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La Repubblica - La Stampa Rassegna Stampa
02.09.2007 Aperture a Teheran e formule fallimentari per l'"unità palestinese"
la pericolosa politica estera di Romano Prodi

Testata:La Repubblica - La Stampa
Autore: Alberto Mattone - Emanuele Novazio
Titolo: «Prodi apre a Teheran: "Accordi positivi" - “La crisi di Gaza minaccia la pace"»
Con una fretta che appare decisamente imprudente, Romano Prodi dà per acquisito e risolutivo l'accordo tra l'Iran, che ha già più volte ingannato la comunità internazionale, e l'Aiea e "apre" a Teheran.
Ancora una volta, il premier italiano segue la linea delle concessioni diplomatiche senza contropartita certa, che indebolisce la capacità della comunità internazionale di esercitare pressioni su chi ne viola le regole.
Da pagina 17 della REPUBBLICA, la cronaca di Alberto Mattone:

AMMAN - «Sulla crisi nucleare iraniana sono un po´ meno pessimista di due mesi fa». Mentre il presidente Usa, Gorge Bush, evoca un´incombente catastrofe atomica, Romano Prodi dà credito all´ultima apertura dei Teheran, che ha concordato per la prima volta con l´Aiea una Road Map per fare chiarezza sulle questioni ancora in sospeso.
La notizia lanciata in un´intervista a Der Spiegel dal capo dell´Agenzia Onu, Mohamed El Baradei, rimbalza ad Amman, dove il premier italiano ieri ha iniziato una visita di due giorni, ed è stata uno dei temi di cui ha discusso con il capo del governo giordano, Marouf Al Bakihit. «E l´ultima chance per Teheran», ha spiegato il premio Nobel per la pace, che ha chiesto al consiglio di sicurezza dell´Onu di aspettare al «massimo dicembre» prima di inasprire le sanzioni contro il regime di Ahmadinejad. El Baradei ha anche messo in guardia Usa e Israele da azioni militari: «Un blitz - dice - potrebbe distruggere gran parte degli impianti di produzione di energia atomica, ma provocherebbe un terribile incendio in tutta la regione». L´accordo tra Aiea e Teheran fa sperare anche Prodi, che vede «contatti incoraggianti che sembrano aprire nuove prospettive». Anche se, accanto al premier giordano, il capo del governo italiano premette che gli ayatollah «devono ottemperare alle richieste della comunità internazionale».
Prodi arriva ad Amman deciso a rafforzare l´azione diplomatica italiana per la pacificazione dell´area, a cui dà un contributo con duemila soldati impegnati in Libano. E la visita iniziata ieri, apre di fatto una girandola di colloqui che il presidente del Consiglio avrà in settimana a Roma con il premier libanese Fouad Sinora, quello israeliano Shimon Peres, e il vice presidente siriano Faruk al Shara. «Il Medio Oriente è la priorità del mio governo», dice Prodi, e spiega che nella Conferenza internazionale promossa dagli Usa a novembre, l´Italia «userà tutti i suoi contatti per raggiungere un successo». Il premier coglie segni di ottimismo anche nel conflitto tra israeliani e palestinesi («Il dialogo tra Olmert e Abu Mazen è serio e va aiutato»), ma avverte anche che la «frattura nel popolo palestinese non aiuta il processo di pace». E su Hamas: «Deve rispettare le tre condizioni internazionali se vuole iniziare un dialogo».
Oggi, Prodi incontrerà al palazzo reale re Abdallah II: al centro del colloquio non ci sarà solo l´Iran, l´Iraq e la questione palestinese. La Giordania ha chiesto all´Italia di dare un contributo nel progetto di costruzione di un canale lungo il confine con Israele, che colleghi il Mar Morto con il Mar Rosso. Il collettore di 150 chilometri aiuterebbe a risolvere il problema della carenza di acqua. E la risposta di Prodi è stata positiva.

Emanuele Novazio, nella cronaca pubblicata dalla STAMPA a pagina 11, mette l'accento sulla posizione di Prodi riguardo alla crisi palestinese.
Il nostro presidente del consiglio sostiene ancora la via del governo di coalizione tra Fatah e Hamas, già fallita. E conclusasi senza alcun riconoscimento di Israele da parte del gruppo islamista.
Prima che le richieste del quartetto siano soddisfatte, una coalizione tra Hamas e Fatah non può favorire la pace, ma solo favorire la legittimazione sulla scena internazionale delle posizioni palestinesi più intransigenti nel rifiutare l'esistenza di Israele.  
Ecco il testo:

L’Italia intende svolgere un ruolo di primo piano nella Conferenza internazionale sul Medio Oriente che dovrebbe svolgersi a novembre negli Usa. Romano Prodi è chiaro, in proposito: pur muovendosi in una cornice europea (il problema semmai è «dar forma a una posizione comune», sottolinea in una conferenza stampa con il collega giordano Bakhit), il nostro governo pensa a «un impegno positivo»: forte dell’esperienza maturata durante la crisi libanese, e più in generale di un’ottima e consolidata «conoscenza dell’area». Un modo per rivendicare all’Italia una competenza particolare in una regione in cui la crisi libanese si intreccia con quella israelo-palestinese, quella irachena e quella iraniana. Il Medio Oriente, sottolinea Prodi, è «una priorità» della nostra politica estera, e «il governo vuole moltiplicare i propri sforzi».
La visita del presidente del Consiglio in Giordania (stamane incontrerà re Abdallah, protagonista di un’intensa mediazione fra israeliani e palestinesi), si inserisce in un fitto intreccio diplomatico. Domani il ministro degli Esteri D’Alema inzierà una delicata missione che lo porterà a Ramallah per un incontro con il presidente palestinese Abu Mazen, al Cairo dal presidente Mubarak, e a Gerusalemme per colloqui con la collega Tzipi Livni e il premier Olmert.
Pensare a una rapida soluzione di crisi tanto complesse è irrealistico. Ma negli ultimi giorni ci sono stati segnali positivi, afferma Prodi: l’incontro fra Abu Mazen e Olmert, «per la prima volta c’è un dialogo regolare e serio» perché si sono affrontati «problemi concreti». Certo «ci sono ancora punti di debolezza», ma proprio per questo «il dialogo va rafforzato e aiutato dall’intera comunità internazionale».
Il premier è tornato sul rapporto con Hamas. Forse per la presenza di Bakhit, preoccupato da un’organizzazione considerata destabilizzante per la monarchia haschemita, Prodi ha usato toni più sfumati rispetto a quanto dichiarato di recente («Hamas esiste e va aiutata ad evolvere») anche se analoghi nella sostanza. Con Hamas si dialogherà solto quando rispetterà le 3 condizioni della comunità internazionale (riconoscimento d’Israele, fine delle violenze, rispetto degli accordi precedenti). Ma «lo scontro fra palestinesi non aiuterà la pace» e potrebbe mettere a rischio la stessa Conferenza sul Medio Oriente. Come dire che Hamas non può essere ignorata: risolvere la crisi interna palestinese è «il punto d’arrivo della politica estera italiana».

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