Secondo Edward Luttwak la democratizzazione dell'Iraq è fallita intervista all'analista americano
Testata: La Stampa Data: 19 agosto 2007 Pagina: 24 Autore: Alain Elkann Titolo: «“Bush ha perso A settembre lo dirà in tv"»
Da La STAMPA del 19 agosto 2007:
Luttwak, qual è il suo giudizio sulla presidenza Bush? «L’amministrazione Bush ha avuto un grande successo economico e un grande insuccesso di politica estera». Che cosa le fa pensare che si tratti di un insuccesso? «La guerra dell’Iraq non è molto costosa, ma è comunque vista come uno spreco. Il fine di questa guerra era di costruire una democrazia nel cuore del Medioriente, ma gli americani hanno capito prima di Bush che questo progetto è fallito». Questo è il motivo per cui nei sondaggi Bush è in discesa costante? «Sì, perché lui si ostina con questo progetto, mentre l’americano medio ha capito che gli iracheni sono una popolazione avvelenata da una religione fanatica» Bush non lo ha capito? «Lui è una persona di carattere forte, molto determinato, e pensava che alla fine la avrebbe spuntata. Adesso ha capito che non si può far niente perché gli sciiti sono profondamente divisi e si scannano tra di loro con bande armate in mano a diverse dinastie». E che cosa si aspetta per il futuro? «A settembre il presidente dirà alla nazione che abbiamo fatto uno sforzo, abbiamo sperato nel governo iracheno, ma non essendo riusciti nel nostro intento è venuto il momento del disimpegno». Che cosa succederà a quel punto? «Gli americani allora si accorgeranno che il presidente ha finalmente capito la situazione. George W. Bush non risalirà nei sondaggi, ma almeno smetterà di perdere quota e di subire nuove sconfitte in politica interna». Quali sono le sconfitte di Bush in politica interna? «La più clamorosa è stata quella sull’immigrazione. Per un presidente repubblicano, brucia essere bocciato dal proprio partito». Che cosa pensa di Hillary Clinton, ha buone chance di diventare il primo presidente donna degli Stati Uniti? «Secondo voi europei Hillary vincerà, ma gli americani la vedono solo come una stella mediatica. I democratici candidando Hillary Clinton rischiano di perdere le elezioni. Fino a ieri speravano che entrasse in campo. Hillary desta soltanto l’entusiasmo della gente che ha studiato, della gente delle città, della costa dell’Est, ma non quelli che abitano l’America profonda, nel centro del Paese». Quale sarebbe un buon candidato per i democratici? «Al Gore, ma non credo che si presenterà, anche a causa delle grane del figlio». E Obama? «E’ molto sostenuto da alcune famiglie ebree ricche dell’Illinois, dalla gente di Hollywood o di Chicago, ma sono dei leader elitisti che non hanno una vera e propria risonanza popolare». Bloomberg? «Se entra in gara, lui ha molti soldi e toglierà voti ai democratici». Che cosa pensa dei candidati repubblicani? «Mitt Romney, un mormone bello alto e ricco che è stato governatore del Massacchusetts. Lì ha avuto successo sulla sanità, ha garantito a tutti i cittadini l’assicurazione sulla salute. Negli altri Stati americani questo non succede, quindi se venisse nominato potrebbe vincere su questo terreno, dimostrerebbe di avere già messo in pratica quello che gli avversari promettono nel programma elettorale. Il problema di questa candidatura, però, è che è i cristiani evangelici non considerano i mormoni dei veri cristiani». Chi può farcela? «Non Fred Thompson, è una star televisiva, un ex senatore. Ma è un uomo di poco peso. Giuliani, invece è forte nelle città ma non nelle zone periferiche». E il problema iraniano? «Ci sono già due risoluzioni dell’Onu e ce ne sarà una terza più forte. Ma: o l’Iran decide di rinunciare, oppure ci sarà una notte di bombardamenti in zone lontane dai luoghi abitati». Ma sullo scacchiere del Medio Oriente che cosa succederà? «Ogni volta che si va verso la guerra le cose si calmano. Adesso siamo al punto in cui c’è Hamas che ha preso il controllo di Gaza, ma a me preoccupa di più la situazione in Cisgiordania: Abu Mazen non controlla la situazione, quindi Israele non si ritirerà». E Hamas? «Loro rivendicano tutti i territori, pure quelli più remoti, perché credono che sia loro diritto: persino l’Andalusia, perché un tempo è stato uno Stato islamico». E allora qual è lo scenario? «Purtroppo chi non vuole adeguarsi alla realtà dei fatti rimarrà condannato all’infinito: senza pragmatismo non può cambiare nulla. Sin dagli anni Trenta in quella regione ci sono stati continui interventi di personalità e politici “esterni” e tra poco ci proverà anche Tony Blair, ma tutti questi tentatavi non sono serviti a risolvere i problemi».
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