Rafsanjani eletto alla presidenza del consiglio degli esperti si distingue da Ahmadinejad per i toni e per la tattica, non per la strategia
Testata: Il Foglio Data: 05 settembre 2007 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «L’Iran di Rafsanjani»
Dal FOGLIO del 5 settembre 2007:
Roma. Con l’elezione di Ali Akbar Rafsanjani alla presidenza dell’Assemblea degli esperti è iniziato formalmente il conto alla rovescia per la resa dei conti tra gli ayatollah iraniani per la successione alla Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Ali Khamenei. Favorito dalla morte dell’ayatollah Ali Akhbar Meskhini, l’avversario sconfitto da Mohammed Ahmadinejad nelle presidenziali, è riuscito ieri a conquistare la posizione determinante di king maker. Compito dell’Assemblea degli esperti è unicamente quello di eleggere il Rahabar, la guida della Rivoluzione, detentore autocratico di tutto il potere politico sostanziale nella Repubblica: titolare della politica estera, capo delle forze armate, responsabile del sistema giudiziario (con potere di cassazione delle sentenze), può destituire lo stesso presidente e i suoi ministri. L’Assemblea degli esperti ha anche il compito di vigilare il comportamento del Rahabar e destituirlo. Proprio per questo, l’elezione di Rafsanjani può essere cruciale . Da mesi si susseguono le voci sull’aggravamento del cancro di cui soffrirebbe Khamenei, tanto che esponenti conservatori ne hanno chiesto le dimissioni per l’impossibilità di espletare il ruolo. Da oggi, Rafsanjani, che fu determinante per la nomina di Khamenei nel 1989, alla morte di Khomeini, ricopre dunque un ruolo strategico che acutizza la polarizzazione che dilania l’oligarchia iraniana. L’avversario di Rafsanjani (41 voti su 86) in queste elezioni, l’ayatollah Ahmad Jannati (34 voti), rappresenta il polo opposto: è suocero di Ahmadinejad, è il massimo esponente dell’alleanza tra ayatollah estremisti e il blocco dei Pasdaran (che controlla il governo) e, soprattutto, presiede l’ancora più potente Consiglio dei Guardiani, che ha il potere di discriminare i partiti e i candidati alle elezioni e soprattutto di cassare le leggi del Parlamento. Fu proprio il Consiglio di Jannati a bocciare tutte le riforme dell’ayatollah Khatami, decretandone la morte politica. Jannati, peraltro, è alleato dell’ayatollah Mesbah Yazdi, mentore di Ahmadinejad, leader degli ayatollah più integralisti e ideologo della campagna negazionista della Shoah, di quella per la distruzione di Israele, di quella per il riarmo atomico e della feroce campagna di moralizzazione che ha portato negli ultimi mesi a migliaia di incarcerazioni e a decine di impiccagioni. Al contrario di quanto scrivono i media occidentali, Rafsanjani non è affatto il leader del polo riformista dopo la sconfitta di Khatami. Durante le presidenziali ha effettivamente chiesto e ottenuto i voti dei riformisti – persino quelli degli studenti dell’Università di Teheran – ma si distingue dal blocco Ahmadinejad-Jannati-Pasdaran unicamente per ragioni tattiche. Espressione del blocco sociale dei baazari e della Borsa, il corrotto e ricchissimo Rafsanjani esprime il loro disagio per l’estremismo verbale di Ahmadinejad e per la sua fallimentare politica economica, ma non propone nulla di diverso quanto a strategia, tanto che ieri nella sua prolusione non ha avanzato alcun distinguo verso Ahmadinejad e ha soltanto raccomandato una moderazione dei toni, non certo della linea politica: “Ora gli americani hanno lanciato una campagna anti sciita, ma noi dobbiamo badare a non cadere nelle loro trappole, a non lasciarci provocare e a non fornire pretesti al nemico”.
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