“ Lascia andare il mio popolo “, era il grido di battaglia negli anni ’80 in quella che fu l’Unione Sovietica,e Nathan Sharansky, insieme a Ida Nudel, ne fu il protagonista. Quando il regime comunista crollò, gli ebrei russi furono finalemnte liberi di emigrare e molti, più di un milione, vennero in Israele. Per Sharansky fu l’inizio di una nuova vita. Testimone da un lato, fu anche un politico dall’altro. Venne eletto deputato alla Knesset, fino al novembre scorso, quando dette le dimissioni, cosa rara ovunque, Israele compreso. “Mi ero reso conto che non era lì che potevo far valere le mie idee, la politica dei partiti non faceva per me”, disse. Oggi dirige il centro studi strategici dell’Adelson Institute presso lo Shalem Center, uno dei centri di ricerca più importanti in Israele.Quando Bush venne fotografato mentre leggeva il suo libro “ The case for democracy”, Sharansky venne citato sui giornali di tutto il mondo, perchè fu lo stesso Bush a dire che era il suo libro ad averne influenzato le scelte in politica estera. Divennero amici, e Sharansky fu un consigliere ascoltato e sincero. Come lo dimostrano i suoi giudizi sulla attuale situazione politica americana, con Bush a solo più un anno dal fine mandato. “ Sarà ricordato come il presidente che ha capito la stretta connessione fra democrazia e sicurezza”, ha dichiarato Sharansky al Jerusalem Post, “ una politica che non riesce a proseguire come vorrebbe perchè è stato lasciato solo, coloro che lo attaccano negano a chi vive in Medio Oriente la possibilità di vivere nella libertà. Il presidente si è trasformato in un dissidente che lotta da solo nella Casa Bianca”, commenta Sharansky, dimostrando la sua lealtà verso l’amico in difficoltà, un comportamento che è l’esatto opposto di quelli che regolano i rapporti politici, dove in genere si abbandona al proprio destino l’alleato-amico diventato debole. Alleato e amico sì, ma anche sincero, Sharansky ha sempre cercato di far capire a Bush quanto l’aiuto dato verso regimi dittatoriali, solo perchè sono nemici dell’Iran, come ad esempio Egitto e Arabia Saudita, non abbia favorito lo sviluppo delle loro società in senso democratico. I Fratelli musulmani sono un pericolo, che però continua a diffondersi, mentre i dissidenti democratici, in entrambi i paesi, hanno vita difficile, molti addirtittura sono in prigione. Mentre sono i dissidenti democratici le forze emergenti da aiutare, non i regimi in carica.Che invece vengono classificati fra i regimi “moderati”. E’ vero che Bush ha dichiarato che in Medio Oriente solo chi attua riforme democratiche può portare la pace, ma questo non è il caso dell’Arabia Saudita, che teme la democrazia quasi quanto l’Iran. Richiesto di indicare se nella corsa presidenziale ci fosse un canditato vicino alle sue idee, Sharansky ha riaffermato la sua stima verso l’amico Bush, “ non vedo nessuno che creda quanto lui in quello che fa, crede con passione nel potere della libertà, ma credere non è sufficiente se non hai una coalizione chi ti appoggia “, ha dichiarato. Nel caso del riarmo atomico dell’Iran, Bush era più che convinto che se non c’erano altre vie per fermarlo, l’unica stada era l’attacco, possibilità tuttora in piedi se il mondo democratico riuscirà a capire la minaccia che arriva da Teheran. L’aiuto ai dissidenti democratici è il suo impegno oggi, in fondo è lo Sharansky di sempre, il “prigioniero di Sion” che chiedeva libertà per il suo popolo nell’Urss comunista. Oggi il nemico è il terrorismo islamista, ma in pericolo è sempre la democrazia, sempre la libertà.
Angelo Pezzana
|