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La Stampa Rassegna Stampa
25.08.2007 Ricompare il "senso per gli affari" degli ebrei
lo stereotipo in un articolo di Carla Reschia

Testata: La Stampa
Data: 25 agosto 2007
Pagina: 0
Autore: Carla Reschia
Titolo: «Arabi e israeliani divisi da tutto ma uniti dai siti porno»

Il website della STAMPA ha pubblicato un articolo di Carla Reschia sui siti web pornografici israeliani, che contano numerosi clienti tra gli arabi.
La Reschia ci informa che "i webmaster di questi servizi, con il pragmatismo e il senso degli affari che fanno parte della tradizione ebraica,
si sono subito adeguati e hanno deciso di offrire video e film anche in lingua araba".

Ci chiediamo quanti  imprenditori non ebrei, in qualsiasi campo operino, non cercherebbero di conservare dei buoni clienti.
La "tradizione ebraica" non c'entra veramente nulla, come non centrano nulla gli stereotipi evocati dalla Reschia.
C'entra la logica dell'economia, che funziona dappertutto e in qualsiasi settore allo stesso modo

Ecco il testo:


C' è un luogo dove palestinesi ed israeliani si incontrano in pace, uno spazio idilliaco condiviso da ebrei e arabi senza tabù, nè manifestazioni di odio etnico o religioso. E' un luogo virtuale ed etereo, ma appartiene pur tuttavia a questo mondo. Si materializza, secondo il giornale Yediot Ahronoth, nei siti porno israeliani, visitati anche, in una percentuale che dal 2 al 10%, da internauti di Paesi musulmani come l’Arabia Saudita, la Tunisia, la Giordania, l’Egitto Iran, Iraq, Kuwait e Terrirori palestinesi. Paesi, cioè, i cui governi, spesso, nemmeno riconoscono quello israeliano.

Un fenomeno in crescita. Tanto che i webmaster di questi servizi, con il pragmatismo e il senso degli affari che fanno parte della tradizione ebraica, si sono subito adeguati e hanno deciso di offrire video e film anche in lingua araba. Secondo Nir Shahar, manager del siro porno «Ratuv» (cher in inglese sarebbe wet e in italiano umido, o bagnato, da declinare a piacere), vanno moltissimo, fra questi utenti forestieri, proprio le ambientazioni tipiche israeliane, quelle che hanno come protagoniste donne soldato, agenti donne del Mossad e poliziotte.

Il video più popolare tra i clienti arabi, ad esempio, è «Nome in codice: investigazione profonda», che mette in parodia, ovviamente a a sfondo erotico, il caso Vanunu. Ed è proprio per soddisfare questa crescente domanda che Shahar ha aggiunto una versione araba al suo sito. Ricevendo molti complimenti e ringraziamenti dai «navigatori» musulmani. E  anche qualche domanda incredula, del tipo: «Ma davvero esistono le donne soldato?». Anche Gil Naftali, proprietario e operatore di un altro sito web israeliano, SexV, dice di avere fra i suoi migliori utenti «centinaia di navigatori che vivono in Paesi dove il porno è proibito».

Le statistiche dicono che su Sex V lo scorso mese si sono registrati oltre duemila contatti da Riad, la capitale dell’Arabia saudita e che sono di lingua araba il 10% dei visitatori del più popolare sito porno d’Israele, Domina, da tempo attrezzato per fornire servizi ad hoc.

Il dato è tanto più curioso e signifcativo se si pensa che, in molti paesi arabi i collegamenti internet con Israele sono banditi e vengono bloccati automaticamente dal server e quindi raggiungere i siti è una piccola impresa informatica.

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