L’incontro di ieri fra Ehud Olmert e Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si è svolto in forma privata, ma gli argomenti affrontati sono conosciuti, i confini fra i due Stati, lo status di Gerusalemme e i profughi, che Abbas vuole definire in fretta per arrivare alla conferenza di novembre organizzata da Bush con in mano un pacchetto ben definito, che gli dia forza davanti ai suoi. Mentre Olmert insiste sul rispetto della Road Map, rimasto solo sulla carta, soprattutto per quanto riguarda la cessazione del terrorismo. Sembra infatti che Hamas stia organizzando in Siria una rete di terroristi suicidi. La notizia, pubblicata lunedì in prima pagina da Haaretz con molta evidenza, deve essere presa con la massima serietà. Primo, perchè l’affermazione arriva direttamente dal vice capo dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno israeliano. Secondo, dato ancora più indicativo, perchè Haaretz, giornale estremamente attento a non stampare mai nulla che possa incrinare il dialogo con i palestinesi, se non relega la notizia in poche righe nelle pagine interne, come fa abitualmente, vuol dire che l’allarme va preso sul serio. Hamas sta vivendo un momento difficile. I sondaggi lo danno in calo, i palestinesi, da quando Hamas è al potere a Gaza, ne hanno tratto solo danni, si sono accorti che la carta terroristica non ha pagato. Da un lato Israele ha ripreso gli attacchi per sventare i bombardamenti dei missili Kassam sulle città di frontiera al Sud, che stanno riducendo sensibilmente la capacità organizzativa di Hamas, dall’altro, tranne il nostro patetico Prodi, che non si capisce bene se quello che dichiara il lunedì è ancora valido il giorno successivo, l’atteggiamento dell’Unione europea, pur nelle diverse posizioni, non è cambiato nei confronti del movimento terrorista che nega l’esistenza di Israele ma nello stesso tempo pretende di esserne il legittimo interlocutore. Khaled Mashal, il vero capo politico di Hamas, che ama definirsi “ in esilio a Damasco”, quando invece la pronta ospitalità siriana non serve ad altro che a permettergli di organizzare meglio i rapporti internazionali, sembra stia programmando attacchi suicidi nel West Bank e all’interno dello stesso Israele. Una ripresa del terrorismo su grande scala porterebbe a zero l’immagine del capo del Fatah, rivelando, se ancora ce ne fosse bisogno, la sua incapacità a rappresentare il popolo palestinese nella ricerca di un accordo con lo Stato ebraico. Hamas, riprendendo l’iniziativa terroristica, darebbe anche slancio alle sue basi nella Cisgiordania, che non aspettano altro che rientrare nella lotta armata, visti i già buoni risultati della collaborazione con le brigate Al Aqsa, che dovrebbero essere agli ordini di Abu Mazen, mentre le troviamo sempre implicate negli attentati predisposti da Hamas.
Con la qualità della vita sempre più in ribasso a Gaza, Hamas ha assolutamente bisogno di riacquistare credito, anche se la situazione nella Striscia non è così grave come la descrivono i media internazionali, i quali, da quando il potere è nelle mani di Hamas, hanno abbassato i toni per non danneggiarne l’immagine. Che l’intelligence di Hamas sia a Damsco, è un altro aspetto preoccupante. Questo spiega perchè Israele quest’estate ha ripreso alcune manovre militari sul Golan, al confine con la Siria. I servizi israeliani ritengono che le intenzioni di Assad si chiariranno entro qualche settimana. Per intanto, mentre i governi europei fanno finta di non accorgersene, la Siria continua, al riparo persino delle mozioni Onu, che danno segni di vita solo se l’accusato è Israele, a svolgere la sua funzione altamente apprezzata da tutti i terroristi, che siano alla guida di uno stato, come in Iran, o cerchino di diventarlo, come nel caso di Hamas o Hezbollah. Angelo Pezzana da Libero del 29 agosto 2007
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