Da La STAMPA del 22 agosto 2007, un articolo di Farian Sabahi:
Il governo britannico ha deciso la deportazione di Pegah Emambakhsh, la lesbica fuggita due anni fa dall’Iran passando dalla Turchia: la richiesta di asilo è stata rifiutata perché non c’è modo di dimostrare il suo orientamento sessuale. Quindi che rischi pure le cento frustate previste dal codice penale iraniano. Una pena inferiore rispetto alla condanna morte prevista per il reato di sodomia ma da non sottovalutare tenuto conto che, tornata in cella, non sarà certo un medico a occuparsi delle ferite.
Detenuta in un centro di accoglienza nei pressi di Bedford, Pegah sarà deportata martedì 28 agosto con il volo diretto della British Airways delle 21.55 dall’aeroporto londinese di Heathrow. Le assistenti di volo dovranno avere l’accortezza di liberarla dalle manette poco prima dell’atterraggio per darle modo di indossare spolverino e foulard, altrimenti rischierà un’ulteriore dose di frustate per avere contravvenuto all’obbligo del velo.
Ad attenderla in aeroporto non ci saranno i due figli, frutto di un matrimonio combinato, che non può più vedere. E non ci sarà nemmeno la sua compagna, arrestata tempo fa e di cui nulla si è più saputo. Al loro posto ci saranno le poliziotte, una novità voluta dal presidente Ahmadinejad: sono in servizio da pochi mesi ma già si sono fatte la fama di essere spietate.
Pegah finirà in carcere, giusto il tempo di calmare le acque e dare avvio al solito processo sommario, visto che la magistratura è da tempo controllata dai falchi conservatori. Nel suo caso non si tratterà soltanto di un reato che ha a che vedere con l’orientamento sessuale. Visto il polverone che ha sollevato, potrebbe essere persino accusata di avere attentato alla sicurezza dello Stato.
I rischi che corre Pegah sono gli stessi di Yasmin K., a rischio espulsione in Germania, e che avrebbe corso la lesbica iraniana ventisettenne che nel 2006 non fu deportata perché i giudici di Stoccarda decisero che, pur non avendo le carte in regola per la concessione dell’asilo, non la si poteva condannare a morte sicura.
La campagna affinché Pegah ottenga l’asilo è portata avanti da Matteo Pegoraro e Roberto Malini dell’associazione italiana EveryOne, che sta gestendo il caso con la cooperazione dell’Iranian queer organization, una delle numerose organizzazioni omosessuali iraniane all’estero.
A salvare la vita di Pegah – suggerisce Arcigay - potrebbe essere la richiesta del premier Romano Prodi al britannico Gordon Brown, affinché il Regno Unito rispetti la Convenzione dell’Onu per i rifugiati che obbliga i Paesi firmatari a offrire protezione a tutti coloro che temono di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un particolare «gruppo sociale» od opinione politica. È dal 1999 che Londra riconosce gli omosessuali «gruppo sociale» e per questo due anni fa Pegah aveva scelto proprio il Regno Unito.
Un trafiletto sulla liberazione di Halef Esfandiari:
Dopo tre mesi nel carcere di Evin, dove rinchiudono i politici, la docente iraniano-americana Halef Esfandiari, 68 anni, accusata di spionaggio è stata rilasciata su cauzione di 320 mila dollari. La Esfandiari, che da 25 anni vive negli Usa, era arrivata a Teheran nel dicembre scorso per visitare la madre malata. L’8 maggio era stata arrestata per «attività contro la sicurezza nazionale».
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