Erdogan amico di un sospetto finanziatore di Al Qaeda, Gul allievo di un antisemita le amicizie pericolose del potere turco
Testata: Il Foglio Data: 30 agosto 2007 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «La faccia buia del potere turco»
Dal FOGLIO del 30 agosto 2007 un articolo sui legami tra Recep Tayyip Erdogan e l’uomo d’affari saudita Yassin Qadi sospettato di finanziare Al Qaeda:
Roma. Se un uomo si può giudicare anche in base agli amici che si sceglie, allora Abdullah Gül, neopresidente turco, avrà qualcosa in più da spiegare agli alleati americani e ai possibili futuri partner dell’Unione europea. A poche ore dalla sua elezione alla massima carica dello stato, l’ex ministro degli Esteri di Ankara è finito infatti sotto osservazione a causa di un lungo e dettagliato articolo, pubblicato ieri dal Wall Street Journal, nel quale si ricordano i molteplici legami tra il compagno politico di sempre di Gül, il premier in carica Recep Tayyip Erdogan, e l’uomo d’affari saudita Yassin Qadi. Proprietario di una catena da 1.500 supermarket in Turchia, ma con interessi economici in mezzo mondo (a cominciare dalla sua Arabia Saudita), Qadi finì, nell’ottobre del 2001, sulla lista nera dei sospetti finanziatori di al Qaida stilata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Da allora, molte sue proprietà sono state congelate in giro per il mondo, ma ciò non gli avrebbe impedito di continuare a gestirne una buona parte, anche grazie – sospettano a Washington – ai controlli non troppo rigidi operati dal governo di Ankara. Architetto formatosi a Chicago, inglese impeccabile, Qadi è un figlio d’arte nel dorato mondo dell’alta finanza saudita e si racconta che, qualche anno fa, si sia addirittura presentato a una convention repubblicana negli Stati Uniti offrendosi di versare mezzo miliardo di dollari per la campagna di George W. Bush. L’offerta fu rifiutata, ma al Dipartimento del Tesoro da anni c’è chi giura invece che altre offerte, per giunta “caritatevoli”, siano uscite dalle tasche di Yassin Qadi per riempire quelle dei leader di gruppi armati della galassia binladenista. Strumento delle operazioni di finanziamento del jihadismo – è l’accusa che gli è stata ripetutamente mossa in America, Regno Unito e Svizzera – sarebbe stata l’ormai disciolta organizzazione benefica islamica Muwafaq, considerata a lungo una copertura con la quale introdurre uomini e denaro destinati alla guerra santa (con la scusa della solidarietà tra musulmani) nei paesi occidentali. Ancora l’anno scorso, il premier turco Erdogan diceva di fidarsi di Qadi “come di mio padre”, in diretta tv, e proprio per rispondere a chi lo accusava di accompagnarsi a un sospetto qaidista. All’origine del legame tra Erdogan e Qadi c’è però un altro imprenditore, il turco Cüneyd Zapsu, socio del saudita, finanziatore del Muwafaq e fondatore del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo. Lo stesso del capo dello stato Abdullah Gül.
Sempre dal FOGLIO , un articolo sull'antisemitismo di Necmettin Erbakan, definito "padre spirituale" di Gul
Roma. Il presidente turco Abdullah Gül è stato allievo, portavoce e braccio destro dell’ex premier Necmettin Erbakan, definito “padre spirituale” del nuovo capo di stato. L’intervista che Erbakan ha rilasciato alla tv Flash, poco prima dell’elezione del suo delfino, acquista un grande valore politico e culturale, svelando il volto torbido, antisemita e paranoico dell’islamismo turco. Gül è stato dal 1991 deputato per i partiti fondati da Erbakan, tra cui quel “Refah” colluso con la violenza islamista. Memri ha tradotto l’intervista di Erbakan, che ha guidato la protesta contro Benedetto XVI in visita in Turchia. Erbakan legge così la vittoria dell’islamismo turco. “Quando prendiamo la mappa del mondo, vediamo 200 paesi colorati e pensiamo che ci siano molte razze, religioni e nazioni. Per 300 anni, queste nazioni sono state dominate da un solo centro, quello razzista e imperialista del sionismo”. Contro il “materialismo giudaico”, Erbakan scatena il revanscismo islamista. “Grazie al nostro amato Profeta, la luce e la felicità sono arrivate a sei miliardi di persone nel mondo”. Il leader turco immagina, come nella bandiera dei Fratelli musulmani, una terra interamente verde, il colore dell’islam. “Siamo diventati i padroni. Noi musulmani abbiamo dominato per undici secoli. Ma sfortunatamente, negli ultimi tre secoli i figli di Israele hanno conquistato il potere materiale. Ora controllano il mondo”. Spiega che “il batterio ebraico deve essere diagnosticato e deve essere trovata una cura”. Dopo aver chiarito come l’ebraismo ha fondato il protestantesimo per egemonizzare gli Stati Uniti, Erbakan dice che “gli ebrei hanno avviato 19 crociate. La diciannovesima è la Prima guerra mondiale. Perché? Per costruire Israele. Hanno usato i cristiani. Noi abbiamo combattuto su trenta fronti in quella guerra. Ci hanno detto che ci avrebbero eliminato per costruire il Grande Israele e ci hanno fatto schiavi”. L’islam “moderato” si allea con i non musulmani contro il fanatismo islamista e riceve il Papa all’aeroporto. Quello di Erbakan è un’altra cosa, si chiama odio antiebraico. Il consigliere di Erdogan e Gül, Mehmet Metiner, disse che “eravamo come i talebani, pensavamo che la società dovesse essere islamizzata, eravamo disposti a usare le bombe”. Spetta a Gül dimostrare di essere cambiato. Magari con un po’ di fedeltà all’eredità di quel genio turco che tolse il velo alle donne, abolì la poligamia, adottò il calendario gregoriano e l’alfabeto latino, spazzando via il giogo califfale. Quello che Erbakan vuole far risorgere al posto della Turchia alleata di Israele.