigiovani" durante la seconda guerra mondiale i reparti delle SS sono stati soprattutto "coraggiosi, audaci, pronti all'estremo sacrificio" e se i giovani di "alcune popolazioni di frontiera" combattendo insieme ai nazisti ebbero la "sensazione di combattere per la propria patria ", non si potrà non tenerne conto con "tolleranza". Di seguito, dal CORRIERE della SERA del 5 settembre 2007, l'incredibile risposta dell'ex ambasciatore a un lettore
Frequento da anni il Sud Tirolo, da noi chiamato Alto Adige, e comprendo che possa essere scomodo vivere entro i confini di una nazione diversa per lingua, storia, cultura ed economia. Però mi ha fatto impressione in una chiesa nel centro di un paese vicino a Bolzano notare all'ingresso una lastra tombale con ben in evidenza la foto di un giovane milite delle SS. Avevo visto elmetti della Wehrmacht intorno alle chiese in altri paesi della provincia, ma che il ricordo di uomo appartenuto al più sanguinario corpo della storia venga mostrato a tutti mi è sembrato stonato, benché pubblicamente accettato. I sudtirolesi sono rappresentati in larga maggioranza dalla Svp, un movimento conservatore d'ispirazione religiosa (antiabortista al tempo del referendum), che si è peraltro alleato localmente e a Roma con il centrosinistra: perché non provare a collaborare alla rimozione del passato oscuro, partendo dalle piccole cose? Maurizio Boerci mauriboe@tin.it Caro Boerci, suppongo che la lapide di cui lei parla non sia all'interno dell'edificio, ma nel piccolo cimitero che circonda spesso le chiese, soprattutto nei Comuni della provincia di Bolzano. A Corvara, ad esempio, ho visto questa estate, attorno alla piccola chiesa gotica di Santa Caterina, tombe con lapidi in ladino, italiano e tedesco. Quella che ha attratto i suoi occhi contiene in effetti una contraddizione. Il Terzo Reich fu, oltre che ferocemente antisemita, ideologicamente anticristiano, e trattò spesso le due maggiori chiese tedesche, luterana e cattolica, come istituzioni nemiche. Ma la popolazione del Tirolo meridionale è devotamente cattolica. Come è possibile, lei si chiede, che il parroco, il sindaco, il vescovo, l'autorità provinciale e la Svp (Südtiroler Volkspartei), che raccoglie i maggiori consensi della popolazione locale, tollerino in un luogo sacro una sorta di indiretto tributo a un corpo militare e poliziesco che fu fanaticamente fedele a Hitler e non avrebbe mancato di eseguirne gli ordini anche contro la Chiesa cattolica? La cosa le sembrerà meno sorprendente se ricorderà che la Seconda guerra mondiale fu percepita da alcune popolazioni di frontiera in modo alquanto diverso dal nostro. Penso ai tedeschi del Sud Tirolo, della Slesia, del Sudetenland, di una parte dell'Alsazia. Penso ai sassoni della Romania e agli ungheresi della Transilvania, della Croazia, della Vojvodina. Penso ai musulmani della Bosnia e a quelli del Caucaso. Penso agli ucraini, agli estoni, ai lettoni e ai lituani. Per queste genti, o almeno per una parte importante di esse, la liberazione ebbe luogo quando credettero di ritrovare la loro indipendenza (gli ucraini e i baltici) o di essere finalmente ricongiunti alla nazione con cui avevano maggiori affinità storiche e culturali. Quando il Terzo Reich li chiamò alle armi nelle proprie forze armate o formò con essi corpi territorialmente omogenei, molti di quei giovani ebbero la sensazione di combattere per la propria patria contro lo Stato a cui erano stati annessi dopo la Grande guerra o di cui erano stati costretti a diventare cittadini dopo il patto fra la Germania e l'Unione Sovietica dell'agosto 1939. Fu questo probabilmente il clima in cui il giovane di cui lei ha visto la tomba decise di arruolarsi nelle SS, vale a dire in un corpo che fu anch'esso oggetto in quegli anni di una doppia percezione. Fu lo strumento più feroce e inumano del potere di Hitler. Ma i suoi reparti combattenti, per molti giovani, furono soprattutto coraggiosi, audaci, pronti all'estremo sacrificio. Se non tenessimo conto di questa doppia percezione non capiremmo perché il giovane Günter Grass, all'età di sedici anni, ne abbia indossato l'uniforme. Ci vorranno ancora parecchi anni, caro Boerci, prima che l'Europa riesca a relegare nel passato questo intreccio di storie contraddittorie e di percezioni diverse. Nel frattempo è meglio lasciare le tombe dove sono e come sono. La tolleranza, che gli europei hanno faticosamente conquistato dopo la fine delle guerre di religione, vuole che i sepolcri appartengano allo spazio privato della memoria individuale: uno spazio che nessuno dovrebbe invadere.
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